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Green Pass, le palestre non possono conservarne copia né registrare la data di scadenza - Intervento di Guido Scorza - CyberSecurity360

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Green Pass, le palestre non possono conservarne copia né registrare la data di scadenza
Intervento di Guido Scorza, Componente del Garante per la protezione dei dati personali
(CyberSecurity360, 3 settembre 2021)

Continuano a rimbalzare da una parte all’altra dell’Italia richieste da parte di palestre e centri sportivi ai loro abbonati e associati di trasmissione e consegna, assieme al certificato di sana e robusta costituzione, di copia del c.d. Green Pass con evidenziata la relativa data di scadenza.

La richiesta è sempre formulata come necessaria ai fini dell’iscrizione o, comunque, della frequentazione del centro.

Vietato richiedere e conservare copia del Green Pass

In questo contesto vale, probabilmente, la pena ricordare che la disciplina sul Green Pass prevede che lo stesso debba – nei soli luoghi nei quali è necessario ai sensi di quanto previsto dalla legge – essere semplicemente esibito all’ingresso e debba essere letto dagli incaricati esclusivamente attraverso l’apposita App Verifica Covid-19 messa a punto dal Governo, app che consente al verificatore di accedere solo a un’informazione binaria: il titolare del documento ha o non ha un Green Pass valido senza alcun riferimento né alla condizione – vaccino, guarigione dal Covid19 o tampone – che ha portato al rilascio del Green Pass né alla data di scadenza del documento medesimo.

La richiesta, quale condizione per la frequentazione del centro sportivo o della palestra, di copia del documento e di indicazione della data di scadenza e la successiva conservazione di tali elementi, pertanto, rappresentano una violazione della vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali giacché il titolare del trattamento – palestra, centro sportivo o qualsiasi altro analogo soggetto – non ha titolo per acquisire la data di scadenza del Green Pass e conservare gli altri dati personali contenuti nel medesimo documento.

È un trattamento di dati non necessari

È evidente e comprensibile che la prassi che si sta andando diffondendo renderebbe più facile la vita ai gestori di palestre e centri sportivi e, forse, anche ad abbonati e associati ma, al tempo stesso, frustra gli obiettivi di bilanciamento tra privacy, tutela della salute e riapertura del Paese che si sono perseguiti con il Green Pass giacché mette in circolazione una quantità di dati personali superiori a quelli necessari e, soprattutto, ne determina la raccolta e la moltiplicazione in una serie di banche dati diversamente sicure.

Sotto tale profilo vale, infatti, la pena di ricordare che la scadenza del Green Pass è diversa a seconda della ragione all’origine della sua emissione con la conseguenza che conoscerla consente a chiunque di sapere se siamo vaccinati, se siamo stati contagiati o ci siamo semplicemente fatti un tampone mentre, come detto, nel suo utilizzo normale e legale il Green Pass è neutro rispetto a tali circostanze.

Tutto questo senza dire che il Green Pass certifica una circostanza dinamica con la conseguenza che chi ieri ha consegnato un certificato vaccinale valido fino a una certa data, in un momento successivo ma precedente alla scadenza potrebbe essere contagiato e il suo Green Pass perdere di validità.

Si rischia anche di trattare dati inesatti

A seguire strade diverse rispetto a quelle previste dalla legge si rischia, quindi, anche di trattare dati inesatti perché si considera in possesso di un Green Pass valido un soggetto che, magari, non lo è più.

Le regole, insomma, ci sono e la comodità non consente di derogarvi.