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Provvedimento del 2 luglio 2020 [9444621]

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[doc. web n. 9444621]

Provvedimento del 2 luglio 2020

Registro dei provvedimenti
n. 126 del 2 luglio 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il dott. Antonello Soro, presidente, la prof.ssa Licia Califano e la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti ed il dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77  del Regolamento, e regolarizzato in data 7 ottobre 2019 con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo di un URL collegato ad un articolo contenente, tra l’altro, l’indicazione di un procedimento penale nel quale è stato coinvolto nel 1993, conclusosi con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e, ad oggi, estinto;

CONSIDERATO che l'interessato – che ha comunque, in generale, contestato la falsità dei fatti riportati all’interno dell’articolo rispetto ai quali ha presentato apposita querela – ha, in particolare:

lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla reperibilità in rete di informazioni ormai superate, risalenti a “ventisei anni prima (…) relativ[e] alla condanna a un anno e sei mesi con pena patteggiata e sospesa per un reato successivamente dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p. e del quale non esiste nemmeno più traccia nel sistema informatico interforze (CED-SDI) di polizia dal quale è stato cancellato”;

rappresentato che di tali circostanze, che non hanno alcuna attinenza con gli altri fatti riportati all’interno dell’articolo, non è data alcuna evidenza all’interno di quest’ultimo che contiene, peraltro, un dato errato in quanto riporta la sentenza al 1993, mentre la stessa è del 1994;

VISTA la nota del 31 ottobre 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare l’eventuale intenzione di aderire alle richieste dell’interessato;

VISTA la nota del 19 novembre 2019 con la quale Google LLC ha comunicato di non poter aderire alle richieste dell’interessato tenuto conto del fatto che:

nel caso in esame non possono ritenersi sussistenti i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio trattandosi di un articolo molto recente – risalente al mese di maggio del 2019 – nel quale si riferisce la circostanza che il nome del reclamante, che riveste un ruolo pubblico, sarebbe incluso negli atti di un’indagine penale, pur non essendo formalmente indagato, in virtù dei rapporti intrattenuti con una persona avente a sua volta relazioni di parentela con soggetti dediti alla malavita;

la condanna che gli è stata inflitta in passato non costituisce l’oggetto principale del predetto articolo, ma viene in esso citata solo in via incidentale e che “il breve riferimento alla [medesima] non può incidere sulla valutazione del sussistente interesse pubblico a conoscere i contenuti dell’URL in esame che, come si è detto, riferiscono di ben più recenti e ulteriori circostanze che [lo] coinvolgono”:

VISTA la nota del 28 novembre 2019 con la quale l’interessato ha ribadito le proprie richieste nei confronti di Google rilevando che:

contrariamente a quanto affermato da quest’ultimo, la circostanza dell’avvenuta condanna è richiamata espressamente nel corpo dell’articolo, e non in modo incidentale, determinando a suo carico un pregiudizio rilevante considerando che il reato è estinto da tempo;

riguardo all’accostamento del suo nome all’inchiesta citata all’interno dell’articolo è stata presentata apposita querela a seguito della quale sono state avviate delle indagini che si sono rapidamente concluse con il rinvio a giudizio dei soggetti ritenuti responsabili;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dell’URL indicato nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO che:

l’articolo collegato al predetto URL, pur essendo di epoca recente, riporta informazioni riguardanti una vicenda giudiziaria che ha coinvolto il reclamante circa ventisei anni prima con riferimento a fatti diversi e che si è conclusa con l’applicazione di una pena su richiesta delle parti alla quale ha fatto poi seguito l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p.;

di tale circostanza non è fornita alcuna indicazione all’interno dell’articolo determinando così un grave pregiudizio per i diritti dell’interessato, tenuto anche conto del fatto che la predetta condanna non risulta riportata in alcuna banca dati;

l’accostamento di tale informazione con le altre contenute nel testo – e rispetto alle quali, tuttavia, né l’interessato, né la persona con la quale egli intrattiene rapporti lavorativi risultano sottoposti ad alcuna indagine, come espressamente affermato nell’articolo – vale a creare un impatto sproporzionato sulla sfera giuridica dell’interessato (cfr. punto 8 parte II delle Linee guida) che non appare allo stato attuale bilanciato da un interesse del pubblico a conoscere notizie rispetto alle quali non risulta esservi stato alcun seguito giudiziario ed in ordine alle quali risulta attualmente pendente un processo penale nei confronti dell’editore;

RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione dell’URL oggetto di richiesta e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimuovere lo stesso quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento dichiara il reclamo fondato nei confronti di Google LLC e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge alla medesima società di rimuovere l’URL indicato nell’atto introduttivo del procedimento quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell'interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento.

Ai sensi dell'art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 2 luglio 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia