g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 2 marzo 2023 [9873294]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9873294]

Provvedimento del 2 marzo 2023

Registro dei provvedimenti
n. 57 del 2 marzo 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l'avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (di seguito “Codice”);

VISTO il Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali, approvato con deliberazione n. 98 del 4 aprile 2019, pubblicato in G.U. n. 106 dell’8 maggio 2019 e in www.gpdp.it, doc. web n. 9107633 (di seguito “Regolamento del Garante n. 1/2019”);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, doc. web n. 1098801;

Relatore il prof. Pasquale Stanzione;

PREMESSO

1. Introduzione.

Con reclamo presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento nei confronti dell’Ordine degli Avvocati di Cassino (di seguito, l’“Ordine”), l’avv. XX ha rappresentato di aver inviato un’email all’Ordine, in data XX, informando che sia lei sia un’imputata da ella difesa avevano contratto il virus SARS-CoV-2 in occasione di un’udienza tenutasi presso il Tribunale di Cassino, e rivolgendo all’Ordine l’invito “ad intervenire con chiusura e sanificazione e a far rispettare i protocolli”.

Successivamente, in data XX, il Tribunale di Cassino, in persona del Presidente, nel chiedere la rettifica di un articolo di stampa relativo al presunto contagio verificatosi in occasione della predetta udienza, ha affermato che talune dichiarazioni rilasciate alla stampa dalla reclamante - le cui generalità non vengono, tuttavia, direttamente menzionate - trovano conferma “in una mail indirizzata il XX al C.O.A. di Cassino (che poi l’ha trasmessa per conoscenza allo scrivente)”.

La comunicazione al Tribunale di Cassino, da parte dell’Ordine, dei dati personali contenuti in tale email, anche relativi allo stato di salute, sarebbe avvenuta, ad avviso della reclamante, in assenza di una base giuridica.

2. L’attività istruttoria.

In riscontro a una richiesta d’informazioni dell’Autorità (nota prot. n. XX del XX), l’Ordine, con nota prot. n. XX del XX, ha dichiarato, in particolare, che:

la reclamante aveva “invita[to] espressamente il Consiglio dell’Ordine “ad intervenire con chiusura e sanificazione e a far rispettare i protocolli””;

l’Ordine “ritenev[a] di investire formalmente della vicenda le sole Autorità competenti ad adottare le misure invocate (chiusura e sanificazione) e i necessari provvedimenti nei confronti degli eventuali trasgressori (far rispettare i protocolli), [e] pertanto rimettev[a] la “segnalazione” […] al Presidente del Tribunale ed al Dirigente amministrativo”;

“peraltro, la trasmissione ai responsabili del Tribunale è stata effettuata “per quanto di competenza” ed era atto dovuto anche per l’attivazione di protocolli sanitari (non essendo a conoscenza il Consiglio di eventuali altre segnalazioni)”;

“stante la gravità di quanto denunciato e la gravità delle [possibili] conseguenze […], la “segnalazione” era da qualificarsi come un esposto che un avvocato aveva rivolto al Consiglio dell'Ordine competente e che necessitava, da parte delle suindicate Autorità, di una adeguata istruttoria. Ciò anche al precipuo fine di individuare gli eventuali trasgressori delle misure previste dal Protocollo e, soprattutto, di rilevare l'effettivo verificarsi di tutte le circostanze di fatto denunciate, in primis la presenza alla udienza del […] XX della esponente e della imputata che la stessa difendeva”;

“il tutto anche a tutela della esponente e della sua assistita che avevano contratto la infezione da covid 19”;

“[…] proprio a seguito della “segnalazione” […], come si evince anche dalla “Richiesta di rettifica” inoltrata dal Presidente del Tribunale, tale indagine veniva scrupolosamente disposta, pervenendo, tra l’altro, a conclusioni diverse da quelle denunciate dalla esponente”;

“l’operato del Consiglio dell'Ordine nella vicenda [oggetto di reclamo] [è] perfettamente rispondente alle responsabilità che afferiscono alla sua funzione e […] la trasmissione della “segnalazione” alle competenti Autorità, per sollecitare un loro necessario formale intervento, non pote[va] prescindere dalla trasmissione integrale del testo della predetta “segnalazione””.

In riscontro a un’ulteriore richiesta d’informazioni dell’Autorità (nota prot. n. XX del XX), l’Ordine, con nota prot. n. XX del XX, ha dichiarato, in particolare, che:

“ai sensi dell’art. 83 comma 6 D.L. n. 18/20 “per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria... i capi degli uffici giudiziari sentita l'autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della giunta della Regione ed il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico - sanitarie fornite dal Ministero della salute consentire il rispetto delle indicazioni igienico - sanitarie fornite dal Ministero della salute al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone”;

ai sensi del successivo comma 7, “per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le seguenti misure: .... d) l'adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze”;

“il Presidente del Tribunale di Cassino con proprio Decreto n. XXdel XX, sentito anche il Presidente del Consiglio dell'Ordine, adottava, con riferimento al Settore penale, Misure organizzative ex art. 83 commi 6 c 7 del D.L. n. 18/20 ed in particolare le linee guida vincolanti (lett. D, Decreto 86/20) prevedendo […] una serie di misure precauzionali che “...all’interno di ogni singola aula di udienza il Giudice deve rispettare e far rispettare...””;

“con successivo Decreto n. XX del XX, sentito anche il presidente del Consiglio dell'Ordine, il Presidente del Tribunale prorogava le Linee Guida di cui alla lett. D del Decreto n. 86/20”;

“appare evidente come la competenza ad adottare siffatte misure appartenga al Capo dell’ufficio giudiziario […] [, mentre] appartiene al Giudice la responsabilità di vigilare affinché nell'aula di udienza tali misure vengano rispettate”;

“il Consiglio dell'Ordine degli avvocati, con il cui concerto tali misure vengono adottate, partecipa all’attività istruttoria finalizzata alla successiva loro adozione da parte del Capo dell’ufficio giudiziario;

“è evidente che il Consiglio dell'Ordine […] svolg[e] un'attività propedeutica e necessaria collaborando con la Presidenza del Tribunale per individuare le misure organizzative più idonee a contrastare la diffusione del virus”;

“rimane ferma, in ogni caso, in capo al Consiglio dell'Ordine, anche la responsabilità istituzionale di segnalare criticità e, ancor di più, la eventuale inosservanza delle predette misure stabilite dal presidente del Tribunale e di pretenderne la corretta attuazione a tutela anche degli Avvocati”;

“[la reclamante] con la sua lettera invitava espressamente il Consiglio dell’Ordine “...ad intervenire con chiusura e sanificazione e a far rispettare i protocolli...”. Correttamente ritenev[a] [il Presidente dell’Ordine] di investire formalmente della vicenda le sole Autorità competenti ad adottare le misure invocate (chiusura e sanificazione) e i necessari provvedimenti nei confronti degli eventuali trasgressori delle misure appositamente stabilite dal Presidente del Tribunale (Decreto n.86/20), pertanto rimettev[a], con consegna a mani, la “segnalazione” [della reclamante] al Presidente del Tribunale”:

“peraltro, la trasmissione al Presidente del Tribunale era stata effettuata “per quanto di competenza” ed era atto dovuto anche per l’attivazione di protocolli sanitari (non essendo a conoscenza il Consiglio di eventuali altre segnalazioni)”;

“stante la gravità di quanto denunciato e la gravità delle eventuali conseguenze, la “segnalazione” era da qualificarsi come un esposto che un Avvocato aveva rivolto al Consiglio dell'Ordine competente e che necessitava, da parte delle suindicate Autorità, di una adeguata istruttoria”;

“che questo fosse anche l'intento della esponente si rileva anche dalla decisiva circostanza che [la reclamante] indicasse finanche il nominativo della imputata sua assistita, ciò al precipuo fine di dare un preciso riscontro fattuale, alle autorità competenti, di quanto dalla stessa denunciato”;

“pertanto la “segnalazione” al Presidente del Tribunale, per sollecitare un suo necessario formale intervento, non poteva prescindere dalla trasmissione integrale del testo della predetta “segnalazione””;

"il “Consiglio dell'Ordine, non ha rilasciato alcuna dichiarazione agli organi di stampa né reso informazioni che potevano rendere identificabile l'esponente”.

Con nota del XX (prot. n. XX), l’Ufficio, sulla base degli elementi acquisiti, dalle verifiche compiute e dei fatti emersi a seguito dell’attività istruttoria, ha notificato all’Ordine, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, per aver inoltrato al Presidente e a un Dirigente del Tribunale di Cassino, con nota prot. n. XX del XX, la versione integrale della segnalazione in questione, avendo l’Ordine effettuato una comunicazione di dati personali, anche relativi allo stato di salute, in maniera non conforme al principio di “liceità, correttezza e trasparenza” e in assenza di una base giuridica, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 9 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-sexies del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo). Con la medesima nota, l’Ordine è stato invitato a produrre al Garante scritti difensivi o documenti ovvero a chiedere di essere sentito dall’Autorità (art. 166, commi 6 e 7, del Codice, nonché art. 18, comma 1, dalla l. 24 novembre 1981, n. 689).

Con nota del XX (prot. XX), l’Ordine ha presentato la propria memoria difensiva, dichiarando, in particolare, che:

“la comunicazione dei dati personali oggetto della vicenda [oggetto di reclamo] è avvenuta nei confronti del Presidente del Tribunale di Cassino, vale a dire del soggetto a capo dell’ufficio giudiziario che, si sensi della normativa emergenziale all’epoca in vigore, era competente in via esclusiva per l'adozione delle misure organizzative per il contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed il contenimento degli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria (cfr. art. 83 comma 6 D.L. n. 18/20)”;

“la segnalazione delle circostanze portate a conoscenza dell'Ordine dall’interessato è, dunque, avvenut[a] ai sensi della normativa emergenziale di cui al D.L. n. 18/20 e delle misure organizzative, previste da tale normativa, adottate dal Presidente del Tribunale di Cassino in collaborazione con l'Ordine e quindi si può affermare che la comunicazione da parte dell’Odine sia avvenuta in un ambito “protetto”, tra soggetti investiti di specifiche funzioni di tutela della salute pubblica nel contesto emergenziale”;

“l'Ordine ha […] agito con la convinzione di operare in un contesto esclusivamente “istituzionale”, caratterizzato da una stretta riservatezza in merito alle informazioni oggetto di comunicazione. Si è ritenuto di investire formalmente della vicenda le sole Autorità competenti ad adottare le misure invocate (chiusura e sanificazione) e i necessari provvedimenti nei confronti degli eventuali trasgressori delle misure appositamente stabilite dal Presidente del Tribunale. A riprova di ciò, è significativa la circostanza che la comunicazione email dei XX è stata consegnata a mani della Presidenza”;

“[…] la condotta dell'Ordine [è] stata ispirata unicamente dalla volontà di approntare la tutela più efficace e tempestiva dell'odierna reclamante, nonché di tutti i propri iscritti”;

“[…] la segnalazione [della reclamante] era da qualificarsi come un esposto che un Avvocato aveva rivolto al Consiglio dell'Ordine competente, anche nell'interesse di tutti gli avvocati che frequentavano il Tribunale di Cassino. In tale prospettiva, si comprende come fosse ragionevole per l'Ordine fornire tutte le informazioni disponibili agli organi deputati per l'accertamento delle violazioni delle misure organizzative emanate dal Tribunale e l'individuazione dei trasgressori e ciò era possibile solo nel caso di consegna integrale della segnalazione […]. Del resto, considerata l'ondata pandemica allora in corso, i contenuti oggetto di segnalazione richiedevano una rapidità di azione da parte dei soggetti preposti”.

In occasione dell’audizione, richiesta ai sensi dell’art. 166, comma 6, del Codice e tenutasi in data XX (verbale prot. n. XX del XX), l’Ordine ha dichiarato di essersi “speso molto durante l’emergenza pandemica per cercare di garantire il più possibile i propri iscritti e i loro assistiti e nel caso di specie ha agito in assoluta buona fede nella convinzione di tutelare la salute pubblica, nel pieno rispetto della normativa emergenziale di contrasto al SARS-CoV-2”.

3. Esito dell’attività istruttoria.

In base alla disciplina di protezione dei dati, i soggetti pubblici possono, di regola, trattare dati personali se il trattamento è necessario, in particolare, “per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento” oppure “per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento” (art. 6, par. 1, lett. c) ed e) del Regolamento).

La normativa europea prevede che “gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l’applicazione delle norme del […] regolamento con riguardo al trattamento, in conformità del paragrafo 1, lettere c) ed e), determinando con maggiore precisione requisiti specifici per il trattamento e altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto […]” (art. 6, par. 2, del Regolamento). Al riguardo, si evidenzia che l’operazione di comunicazione di dati personali a terzi, da parte di soggetti pubblici, è ammessa solo quando prevista da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (v. art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo).

Con riguardo alle categorie particolari di dati personali, inclusi quelli relativi alla salute (in merito ai quali è previsto un generale divieto di trattamento, salvo che non ricorra una delle eccezioni previste dall’art. 9, par. 2 del Regolamento, e un regime di maggiore garanzia rispetto alle altre tipologie di dati, in particolare, per effetto dell’art. 9, par. 4, nonché dell’art. 2-septies del Codice), il trattamento di tali dati da parte dei soggetti pubblici è, di regola, consentito quando “necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato” (art. 9, par. 2, lett. g), del Regolamento).

Il legislatore nazionale ha definito “rilevante” l’interesse pubblico per il trattamento “effettuato da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all’esercizio di pubblici poteri” nelle materie indicate, seppur in modo non esaustivo, dall’art. 2-sexies del Codice, stabilendo che i relativi trattamenti “sono ammessi qualora siano previsti […] da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante, nonché le misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato”.

Il titolare del trattamento è tenuto, in ogni caso, a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quello di “liceità, correttezza e trasparenza” nonché di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento).

Nel caso di specie, l’Ordine, con nota prot. n. XX del XX, ha inoltrato al Presidente e a un Dirigente del Tribunale di Cassino una segnalazione inviata dalla reclamante all’Ordine a mezzo email in data XX, con la quale la stessa aveva informato l’Ordine che sia lei sia un’imputata da ella difesa avevano contratto il virus SARS-CoV-2 in occasione di un’udienza tenutasi presso il Tribunale di Cassino, rivolgendo all’Ordine l’invito “ad intervenire con chiusura e sanificazione e a far rispettare i protocolli”.

Al riguardo, si osserva, in via preliminare, che, con la nota inviata all’Ordine, l’interessata non ha effettuato un’istanza o una segnalazione, rispetto alla quale l’Ordine avrebbe dovuto, nell’ambito dello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, avviare un procedimento amministrativo tipizzato, finalizzato ad assumere provvedimenti di propria competenza. Sebbene, infatti, l’art. 83, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, preveda che i Consigli degli Ordini degli avvocati debbano essere sentiti dai “capi degli uffici giudiziari” ai fini dell’individuazione delle misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, di contrasto dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, spetta unicamente ai predetti “capi degli uffici giudiziari”, e non anche ai Consigli degli ordini degli avvocati, l'adozione “di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze” (comma 7, lett. d)).

Come emerge dal tenore della segnalazione inviata dalla reclamante, la stessa intendeva rivolgersi esclusivamente all’Ordine, al fine di sollecitare lo stesso ad attivarsi presso il Presidente del Tribunale di Cassino, in quanto unico soggetto competente ad adottare le misure richieste. Ove, infatti, la reclamante avesse voluto esporsi direttamente con il Presidente del Tribunale, rendendo note le specifiche criticità ravvisate nell’udienza alla quale aveva partecipato, avrebbe indirizzato la propria segnalazione direttamente allo stesso. Rivolgendosi, invece, soltanto e direttamente all’Ordine, la reclamante poteva, pertanto, vantare una ragionevole aspettativa di riservatezza in merito alla predetta corrispondenza, confidando che la propria nota sarebbe rimasta confidenziale o che comunque l’ambito di conoscibilità della stessa, nella sua versione integrale, sarebbe rimasto confinato all’interno dell’organizzazione dell’Ordine, nella convinzione che lo stesso si sarebbe successivamente attivato presso il Tribunale, senza rivelare la propria identità o specifici elementi di contesto che avrebbero potuto renderla comunque identificabile.

D’altra parte, l’inoltro al Tribunale di Cassino della versione integrale della segnalazione presentata dalla reclamante non poteva, in ogni caso, considerarsi necessario al fine di invitare il Tribunale ad assicurare il rispetto dei protocolli di sicurezza. Ciò, in quanto il medesimo obiettivo poteva essere conseguito, altrettanto efficacemente, senza comunicare dati personali riferiti a persone fisiche identificate, ovvero limitandosi a dar conto, in maniera anonima, della segnalazione ricevuta, evidenziando, in via generale, le criticità emerse durante le udienze in aula, nonché richiedendo l’adozione degli opportuni provvedimenti di competenza del Tribunale. Né, tantomeno, e a maggior ragione, poteva considerarsi necessario comunicare al Tribunale un dato personale appartenente a categorie particolari, quale lo stato di positività al virus SARS-CoV-2 sia della reclamante sia di una sua assistita.

L’avvenuto inoltro del contenuto integrale della segnalazione in questione, ovvero di corrispondenza rispetto alla quale l’ordinamento prevede specifiche tutele (cfr. artt. 2 e 15 Cost.; cfr. provv. 15 aprile 2021, n. 146, doc. web n. 9674060) ha, pertanto, dato luogo a una comunicazione di dati personali della reclamante e di una sua assistita, anche relativi allo stato di salute, non conforme al principio di “liceità, correttezza e trasparenza” e priva di una base giuridica, con la conseguente violazione, da parte dell’Ordine, degli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 9 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-sexies del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo).

4. Conclusioni.

Alla luce delle valutazioni sopra richiamate, si rileva che le dichiarazioni rese dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell’art. 168 del Codice ˗, seppure meritevoli di considerazione, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e risultano insufficienti a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo, peraltro, alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si confermano, pertanto, le valutazioni preliminari dell’Ufficio e si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dall’Ordine, per aver comunicato al Tribunale di Cassino i dati personali della reclamante e dell’imputata da questa difesa, anche relativi allo stato di salute, in maniera non conforme al principio di “liceità, correttezza e trasparenza” e in assenza di una base giuridica, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 9 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-sexies del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo).

Ciò premesso, tenuto conto che:

si è trattato di un episodio isolato e il trattamento ha riguardato dati personali relativi a due soli interessati;

l’Ordine ha agito, nell’ambito del delicato contesto pandemico da SARS-CoV-2, al dichiarato fine di tutelare – ancorché in assenza di un’idonea base giuridica - la salute pubblica e contribuire al contenimento della pandemia, nella convinzione che l’inoltro al Tribunale di Cassino della versione integrale della segnalazione della reclamante potesse fondarsi sulla necessità di eseguire un proprio compito di interesse pubblico, avendo, pertanto, la violazione natura colposa;

il destinatario della comunicazione era, in ogni caso, un soggetto pubblico competente ad adottare le misure che erano state richieste dalla segnalante;

la comunicazione è stata effettuata dall’Ordine brevi manu, in maniera riservata, direttamente alla Presidenza del Tribunale di Cassino, così restringendo il potenziale ambito di conoscibilità della stessa anche all’interno dello stesso Tribunale;

l’Ordine ha cooperato in maniera proattiva con l’Autorità nel corso dell’istruttoria;

non risultano precedenti violazioni pertinenti commesse dal titolare del trattamento, aventi la medesima natura di quelle accertate in relazione ai fatti di reclamo, o precedenti provvedimenti di cui all’art. 58 del Regolamento;

le circostanze del caso concreto inducono a qualificare lo stesso come “violazione minore”, ai sensi del cons. 148 del Regolamento e delle “Linee guida riguardanti l'applicazione e la previsione delle sanzioni amministrative pecuniarie ai fini del regolamento (UE) n. 2016/679”, adottate dal Gruppo di Lavoro Art. 29 il 3 ottobre 2017, WP 253, e fatte proprie dal Comitato europeo per la protezione dei dati con l’”Endorsement 1/2018” del 25 maggio 2018.

Alla luce di tutto quanto sopra rappresentato e dei termini complessivi della vicenda in esame, si ritiene, pertanto, sufficiente ammonire il titolare del trattamento per la violazione delle disposizioni sopraindicate, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b), del Regolamento (cfr. anche cons. 148 del Regolamento).

Considerato che la condotta ha ormai esaurito i suoi effetti, non ricorrono i presupposti per l’adozione di ulteriori misure correttive di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

a) dichiara, ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dall’Ordine degli Avvocati di Cassino, con sede legale presso il Palazzo Di Giustizia, Piazza Labriola - 03043 Cassino (FR), C.F. 90001140608, per violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 9 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-sexies del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo), nei termini di cui in motivazione;

b) ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b) del Regolamento, ammonisce l’Ordine degli Avvocati di Cassino, quale titolare del trattamento in questione, per aver violato gli artt. 5, par. 1, lett. a), 6 e 9 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-sexies del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, vigente al tempo dei fatti oggetto di reclamo), come sopra descritto;

c) ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

Ai sensi degli artt. 78 del Regolamento, 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 2 marzo 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei