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Provvedimento del 5 ottobre 2006 [1357375]

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[doc. web n. 1357375]

Provvedimento del 5 ottobre 2006

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

Esaminato il ricorso presentato da XY

nei confronti di

Banca Intesa S.p.A.;

Visti gli articoli 7, 8 e 145 ss. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

Viste le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il dott. Mauro Paissan;

PREMESSO

L´interessato, ricevuta una lettera di contestazione disciplinare dell´8 aprile 1997 inviata dalla società da cui dipendeva quale vicedirettore della filiale di KH, è stato licenziato per giusta causa il 2 luglio dello stesso anno. Da ciò, è conseguita una controversia di lavoro instaurata a seguito dell´impugnazione del licenziamento (procedimento definito con sentenza di rigetto della domanda da parte del Tribunale di KH, poi appellata dal medesimo interessato) ed un procedimento penale (a seguito di trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di KH).

Nell´odierno ricorso al Garante, il ricorrente ha sostenuto che l´indagine interna condotta sul proprio operato a partire dal dicembre 1996 da parte degli ispettori della direzione centrale -le cui risultanze avrebbero indotto ad avviare un procedimento disciplinare nei suoi confronti e successivamente a licenziarlo- sarebbe stata dettata da motivi di "ritorsione". Ciò, in quanto, quattro giorni prima dell´inizio di tale indagine, l´interessato aveva portato all´attenzione del proprio superiore (il condirettore sovrintendente della predetta filiale) alcune operazioni ritenute "sospette" effettuate da un gruppo di aziende clienti, affinché venissero segnalate formalmente alle autorità competenti ai sensi della legge n. 197/1991 (c.d. normativa antiriciclaggio) segnalazione cui non sarebbe stato dato corso.

Il ricorrente ha quindi contestato, in particolare, la liceità dell´acquisizione e del successivo trattamento di una serie di informazioni che lo riguardano contenute nella predetta lettera di contestazione disciplinare, nonché in alcune memorie difensive depositate dalla banca resistente nella predetta controversia di lavoro. Tali informazioni sono relative a:

  • movimentazioni transitate su due conti correnti (di cui uno cointestato con il proprio coniuge) e su un libretto a risparmio intestato al ricorrente aperti presso la banca resistente, e che erano stati oggetto di indagine da parte degli ispettori interni per il periodo 1994, 1995 e 1996, e sui quali gli ispettori avrebbero rilevato "un giro abnorme di denaro" esorbitante rispetto al reddito di lavoro del ricorrente;
  • movimentazioni relative ad un dossier titoli intestato al ricorrente sul quale risultavano depositati valori per un ammontare di 850 milioni di lire, somma che, ad avviso della banca, non poteva essere frutto dei "risparmi consentiti dal suo stipendio di funzionario bancario";
  • l´autorizzazione all´apertura di 51 conti correnti a persone ritenute dalla banca "inaffidabili";
  • l´autorizzazione al pagamento di un assegno del valore di 60 milioni di lire tratto su un conto corrente in essere presso la filiale della banca, benché privo della clausola di "non trasferibilità" e con l´omissione delle prescritte segnalazioni alle autorità competenti.

In relazione al trattamento di tali dati, il ricorrente ha inoltrato alla banca resistente un´istanza ex art. 7 del Codice (ad integrazione di una nota del 31/1/2006) con la quale ha chiesto di conoscere l´origine dei dati, le finalità, le modalità del trattamento, gli estremi identificativi del titolare del trattamento, unitamente ai soggetti o alle categorie di soggetti che possono venire a conoscenza dei dati. Con la medesima istanza il ricorrente ha chiesto, altresì, la cancellazione dei dati trattati in violazione di legge e l´attestazione che tale intervento è stato portato a conoscenza di coloro ai quali i dati erano stati comunicati.

In risposta a tale istanza, la Direzione risorse umane di Banca Intesa S.p.A., con nota datata 28 marzo 2006, ha sostenuto che la legge n. 675/1996 non sarebbe applicabile, "ratione temporis", all´indagine ispettiva conclusasi nel marzo 1997 e alla successiva contestazione disciplinare dell´8 aprile 1997. Ciò, in quanto la citata legge, entrata in vigore l´8 maggio 1997, "prevedeva, all´art. 41, che le disposizioni in materia di consenso dell´interessato non trovassero applicazione in riferimento ai dati personali raccolti precedentemente alla data di entrata in vigore della legge stessa, o il cui trattamento sia iniziato prima di tale data". La banca ha aggiunto che "un´attività di controllo e di monitoraggio continuo sulle transazioni poste in essere dalla clientela" sarebbe imposta agli istituti bancari dalla normativa antiriciclaggio ai fini della segnalazione delle attività sospette. Infine, la banca resistente ha ricordato che, attualmente, l´art. 24, lett. f), del Codice prevede che il trattamento dei dati possa essere effettuato anche senza il consenso dell´interessato "quando il trattamento sia necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento"; ciò, ritiene la banca, anche "per far valere un diritto in una fase antecedente l´instaurazione del giudizio, e ad esso prodromica".

Insoddisfatto di tale riscontro, il ricorrente ha proposto un ricorso ai sensi degli artt. 145 e ss. del Codice con il quale ha ribadito le sole richieste di cancellazione dei dati trattati in violazione di legge e di correlativa attestazione che tale intervento è stato portato a conoscenza di coloro ai quali i dati erano stati comunicati. In particolare, il ricorrente ha rilevato che il predetto art. 41 della legge n. 675/1996 lasciava impregiudicato il diritto dell´interessato di esercitare i diritti di cui all´art. 13 e 29 della medesima legge (tra cui quelli di chiedere la cancellazione dei dati, nonché la relativa attestazione) ed ha sostenuto che il contestato trattamento dei dati sarebbe stato effettuato dalla banca "anche per finalità diverse dalla tutela in sede giudiziaria di un preteso diritto (…ad esempio a fini disciplinari)".

A seguito della nota inviata dall´Autorità il 24 maggio 2006 ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, il ricorrente ha inviato due memorie aggiuntive, datate rispettivamente 7 giugno e 15 giugno 2006, con le quali ha sostenuto che le risultanze dei controlli effettuati sui conti correnti, sul libretto a risparmio e sul dossier titoli allo stesso intestati, da parte degli ispettori interni della banca, non avrebbero dato luogo a specifiche contestazioni di irregolarità da parte dell´istituto, ma sarebbero state utilizzate dalla banca soltanto per gettare discredito sulla propria persona. Il ricorrente ha inoltre contestato la veridicità delle dichiarazioni della banca contenute nelle memorie difensive prodotte dalla stessa in giudizio in ordine alla contestata apertura dei 51 rapporti di conto ed al pagamento dell´assegno di 60 milioni.

La banca ha risposto con fax inviato il 16 giugno 2006 con il quale ha ribadito che il trattamento contestato sarebbe avvenuto prima dell´entrata in vigore della legge n. 675/1996 ed ha altresì sostenuto che:

  • il medesimo trattamento sarebbe stato comunque lecito anche se avvenuto vigente la legge n. 675/1996 e il successivo Codice in materia di protezione dei dati personali, essendo stato effettuato per adempiere agli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio (art. 3 della legge n. 197/1991), nonché "al fine di far valere o difendere propri diritti in sede giudiziaria (art. 24, comma 1, lett. f), del Codice)";
  • al caso di specie sarebbe applicabile anche il differimento dell´esercizio del vantato diritto di cancellazione, ai sensi all´art. 8, comma 2, lett. e), del Codice (dal momento che un eventuale accoglimento dell´istanza di cancellazione del ricorrente "arrecherebbe un grave pregiudizio all´esercizio da parte della Banca dei propri diritti nelle (…) sedi giudiziarie").

Successivamente all´audizione del 21 giugno 2006 il ricorrente ha inviato una memoria datata 30 giugno 2006, con la quale ha contestato il riscontro ottenuto.

Con memoria inviata il 4 luglio 2006 Banca Intesa S.p.A., nel sostenere che il ricorrente confonderebbe "il profilo della legittimità del trattamento dei dati in questione (…) con quelli della loro veridicità e/o rilevanza ai fini disciplinari e/o penali (rimessi esclusivamente alla Magistratura del Lavoro e Penale)" ha replicato rilevando che:

  • la legittimità del licenziamento per giusta causa del ricorrente sarebbe stata riconosciuta sia nel procedimento d´urgenza, sia in sede di riesame del successivo reclamo, sia nel primo grado di giudizio, come risulta dalla sentenza del 30 giugno/5 novembre 2004 pronunciata dal Tribunale di KH in funzione di giudice del lavoro, e depositata in atti;
  • quanto al procedimento penale, la banca ha presentato nel 1999 una denuncia nei confronti del ricorrente che "si è innestata in un procedimento già aperto d´ufficio a seguito della trasmissione degli atti all´Autorità inquirente da parte del giudice del lavoro";
  • le richieste formulate dal ricorrente volte a conoscere l´origine, le finalità, le modalità del trattamento, gli estremi identificativi del titolare del trattamento, nonché i soggetti ai quali tali informazioni possono essere comunicate, non fanno parte dell´odierno procedimento in quanto non ribadite nel ricorso con il quale il ricorrente ha, a suo avviso, avanzato esclusivamente le richieste di cancellazione dei dati e di correlativa attestazione; in ogni caso, il ricorrente è comunque da tempo a conoscenza delle informazioni richieste;
  • essendo la resistente tenuta, ai sensi della normativa antiriciclaggio e al pari di tutti gli istituti bancari, ad effettuare controlli periodici sulle transazioni effettuate dalla propria clientela, confrontandole con l´attività svolta e con la capacità economica dei soggetti (al fine di effettuare senza ritardo la segnalazione delle operazioni ritenute "sospette" alle autorità competenti), "a tali controlli non potevano certo essere sottratte le operazioni poste in essere dal sig. XY su conti aperti presso la banca sua ex datrice di lavoro, né le operazioni da lui poste in essere in favore di clienti, quale incaricato della stessa banca";
  • il trattamento dei dati contestato dal ricorrente, e volto alla formulazione della contestazione disciplinare, non richiederebbe il consenso dell´interessato essendo svolto per "eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l´interessato (art. 24, comma 1, lett. b), del Codice), (…) e, segnatamente, al fine di adempiere l´obbligo –discendente dal contratto di lavoro stipulato con il sig. XY –di non adottare alcuna sanzione disciplinare nei suoi confronti senza avergli preventivamente contestato per iscritto gli addebiti che intendeva rivolgergli, ai sensi dell´art. 7, comma 2, della legge n. 300/1970"; peraltro, posto che la giurisprudenza lavoristica interpreterebbe in maniera rigorosa l´obbligo di preventiva contestazione degli addebiti disciplinari prevedendo una indicazione puntuale e specifica dei fatti contestati, il datore di lavoro sarebbe tenuto a condurre indagini "serie ed approfondite, onde raccogliere gli elementi necessari alla eventuale formulazione di una valida contestazione disciplinare" nei confronti dei dipendenti interessati.

La resistente ha pertanto chiesto che il ricorso sia dichiarato infondato ponendo le spese a carico della controparte.

Dopo la proroga dei termini del procedimento disposta dall´Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del Codice, in data 10 luglio 2006, il ricorrente ha inviato un´ulteriore memoria di replica datata 6 settembre 2006 con la quale ha contestato l´ultimo riscontro insistendo per l´accoglimento di tutte le richieste formulate.

CIÒ PREMESSO, IL GARANTE OSSERVA

Il ricorso contiene due sole richieste relative alla cancellazione dei dati e alla correlativa attestazione. Verte quindi unicamente sulla liceità e correttezza del trattamento di dati relativi al ricorrente (da parte della banca presso cui lo stesso prestava servizio) contenuti in una lettera di contestazione disciplinare prodromica al licenziamento per giusta causa, nonché al loro utilizzo nell´ambito delle controversie giuslavoristiche e penali, tuttora pendenti, attinenti alla vicenda oggetto di ricorso.

Non è invece oggetto dell´odierno procedimento, non essendo stata proposta con il ricorso e non essendo formulabile ex novo nel corso del procedimento (cfr. art. 149, comma 4, del Codice) ogni altra istanza di cui il ricorrente ha fatto comunque menzione.

Così individuato l´oggetto del ricorso, lo stesso non risulta fondato. Il contestato trattamento dei dati personali del ricorrente non risulta, infatti, allo stato degli atti, effettuato in modo illecito.

Per quanto riguarda il trattamento di dati acquisiti in occasione della citata ispezione interna ed utilizzati ai fini della contestazione degli addebiti disciplinari va rilevato che lo stesso trattamento è stato effettuato prima dell´entrata in vigore della legge n. 675/1996 (8 maggio 1997); pertanto, al momento dell´acquisizione di tali dati, non trovavano applicazione le disposizioni in tema di consenso dell´interessato (cfr. art. 41 della legge n. 675/1996).

In ogni caso, tale trattamento di dati risulta pertinente e non eccedente rispetto alle finalità per le quali i dati stessi sono stati raccolti e successivamente trattati, in quanto tali informazioni risultano utilizzate dalla banca resistente nell´esercizio del potere disciplinare proprio del datore di lavoro.

La contestazione degli addebiti deve soddisfare il requisito della specificità; il successivo accertamento della lesione dell´elemento fiduciario ai fini del licenziamento per giusta causa deve essere parimenti effettuato con riferimento a profili concreti e specifici attinenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto di lavoro, nonché al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, oltre che alle circostanze particolari degli episodi contestati (Cass. 28.04.03, n. 6609; Cass. 13.04.02, n. 5332 e Cass. 14.07.01, n. 9576). Ne deriva che, ai fini del corretto accertamento della condotta del lavoratore, il datore di lavoro poteva procedere a proprie indagini anziché attendere l´esito degli accertamenti in sede penale.

Il trattamento dei dati in questione, che deve rispettare anche le pertinenti disposizioni del c.d. "Statuto dei lavoratori" (legge n. 300/1970), è inoltre stato effettuato dal titolare per soddisfare la legittima esigenza di far valere i propri diritti ai fini della loro tutela in sede giudiziaria, acquisendo il materiale probatorio a tal fine necessario.

Si tratta di fattispecie che è contemplata dal Codice il quale prevede che in tali casi il trattamento sia lecito anche senza il consenso dell´interessato, ferma restando la necessità che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (art. 24, comma 1, lett. f)).

Tali limiti, richiamati anche in diversi provvedimenti del Garante (cfr. Provv21 novembre 2001, doc. web n. 42106, Provv25 maggio 2005, doc. web n. 1222371, in www.garanteprivacy.it), non risultano violati neanche in relazione al successivo trattamento effettuato dalla banca resistente a fini di difesa in procedimenti giudiziari successivamente instaurati.

Va poi considerato, in relazione al monitoraggio delle movimentazioni transitate sui conti correnti, sul libretto di risparmio e sul dossier titoli intestati al ricorrente, che lo stesso monitoraggio risulta effettuato dalla banca resistente in ottemperanza agli obblighi di controllo cui sono tenuti gli istituti di credito ai sensi della normativa antiriciclaggio (legge n. 197/1991), in particolare ai fini della prescritta segnalazione delle c.d. attività sospette.

In ragione della liceità del trattamento effettuato dal titolare del trattamento risulta conseguentemente infondata anche la richiesta di attestazione che l´operazione di cancellazione è stata portata a conoscenza dei soggetti cui i dati erano stati comunicati.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del procedimento.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE

a) dichiara infondato il ricorso;

b) dichiara compensate le spese del procedimento.

Roma, 5 ottobre 2006

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli