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Parere su istanza di accesso civico - 15 luglio 2022 [9809119]

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[doc. web n. 9809119]

Parere su istanza di accesso civico - 15 luglio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 249 del 15 luglio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Agenzia delle entrate, presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web, n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Agenzia delle entrate ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata una richiesta di accesso civico generalizzato – ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – alla Direzione Provinciale di Bergamo della predetta Agenzia avente a oggetto i «dati, informazioni e documenti a disposizione della Direzione Provinciale di Bergamo in relazione: alle disposizioni di rinvio per motivi di servizio al 30 giugno 2020 delle ferie maturate nel corso del 2019» e «alle disposizioni di rinvio per motivi di servizio al 30 giugno 2021 delle ferie maturate nel corso del 2020». Nello specifico, per i predetti anni è stato inoltre chiesto di conoscere «il nominativo dei dipendenti a cui è stata rinviata […] la fruizione di parte delle ferie maturate […] e il numero di ferie rinviato» e, in subordine, di ricevere «copia di tutti i provvedimenti (protocollati) che hanno disposto il rinvio per motivi di servizio delle ferie maturate negli anni di cui sopra».

La Direzione provinciale ha rappresentato, in primo luogo, che «l’accesso a dati riferibili a singoli dipendenti era ed è tuttora riservato ai soggetti responsabili preventivamente autorizzati» e che «la domanda non è accoglibile per due motivi. In primo luogo la domanda è volta a conoscere informazioni di carattere personale relative ai singoli dipendenti, in contrasto con l’articolo 5-bis comma 2 lettera a) del d. lgs. 33/2013. In secondo luogo tali dati non sono direttamente gestiti in alcun modo dall’amministrazione e quest’ultima non è tenuta a rielaborare informazioni in suo possesso, per rispondere ad una richiesta di accesso: deve consentire l’accesso ai documenti, ai dati e alle informazioni così come sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti». Inoltre, in relazione «alla richiesta subordinata», è stato «rappresent[ato] che non ci sono agli atti dell’Ufficio provvedimenti protocollati che dispongano il rinvio delle ferie».

Il soggetto istante ha, quindi, presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT dell’Agenzia delle entrate, ritenendo l’atto non legittimo e insistendo nelle proprie richieste. Al riguardo, per i profili di competenza del Garante, è stato fra l’altro sostenuto, a fondamento delle ragioni del soggetto autore della richiesta, che l’accesso non avrebbe «in alcun modo ad oggetto informazioni di carattere personale relative ai dipendenti della DP (quali ad esempio le motivazioni di carattere personale che hanno giustificato l’eventuale richiesta di rinvio per motivi personali) trattandosi invece di informazioni relative alla gestione delle risorse a disposizione della Direzione Provinciale (rinvio per motivi di servizio) […]».

OSSERVA

1. Introduzione

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l’altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

La medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Inoltre, l’«amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione» ed «Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013).

Ciò premesso, occorre preliminarmente rilevare che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi sanciti nel RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

In tale contesto, occorre tenere conto anche delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati personali richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Profili procedurali

Con particolare riferimento al caso sottoposto all’attenzione di questa Autorità, sotto il profilo procedurale, in primo luogo, si evidenzia che – contrariamente a quanto previsto dalla disciplina vigente – non risulta che i soggetti controinteressati siano stati coinvolti nel procedimento di accesso civico, impedendogli di presentare un’eventuale motivata opposizione come previsto dal citato art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013.

In ogni caso, come indicato anche nelle Linee guida dell’Anac in materia di accesso civico, le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato costituiscono solo «un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione però spetta all’ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo, altresì, in considerazione gli altri elementi illustrati [nelle Linee guida stesse]» (cfr. in particolare par. 8.1).

Analogamente, si rileva che sotto il profilo del richiamato limite della protezione dei dati personali, la Direzione provinciale dell’Agenzia dell’entrate ha rifiutato l’accesso civico, evidenziando genericamente che «la domanda è volta a conoscere informazioni di carattere personale relative ai singoli dipendenti, in contrasto con l’articolo 5-bis comma 2 lettera a) del d. lgs. 33/2013». La motivazione contenuta nel provvedimento di diniego dell’istanza di accesso civico adottata risulta, pertanto, eccessivamente sintetica sul punto e non consente al soggetto che ha presentato l’istanza di accesso civico di comprendere le ragioni per le quali l’ostensione delle informazioni richieste determinerebbe «un pregiudizio concreto» alla tutela della protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in conformità con la disciplina legislativa in materia (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013).

Ciò non è conforme alle indicazioni fornite dall’ANAC, che invece ha evidenziato come «Nella risposta negativa o parzialmente tale, sia per i casi di diniego connessi all’esistenza di limiti di cui ai co. 1 e 2 che per quelli connessi all’esistenza di casi di eccezioni assolute di cui al co. 3, l’amministrazione è tenuta a una congrua e completa, motivazione […]. La motivazione serve all’amministrazione per definire progressivamente proprie linee di condotta ragionevoli e legittime, al cittadino per comprendere ampiezza e limiti dell’accesso generalizzato, al giudice per sindacare adeguatamente le decisioni dell’amministrazione» (par. 5.3).

3. Osservazioni sul caso in esame

Quanto al merito della questione, nel caso sottoposto all’attenzione di questa Autorità, oggetto dell’accesso civico risultano essere dati e informazioni di carattere personale riferiti a soggetti che lavorano presso l’Agenzia delle entrate. Nello specifico, è stata chiesta l’ostensione del nominativo di tutti i dipendenti della Direzione provinciale di Bergamo a cui è stata rinviata per motivi di servizio, al 30/6/2020 e al 30/6/2021, la fruizione delle ferie maturate rispettivamente nel corso degli anni 2019 e 2020, comprensiva del numero di ferie rinviato, nonché la copia di tutti i provvedimenti amministrativi che hanno disposto il predetto rinvio.

Posta in questi termini la questione, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico – conformemente ai precedenti orientamenti del Garante in materia di accesso civico a dati personali riferiti ai lavoratori, alle ferie o alla presenza sul posto di lavoro in cui è stata evidenziata la sussistenza del limite all’accesso civico derivante da un possibile pregiudizio concreto alla tutela dei dati personali dei soggetti controinteressati (provv. n. 369 del 13/9/2017, in www.gpdp.it, doc. web n. 7155944; cfr. anche provv. n. 152 del 17/8/2020, ivi, doc. web n. 9477809; n. 185 del 10/10/2019, doc. web n. 9198091; n. 61 del 14/3/2019, ivi, doc. web n. 9113854; n. 60 del 14/3/2019, ivi, doc. web n. 9102014; n. 516 del 19/12/2018, ivi, doc. web n. 9075337; n. 458 del 27/9/2018, ivi, doc. web n. 9049940; n. 190 del 10/4/2017, ivi, doc. web n. 6383028) – si concorda con la decisione dell’amministrazione di rifiutare l’accesso civico ai dati e alle informazioni richieste.

Con particolare riferimento al caso in esame, infatti, non è possibile accogliere la tesi del soggetto istante, contenuta nella richiesta di riesame del provvedimento di diniego dell’amministrazione. Secondo quanto sostenuto, le informazioni richieste non sarebbero “informazioni personali”, in quanto non riguarderebbero nello specifico «le motivazioni di carattere personale che hanno giustificato l’eventuale richiesta di rinvio per motivi personali», ma solo le «informazioni relative alla gestione delle risorse a disposizione della Direzione Provinciale» perché limitate ai soli casi di rinvio delle ferie “per motivi di servizio”. Tale tesi è contraria alle regole europee di protezione dei dati, tenendo conto del fatto che i dati e le informazioni oggetto di accesso civico generalizzato riguardano invece proprio il nominativo dei dipendenti dell’Agenzia delle entrate e le informazioni relative alle ferie rinviate, che sono chiaramente riferite a persone fisiche “identificate” e rientrano, pertanto, nella definizione di “dato personale” contenuta nel RGPD prima richiamata (art. 4, par. 1, n. 1).

A ciò si aggiunge che i dati personali richiesti, riferiti a singoli lavoratori (quali il nominativo dei dipendenti, l’esistenza e il numero di ferie rinviate per motivi di servizio, i documenti protocollati che hanno disposto il predetto rinvio), rientrano fra le informazioni di natura privata che, per motivi individuali, non sempre si desidera portare a conoscenza di soggetti estranei e la cui ostensione può arrecare, in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, tenendo conto anche del particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

In tale quadro – come correttamente osservato anche dal RPCT nella richiesta di parere al Garante – considerando la tipologia e la natura dei dati e delle informazioni personali oggetto dell’istanza di accesso civico nel caso in esame, la relativa integrale ostensione determina un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei dipendenti controinteressati «potendoli esporre a difficoltà relazionali con i colleghi di lavoro e creare ingiustificati pregiudizi da parte degli utenti esterni che venissero a contatto con gli stessi nell’esercizio delle loro funzioni, con conseguenti ripercussioni negative sul piano professionale, personale, sociale e relazionale, sia all’interno che all’esterno dell’ambiente lavorativo» (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD). Ciò anche considerando le ragionevoli aspettative di confidenzialità dei controinteressati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’Agenzia, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

In tale quadro, non vi sono inoltre motivi per discostarsi da quanto osservato dal medesimo RPCT, laddove ha aggiunto che, nel caso in esame, «il principio di trasparenza, così come definito dal d.lgs. n. 33/2013, per effetto del quale va garantita accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, p[uò]comunque essere garantito se all’istante viene fornito, per ogni ufficio della Direzione Provinciale, il dato relativo al numero dei dipendenti che hanno ottenuto il rinvio delle ferie e il numero complessivo dei giorni di ferie rinviato. L’ostensione di tali informazioni, facilmente ricavabili con elaborazioni non particolarmente onerose dai dati in possesso della Direzione Provinciale di Bergamo, [può] rappresentare un adeguato bilanciamento tra l’interesse pubblico alla trasparenza e il diritto alla riservatezza dei controinteressati».

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

IL PRESIDENTE
Stanzione