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Provvedimento del 12 novembre 2020 [9520849]

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[doc. web n. 9520849]

Provvedimento del 12 novembre 2020

Registro dei provvedimenti
n. 219 del  12 novembre 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 14 ottobre 2019 con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. Cesare Galloni, ha chiesto di ordinare a Rai – Radio Televisione Italiana S.p.A., in qualità di editore della trasmissione “Report”, la “cancellazione e/o rimozione” del proprio nominativo contenuto all’interno di un commento, redatto dal giornalista curatore dell’inchiesta, ed incluso in un più ampio dossier avente ad oggetto un approfondimento su infiltrazioni criminali all’interno dell’amministrazione di Roma Capitale, nel quale il medesimo sarebbe stato descritto in termini non corrispondenti alla realtà - “truffatore che si fa passare per avvocato” ed in affari con l’ambiente criminale – oltreché lesivi dei suoi diritti;

CONSIDERATO che l'interessato ha, in particolare, lamentato il pregiudizio derivante alla sua reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità in rete, tra i primi risultati ottenuti a semplice digitazione del proprio nominativo nei principali motori di ricerca, della pagina web nella quale il predetto dossier risulta tuttora pubblicato, rappresentando di “essere un avvocato regolarmente iscritto all’Albo (…) dal quale si è semplicemente cancellato a domanda” e di non aver mai “riportato alcuna condanna penale, essendo peraltro assolutamente estraneo a quanto riferito” nello scritto oggetto di contestazione;

VISTA la nota del 5 marzo 2020 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la risposta del 12 marzo 2020 con la quale Rai Spa ha comunicato di non poter aderire alla richiesta dell’interessato, rappresentando che:

la questione ha già formato oggetto di giudizio civile incardinato dal medesimo ai sensi dell’art. 152 del d.lgs. n. 196 del 2003 e che si è concluso, a metà del 2017, con il rigetto del ricorso avendo il Tribunale ritenuto, nel caso di specie, l’insussistenza dei presupposti per invocare il diritto all’oblio in virtù della permanenza dell’interesse del pubblico a conoscere un’importante indagine giudiziaria “che ha visto coinvolte diverse persone e avente ad oggetto l’amministrazione della capitale”;

in ordine agli stessi fatti il reclamante ha poi sporto querela al fine di contestare i contenuti dell’inchiesta giornalistica, rilevando che anche il relativo procedimento penale si è concluso con un decreto di archiviazione motivato dal fatto che le notizie riportate all’interno della trasmissione “non sono espresse nei termini indicati dal querelante e comunque sono connotate da veridicità, come emerso dagli atti di indagine”, oltreché “fedelmente mutuate da provvedimenti giudiziari, di sicuro interesse sociale ed esposte con continenza verbale”;

il diritto all’oblio assume una connotazione necessariamente diversa quando l’informazione viene resa nell’ambito del giornalismo d’inchiesta che, “per sua natura, si propone di far luce su vicende meno note e che pure meritano di essere segnalate all’attenzione del telespettatore” ed in cui “il parametro dell’interesse pubblico assume un rilievo preponderante anche rispetto all’attualità del fatto in senso meramente cronologico”;

nel caso in esame non può negarsi l’interesse dell’opinione pubblica a conoscere una significativa vicenda di truffa e riciclaggio che ha coinvolto vari personaggi, alcuni dei quali vicini a note bande criminali, nonché “un avvocato già implicato in varie inchieste penali e colpito da provvedimento di radiazione all’albo”, interessato, come altri, da provvedimenti di custodia cautelare;

VISTA la comunicazione fatta pervenire in data 12 marzo 2020 con la quale il reclamante, nel contestare il riscontro fornito dal titolare del trattamento, ha eccepito che:

il procedimento penale nel quale è stato coinvolto nel 2010 “non ha trovato alcun seguito”, come confermato anche da quanto risulta dal certificato del casellario giudiziale prodotto in allegato al reclamo, e precisando che mai “alcuna inchiesta ha (…) messo in dubbio che l’avv. XX fosse effettivamente avvocato, limitandosi viceversa a contestare – senza che tale contestazione abbia mai avuto alcun seguito – che costui avrebbe dovuto comunicare al proprio Ordine di essere sottoposto ad un procedimento penale a suo tempo pendente”;

in virtù del tempo decorso, non può negarsi il diritto di ottenere la deindicizzazione di una pagina che riporta mere offese legate alla presunta commissione di reati per i quali il medesimo non è mai stato condannato e mettendo “arbitrariamente in dubbio il titolo di avvocato (…) regolarmente conseguito dall’avv. XX che (…) si è semplicemente cancellato a propria domanda dall’Ordine degli Avvocati cui era regolarmente iscritto”;

la circostanza secondo la quale alcuni anni fa il giudice civile non ha ritenuto ancora maturati i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio non significa che “per l’avv. XX il diritto all’oblio non maturerà mai, essendo ora trascorso un numero di anni oggettivamente rilevante”;

l’informazione così riportata non appare di alcuna utilità sociale e “non giustifica l’attuale ricercabilità a semplice digitazione del nominativo “XX” sui comuni motori di ricerca, in un contesto del tutto non contestualizzato e circoscritto al sito su cui la pagina web è postata”;

ritiene pertanto fondata la sua richiesta di rimozione dei propri dati personali mediante anonimizzazione degli stessi o, in via subordinata, tramite deindicizzazione della pagina web nella quale è contenuto il dossier;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che – come più volte sostenuto dall’Autorità – al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità  giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 e ss. e art. 102, comma 2, lett. a), del Codice) e sempreché si svolgano nel rispetto del principio dell’essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico (art. 6 delle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, pubblicato in G. U. 4 gennaio 2019, n. 3, doc. web n.  9067692);

RILEVATO, in via preliminare, che in corso di istruttoria è emerso, su rappresentazione del titolare e non del reclamante, come pure sarebbe stato auspicabile in termini di correttezza procedurale, il fatto che quest’ultimo, precedentemente alla proposizione del presente gravame aveva già promosso un’azione penale per l’accertamento della portata diffamatoria del contenuto in questione ed un giudizio civile per l’applicazione della misura della deindicizzazione, oggetto anche dell’odierno reclamo;

RITENUTO, in particolare, che il periodo decorso dalla decisione intervenuta sul procedimento civile incardinato ai sensi dell’art. 152 del d.lgs. n. 196 del 2003 è astrattamente idoneo a consentire una nuova valutazione in ordine al possibile configurarsi del c.d. diritto all’oblio, atteso il carattere rilevante del trascorrere del tempo quale suo elemento costitutivo e ritenuto pertanto ammissibile il presente reclamo;

RILEVATO che:

il servizio, reperibile tramite il link indicato nell’atto di reclamo, contiene, sotto forma di intervista, la ricostruzione delle relazioni sottostanti all’espansione di nuove realtà criminali nella Capitale ed alle interazioni di queste ultime con imprenditori ed amministratori locali;

analoga richiesta è stata ritenuta infondata nel giudizio civile sopra menzionato, ad esito del quale è stato ritenuto prevalente, l’interesse del pubblico alla conoscibilità della vicenda;

all’attualità:

a) in virtù dell’indubbio rilievo dell’argomento oggetto dell’inchiesta in parola, in ordine al quale vi sono peraltro stati, con riguardo a molte delle persone coinvolte, sviluppi giudiziari successivi tali da far ritenere ancora sussistente l’interesse del pubblico ad avere conoscenza del suo contenuto;

b) considerato che l’interessato si è limitato a dichiarare che il procedimento al quale si fa riferimento nel documento contestato non avrebbe avuto alcun seguito senza tuttavia precisare quando lo stesso si sarebbe concluso e con quale esito, tenuto anche conto del fatto che il certificato del casellario giudiziale, depositato in allegato al reclamo, riporta informazioni collegate a provvedimenti già pronunciati – escludendo peraltro, per indicazione di legge, alcune tipologie di provvedimento – ma non fornisce indicazioni in ordine ad eventuali procedimenti tuttora in corso;

c) il contenuto in questione, nella parte riferita al reclamante, è stato peraltro ritenuto dal giudice penale, che si è pronunciato su una querela sporta dal medesimo, non idoneo ad integrare gli estremi del reato di diffamazione, rilevandosi, nella motivazione del decreto con il quale è stata disposta l’archiviazione, che quanto riportato all’interno del documento fosse corrispondente agli elementi emersi dagli atti di indagine tenuto anche conto dei numerosi procedimenti penali nei quali è lo stesso risultava coinvolto in merito a condotte di tenore analogo;
non si rinvengono elementi di novità tali da poter indurre a considerare favorevolmente la richiesta di cancellazione del proprio nominativo rivolta in prima istanza dal reclamante;

le sopra indicate argomentazioni inducono a valutare in termini analoghi anche la subordinata richiesta di deindicizzazione della pagina nel suo complesso, tenuto peraltro conto del fatto che l’eventuale adozione di misure tecniche di deindicizzazione da parte dell’editore della pagina contenente il predetto dossier avrebbero peraltro l’effetto di consentire il reperimento del documento solo attraverso il motore di ricerca interno al sito web del titolare, inibendone la reperibilità dall’esterno e ciò non solo tramite ricerche condotte con il nome del reclamante;

le doglianze espresse dall’interessato, e per lo più legate alla perdurante reperibilità del documento tramite ricerche condotte con il suo nominativo, dovrebbero essere più correttamente indirizzate nei confronti dei gestori dei motori di ricerca tenuto conto degli effetti, diversi e più ampi, che discenderebbero invece dagli interventi richiesti in tale caso all’editore;

RITENUTO, in ragione di quanto sopra esposto, che il reclamo debba essere dichiarato infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 12 novembre 2020

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei