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Procedimento relativo ai ricorsi - Al Garante non si può chiedere il risarcimento dei danni ' 19 febbraio 2002 [1063674]

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[doc. web. n. 1063674]

Procedimento relativo ai ricorsi - Al Garante non si può chiedere il risarcimento dei danni – 19 febbraio 2002

E´ inammissibile il ricorso con il quale l´interessato chiede il risarcimenro dei danni derivanti da una presunta violazione della legge sulla privacy, in quanto la legge n. 675/1996 non attribuisce al Garante alcuna competenza al riguardo.


IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof. Gaetano Rasi e del dott. Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

ESAMINATO il ricorso presentato dal sig. XY nei confronti di IntesaBci S.p.A.;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli articoli 13 e 29 della legge 31 dicembre 1996, n. 675 e gli articoli 18, 19 e 20 del d.P.R. 31 marzo 1998, n. 501;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000 ;

RELATORE il prof. Gaetano Rasi;

PREMESSO:

Il ricorrente, titolare di un rapporto di conto corrente con IntesaBci S.p.A., lamenta un trattamento illegittimo di dati personali che lo riguardano da parte della filiale n. 224 di K.

In particolare l’interessato riferisce che la filiale avrebbe consentito al proprio separando coniuge di effettuare in data 11 ottobre 2001 un prelievo di lire 200.000 da un conto corrente, sebbene avesse revocato poco prima (4 settembre 2001) l’autorizzazione al coniuge ad effettuare simili operazioni. Ha dichiarato poi di non poter escludere che il medesimo coniuge abbia chiesto od ottenuto informazioni o documentazione relativa al conto corrente.

Rispondendo ad una richiesta del 18 ottobre 2001 con la quale il ricorrente aveva sollecitato contatti con il proprio legale "al fine di fornire i doverosi chiarimenti", l’istituto di credito aveva dapprima informato il ricorrente dell’esistenza di alcuni accertamenti in corso (31 ottobre 2001) e aveva ammesso poi (6 dicembre 2001) l’errore nell’operazione dovuto unicamente "ad un’inadempienza dell’operatore addetto". Ha escluso peraltro di aver effettuato alcuna altra operazione analoga, come pure di aver comunicato indebitamente dati a terzi.

Nel ricorso presentato a questa Autorità ai sensi dell’art. 29 della legge n. 675/1996 , il ricorrente ha chiesto al Garante di "prendere gli opportuni provvedimenti" nei confronti dell’istituto resistente e di condannarlo al risarcimento del danno e alla refusione delle spese del procedimento. A seguito dell’invito a regolarizzare il ricorso, il ricorrente ha poi precisato che il provvedimento chiesto al Garante con il ricorso medesimo è "quello di ritenere fondata la segnalazione, e quindi di ritenere il comportamento di Cariplo-Banca Intesa in violazione dei diritti" dell’interessato.

A seguito dell’invito ad aderire formulato da questa Autorità, l’istituto di credito, con memoria diretta anche al ricorrente e pervenuta via fax a questa Autorità il 5 febbraio 2002, ha illustrato una ricostruzione più analitica dei fatti, precisando che l’apparente "prelievo" è consistito in realtà nell’addebito di lire 200.000 per l’acquisto di alcuni buoni pasto scolastici presso il medesimo istituto di credito che opera anche quale tesoreria comunale.

L’istituto ha però contestato la ricostruzione dei fatti operata dal ricorrente, precisando di aver fornito ogni opportuna spiegazione già in occasione di una visita in filiale del ricorrente avvenuta il 15 ottobre 2001 (anche con rimborso delle 200.000 erroneamente addebitate al conto), nonché successivamente.

Facendo rilevare l’inesistenza del danno, l’istituto ha poi contestato di aver violato la legge n. 675/1996 e il c.d. segreto bancario, precisando che il coniuge della ricorrente conosceva già, in occasione dell’unica operazione effettuata dopo la revoca, gli estremi identificativi del conto corrente, mentre non era a conoscenza della revoca stessa (datata 4 settembre 2001).

CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA:

2. Il ricorso è infondato.

Nell’istanza del 18 ottobre 2001 che il legale del ricorrente ritiene -con il ricorso- di aver formulato ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996 compariva, tra l’altro, un riferimento generico al trattamento dei dati personali. Vi figurava poi il solo invito a prendere contatti per fornire chiarimenti relativamente ad ipotizzate "operazioni" effettuate l’11 ottobre 2001.

Dagli atti risulta che il 6 dicembre 2001 l’istituto ha fornito chiarimenti ammettendo l’errore per l’unica operazione effettuata allo sportello, escludendo il compimento di altre operazioni e l’ipotizzata comunicazione a terzi di dati e porgendo infine formalmente le proprie scuse.

L’interessato ha ritenuto di proporre un ricorso al solo scopo di far "ritenere fondata la segnalazione, e quindi di ritenere il comportamento… in violazione dei diritti…, del segreto bancario e della legge sulla privacy", nonché di ottenere il risarcimento del danno per una ordinaria operazione di conto corrente di cui la banca ha già ampiamente ammesso l’erroneità e alla quale ha posto rimedio lo stesso giorno (15 ottobre 2001) in cui l’interessato ha inizialmente contestato l’accaduto in filiale.

La specifica declaratoria chiesta in sede di ricorso, nei termini impostati dal ricorrente, non risulta anzitutto chiaramente riconducibile alle azioni esercitabili ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996 .

In secondo luogo, anche volendo ritenere -non senza difficoltà- che l’interessato abbia inteso esercitare, con la generica istanza del 18 ottobre 2001, una sostanziale opposizione al trattamento dei dati personali che lo riguardano (art. 13, comma 1, lett. d) della legge n. 675/1996 ), l’ulteriore opposizione manifestata con il ricorso non risulta giustificata in relazione alla ricostruzione dei fatti e alla circostanza che l’istituto, già prima del ricorso, ha fornito un riscontro all’interessato, ammettendo l’errore, retrocedendo la somma erroneamente addebitata e porgendo le proprie scuse.

Ciò tenendo conto anche che:

  • non vi è alcuna prova che, in occasione della prima ed unica semplice operazione di addebito effettuata dalla banca su un conto pacificamente noto alla ricorrente, la banca abbia comunicato altri dati a quest’ultima;
  • non è emerso alcun elemento di prova, anche minimo, circa l’ipotizzata comunicazione di altre informazioni o documenti;
  • non vi è alcun elemento di prova a proposito di eventuali altre operazioni effettuate sul conto.

Deve essere poi dichiarata inammissibile la richiesta del ricorrente di ottenere il risarcimento degli asseriti danni, non avendo la legge attribuito in merito competenze a questa Autorità.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE:

  • dichiara inammissibile il ricorso nella parte riguardante la richiesta di risarcimento dei danni;
  • dichiara infondato il ricorso per ciò che attiene alle restanti richieste, nei termini di cui in motivazione;
  • dichiara compensate le spese tra le parti.


Roma, 19 febbraio 2002

IL PRESIDENTE
Rodotà

IL RELATORE
Rasi

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli