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Provvedimento del 12 novembre 2020 [9522184]

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[doc. web n. 9522184]

Provvedimento del 12 novembre 2020

Registro dei provvedimenti
n. 226 del 12 novembre 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Ferroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 25 maggio 2020 dal sig. XX, rappresentato dagli avvocati Nicola Ceraolo e Laura Sini, nei confronti di Google LLC, con il quale il reclamante ha chiesto la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, nonché di quelli reperibili in associazione al proprio nominativo congiuntamente alla denominazione delle società XX e XX (“XX” “XX”), di una serie Url e, in particolare:

- di 130 url che rinviano ad articoli, risalenti al XX e al XX, riportanti la notizia di perquisizioni effettuate nelle sedi sociali di alcune società a lui riconducibili, oltre che della notifica dell’atto di conclusione delle indagini avviate dalla Procura di XX in merito al possibile concorso, con altri, nel reato di false comunicazioni sociali;

- di 6 url rinvianti ad articoli concernenti la sua attività imprenditoriale e politica risalenti ad un periodo compreso tra il XX e il XX, quale candidato a XX nelle elezioni per il Comune di XX del XX e del XX;

CONSIDERATO che il reclamante ha sostenuto che:

la vicenda giudiziaria riportata nei menzionati articoli si è conclusa nel giugno 2019 con decreto di archiviazione del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di XX, su richiesta conforme della Procura della Repubblica;

le notizie relative alla suddetta vicenda giudiziaria sono state riportate da numerose testate nazionali e locali, sì da apparire tra i primi risultati ottenuti ad ogni ricerca effettuata immettendo il proprio nominativo;

nonostante la vicenda giudiziaria si sia conclusa positivamente, egli subisce un grave e costante pregiudizio connesso alla perdurante reperibilità sui motori di ricerca delle informazioni contenute negli articoli di stampa in questione, la cui permanenza non risulta più giustificata in relazione alla possibile finalità che sorreggeva originariamente l’interesse pubblico alla loro conoscenza;

qualora le indagini preliminari si concludano con un decreto di archiviazione, non è più rinvenibile, infatti, un interesse apprezzabile della collettività alla divulgazione delle notizie ad esse relative, residuando semmai solo la diversa finalità dell’interesse storico-archivistico alla conoscenza (ma non alla divulgazione) di tali notizie, finalità che va tutelata nel rispetto dei principi di minimizzazione, secondo le disposizioni del Regolamento;

lo stigma sociale che nel contesto attuale accompagna spesso, in modo distorto, la fase delle indagini preliminari non può concorrere a determinare la “notorietà” dell’indagato;

il conseguimento della finalità storico-archivistica della conservazione del dato può avvenire tramite il delisting, che garantisce un giusto contemperamento tra i diritti del reclamante e le esigenze connesse alla conservazione degli articoli a fini documentaristici;

CONSIDERATO che il reclamante ha precisato di aver inviato a Google e a Bing richieste di deindicizzazione aventi ad oggetto gli Url in questione, e che tali richieste sono state rigettate dal primo ed accolte dal secondo;

VISTA la nota dell’11 giugno 2020, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 2 luglio 2020 con la quale Google ha dichiarato:

relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta nel primo elenco (da n. 1 a n. 91), alla luce dei nuovi elementi e documenti forniti con il reclamo in esame, di aver deciso di bloccarli dalle versioni europee dei risultati di ricerca di Google, per le ricerche correlate al nome del reclamante;

relativamente agli url indicati nella propria memoria di risposta nel secondo elenco (da n. 1 a n. 39), non essendo stato individuato in essi il nome del reclamante, di avere in corso di adozione misure manuali finalizzate ad impedire il posizionamento degli stessi tra i risultati di ricerca reperibili in corrispondenza del nome dell'interessato;

relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta nel terzo elenco (da n. 1 a n. 6), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, in quanto:

a) essi riportano informazioni diverse ed ulteriori rispetto ai fatti oggetto del reclamo, relativi alle indagini per false comunicazioni sociali a cui il sig. XX è stato sottoposto nel XX, e pertanto al di fuori dell’ambito del reclamo in esame;

b) e, per essi, non può ritenersi sussistente un diritto all’oblio considerati: i) il ruolo pubblico del reclamante, che dichiara di svolgere attività professionale imprenditoriale; ii) natura giornalistica dei contenuti in questione, relativi a notizie riportate su testate giornalistiche di rilevanza nazionale quali “Il Sole 24 Ore” e “l’Huffington Post”;

VISTA la nota del 10 luglio 2020 con la quale il reclamante, nell’apprezzare la decisione assunta da Google, ha rappresentato, relativamente agli ultimi 6 Url:-    che il contenuto giornalistico e il riferimento alla sua attività imprenditoriale sono elementi presenti anche in quelli già deindicizzati;

- che il delisting non farebbe venir meno la tutela dell’interesse pubblico, in quanto gli articoli in questione sarebbero comunque separatamente reperibili;

- che il riferimento all’attività imprenditoriale, dovrebbe essere valutato in senso opposto, dal momento che questa non può che soffrire in conseguenza della non deindicizzazione, in assenza di un attuale, cogente e apprezzabile interesse pubblico;

VISTA la nota di risposta del 29 settembre 2020, nella quale Google ha riaffermato quanto rappresentato nella missiva del 2 luglio, precisando che:

- i sei Url in questione non menzionano l’indagine per false comunicazioni sociali, notizia rispetto alla quale il reclamante ha motivato la propria richiesta per il diritto all’oblio: essi rimandano infatti a pagine web contenenti informazioni diverse, di carattere professionale, che assumono rilievo in ragione della loro natura giornalistica, oltre che dell’attività imprenditoriale e del conseguente ruolo nella vita pubblica del reclamante;

- l’esercizio del diritto all’oblio nei confronti del motore di ricerca non può avere ad oggetto denominazioni di persone giuridiche (cfr. provv. del Garante n. 203 del 31.10.2019);

VISTA l’ulteriore replica del reclamante del 13 ottobre 2020 secondo il quale anche in tali sei Url - ad eccezione del n. 2- sarebbero riportati articoli che fanno riferimento all’indagine per false comunicazioni sociali; inoltre, a differenza da quanto sostenuto da Google, coerentemente tanto con i precedenti del Garante, quanto con le “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (Causa C-131/12) ed in accordo con i principi di pertinenza e correttezza,  non è da escludersi che la ricerca “a partire dal nome” possa includere anche ulteriori elementi;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

RILEVATO, in via preliminare, che il reclamo proposto può essere esaminato solo con riguardo alla richiesta di rimozione di Url restituiti quali risultati di ricerca in associazione al nominativo dell'interessato e non con riguardo a quelli che sono invece rinvenibili utilizzando chiavi di ricerca che uniscano detto nominativo alla denominazione commerciale di imprese, che non costituiscono, nel caso di specie, elementi specificativi della persona come nei casi richiamati dal reclamante nell’atto introduttivo del presente gravame (provv. Garante 10.1.2019, doc. web 9090292 e 15.6.2017, doc. web 6692214);

PRESO ATTO, con riguardo agli Url indicati nel primo elenco (da n. 1 a n. 91) e nel secondo elenco (da n. 1 a n. 6) della memoria di risposta di Google di quanto affermato dal titolare del trattamento nella nota del 1° luglio 2020 in ordine alla loro intervenuta deindicizzazione o all’applicazione di misure manuali finalizzate a impedire il posizionamento tra i risultati di ricerca reperibili in corrispondenza del nome dell'interessato e ritenuto, pertanto, che relativamente ad essi non sussistano i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione degli ulteriori Url indicati nel terzo elenco della memoria di risposta di Google, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RITENUTO di dover tenere conto in particolare di quanto indicato nei punti 2 e 5 delle richiamate Linee Guida del 2014, in base alle quali il pubblico deve avere la possibilità di cercare informazioni su soggetti che svolgono un ruolo nella vita pubblica e che tra questi rientrano, ad esempio, imprenditori e professionisti

RILEVATO, dunque, con riguardo agli Url indicati nel terzo elenco in discorso, che è effettivamente riscontrabile un persistente interesse pubblico relativamente ai contenuti cui essi rinviano, trattandosi di notizie, diffuse da quotidiani di rilevanza nazionale, relative al periodo in cui il reclamante era candidato a Sindaco di XX e, in un caso, di un’intervista dallo stesso rilasciata;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli url sopra indicati;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE l’avv. Guido Scorza;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento, per le ragioni di cui in premessa:

a) prende atto, con riguardo agli url indicati nel primo elenco (da n. 1 a n. 91) e nel secondo (da n. 1 a n. 39) della memoria di risposta di Google, di quanto affermato dal titolare del trattamento, e, pertanto, non ritiene, nel caso di specie, che ricorrano gli estremi per l’adozione di ulteriori provvedimenti;

b)  dichiara il reclamo infondato con riguardo agli url indicati nel terzo elenco (da n. 1 a n. 6) della memoria di Google.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 12 novembre 2020 

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Scorza

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei