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Provvedimento del 20 febbraio 2014 [3117262]

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[doc. web n. 3117262]

Provvedimento del 20 febbraio 2014

Registro dei provvedimenti
n. 95 del 20 febbraio 2014

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso, presentato in data 12 novembre 2013 nei confronti del Ministero della Difesa, con cui XY, ex dipendente del Ministero medesimo assunto in data 15 novembre 2004, assegnato, nel ruolo di assistente amministrativo, al Tribunale militare di Verona in data 5 marzo 2012 e successivamente cessato dal servizio a seguito di dimissioni volontarie in data 3 febbraio 2013, ha manifestato la propria opposizione al trattamento dei dati giudiziari che lo riguardano da parte dell´amministrazione resistente lamentando che quest´ultima, in data posteriore alla cessazione del rapporto di lavoro, avrebbe indebitamente inviato ad alcuni uffici giudiziari richieste di informazioni sullo stato di procedimenti penali a suo carico, tuttora pendenti, "ivi attivati in seguito a segnalazioni di supposte notizie di reato dell´ufficio di appartenenza, già oggetto" di altrettanti procedimenti disciplinari avviati in relazione ai medesimi fatti "attinenti al servizio", alcuni dei quali peraltro ormai definiti, con l´irrogazione della relativa sanzione, anteriormente al venir meno del rapporto; il ricorrente ha infatti eccepito la carenza dei presupposti normativi necessari a legittimare tale trattamento da parte del datore di lavoro, essendo, tra l´altro, venuto meno, a seguito delle dimissioni rassegnate dal dipendente, il potere disciplinare del medesimo, né potendosi configurare, nel caso di specie, alcuna delle ipotesi di ultrattività di tale potere di cui all´art. 55 bis, comma 9, del d.lgs. 165/2001 (contenente "Norme generali sull´ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche") tenuto conto della circostanza che "i fatti per cui sta procedendo l´autorità giudiziaria (…) non configurano in alcun modo addebiti disciplinari per i quali sia possibile elevare la sanzione del licenziamento"; l´interessato ha inoltre lamentato che l´Amministrazione di appartenenza, al fine di trarre in inganno gli uffici giudiziari coinvolti, avrebbe continuato ad utilizzare, nelle richieste di informazioni con riferimento al medesimo, la locuzione "dipendente", omettendo pertanto di specificare che trattavasi di persona ormai cessata dal servizio; il ricorrente ha chiesto altresì la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 12 dicembre 2013 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149 del Codice in materia di protezione dei dati personali, d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice"), ha invitato la resistente a fornire riscontro alle richieste dell´interessata, nonché la nota del 10 gennaio 2014 con cui è stata disposta la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTA la nota, datata 17 dicembre 2013, con cui il Tribunale Militare di Verona, quale ulteriore destinatario delle richieste avanzate dal ricorrente ai sensi della normativa in materia di protezione dei dati personali, nel ribadire di non aver posto in essere alcuna attività di trattamento di dati giudiziari del ricorrente successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, ha dichiarato di aver comunque preso atto della diffida avanzata dal ricorrente e diretta ad impedire "ulteriori trattamenti di dati personali del ricorrente di carattere giudiziario";

VISTA la nota, datata 31 dicembre 2013, con cui il Ministero della Difesa, nel contestare quanto affermato dal ricorrente, ha ritenuto opportuno, in primo luogo e al fine di delimitare esattamente l´ambito oggettivo del ricorso, richiamare i procedimenti disciplinari avviati nei confronti dell´interessato di cui: 1) uno avviato nel 2010, e ad oggi sospeso in attesa dell´esito della vicenda giudiziaria, a seguito della notizia dell´esistenza di un procedimento penale pendente presso il Tribunale di Perugia originato da una denuncia formulata dall´Università di Perugia per supposte false dichiarazioni rese dal ricorrente al momento dell´iscrizione ad un corso di dottorato, nel quale peraltro il Ministero si è costituito parte civile "al fine del risarcimento del danno, ottenendo dal Giudice il sequestro conservativo delle somme dovute a titolo di indennità di buonuscita ovvero del trattamento di fine rapporto"; 2) un procedimento avviato per dichiarazioni rese dall´interessato all´Università Cà Foscari di Venezia in relazione allo svolgimento di un´attività extraistituzionale non autorizzata dall´Amministrazione di appartenenza e che, ad oggi, risulta archiviato, essendo venuta meno, per effetto delle dimissioni del medesimo, la causa dell´incompatibilità, salvo i risvolti pecuniari a carico del dipendente per i compensi nel frattempo eventualmente percepiti; l´amministrazione ha dichiarato di non aver avanzato alcuna richiesta di informazioni all´Autorità Giudiziaria in merito ad eventuali iniziative giudiziarie intraprese dall´Università; 3) un procedimento avviato a seguito della notizia dell´esistenza di un procedimento penale avviato dalla Procura di Enna su denuncia dell´Università degli Studi della Sicilia centrale Enna Kore per supposte dichiarazioni mendaci finalizzate all´ottenimento di un contratto di collaborazione per attività di docenza e definito, in pendenza del procedimento penale, in data 16 agosto 2012 con l´irrogazione della sanzione della sospensione disciplinare dal servizio e dalla retribuzione per un mese; 4) un procedimento avviato il 20.06.2012 per dichiarazioni rese all´Ente di appartenenza al fine di ottenere l´indebita assegnazione di un alloggio militare destinato ad altre tipologie di dipendenti e definito, in pendenza di procedimento penale incardinato presso il Tribunale di Verona su denuncia del Ministero stesso, con irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per quindici giorni; visto che il titolare del trattamento, nell´affermare la legittimità del proprio operato, ha in particolare richiamato il disposto dell´art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, così come modificato dal d.lgs. 150/2009 (cd. Decreto Brunetta), che, nel regolamentare i rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare, prevede la possibilità di sospendere quest´ultimo in attesa dell´esito del primo qualora l´accertamento dei fatti addebitati al dipendente risulti particolarmente complesso, pur non precludendo, nelle altre ipotesi, la possibilità di avviare e concludere autonomamente il procedimento disciplinare e garantendo comunque, in caso di difformità tra i due giudizi, meccanismi di riapertura del procedimento medesimo; alla luce di ciò il Ministero resistente, rilevando che "non è possibile stabilire quale possa essere il contenuto della sentenza prima che il procedimento giunga a conclusione", ha precisato che "da ciò nasce l´esigenza di aggiornare lo stato del procedimento penale instaurato a carico del dipendente, anche quando il procedimento disciplinare sia stato definito con l´irrogazione della sanzione", prospettando, con particolare riferimento al procedimento disciplinare ancora  sospeso, il permanere, in capo a sé, di una potestà punitiva che, pur se condizionata dall´esito del giudizio penale, non può ritenersi preclusa dalle intervenute dimissioni volontarie del dipendente, tenuto altresì conto del fatto che, con riferimento a quello specifico giudizio, il Ministero, essendosi costituito parte civile nel procedimento penale pendente presso il Tribunale di Perugia, è parte processuale e, come tale, ha infatti ricevuto "l´informazione concernente l´esercizio dell´azione penale (…) dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia ai sensi dell´art. 129 d. lgs. 271/89"; la resistente ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, "ai fini della valutazione disciplinare, occorre considerare i precedenti a carico del soggetto coinvolto e il comportamento complessivo dello stesso, talché, in alcun modo, si può dare per scontato l´esito del procedimento sospeso in attesa di definizione, come pure l´eventuale riapertura di procedimenti chiusi ai sensi dell´art. 55 ter, laddove non siano ancora noti gli esatti termini delle vicende penali in corso a carico dell´ex dipendente, per adeguare le determinazioni conclusive dei procedimenti disciplinari stessi all´esito dei giudizi penali"; l´Amministrazione della Difesa ha altresì richiamato, quale fondamento normativo dell´attività di raccolta di dati giudiziari del ricorrente, il regolamento dalla medesima adottato in attuazione degli artt. 20 e 21 del Codice, ora confluito nel DPR n. 90 del 2010 (cd. Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) che "nel Libro VI, Titolo II, artt. 1053 e segg. identifica (…) i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni eseguibili da parte dell´amministrazione della Difesa nello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali" tra cui, appunto, sono menzionati, nel secondo comma dell´art. 1064 del decreto, i procedimenti in materia di disciplina del personale civile, nonché i procedimenti di cui all´art. 1065 in materia di controlli finalizzati all´accertamento di eventuali profili di responsabilità civile, amministrativa e contabile; con riferimento, infine, alla contestazione avanzata dal ricorrente in merito all´uso improprio del termine "dipendente" al medesimo riferito nelle richieste di informazioni inviate all´Autorità Giudiziaria, l´amministrazione resistente, nel prendere atto del fatto che tale definizione "poteva rivelarsi imprecisa", ha dichiarato di non aver rivolto, successivamente alla diffida, ulteriori "richieste (…) con la medesima dicitura, anzi non è stata (…) avanzata alcuna ulteriore richiesta, mentre (…) sono pervenute da parte dell´A.G. risposte a quesiti già inoltrati";

VISTA la nota, datata 3 gennaio 2014, con cui il ricorrente, nel ribadire l´illegittimità del trattamento posto in essere dall´Amministrazione resistente, ha contestato quanto dalla medesima affermato eccependo il venir meno, per effetto delle dimissioni rassegnate dall´interessato, del potere disciplinare in capo all´ex datore di lavoro trattandosi, in tutti i casi richiamati dal Ministero nella propria memoria, "di contestazioni disciplinari in alcun modo sanzionabili con il licenziamento, né già oggetto di sospensione cautelare dal servizio", presupposti cui l´art. 55 bis, comma 9, del d.lgs. 165/2001 collega l´ultrattività del predetto potere; l´interessato ha, in particolare, rilevato, sia riguardo al procedimento disciplinare tuttora sospeso, del quale infatti ha invocato l´archiviazione, che ai due procedimenti già definiti con l´irrogazione della relativa sanzione, che "risulta (…) impossibile che all´esito penale sia configurato un fatto diverso tale per cui possa essere invocata la massima sanzione disciplinare espulsiva e dunque ancora possa persistere l´ultrattività del potere disciplinare"; l´interessato ha infine evidenziato la contraddittorietà della posizione assunta dalla resistente che, se da un lato, afferma la legittimità del proprio operato, dall´altro dichiara di non aver più avanzato, successivamente alla diffida presentata dall´ex dipendente, alcun ulteriore richiesta di informazioni agli uffici giudiziari;

RILEVATO che, ai sensi della normativa in materia di protezione dei dati personali, il trattamento di dati sensibili e giudiziari da parte di soggetti pubblici, nell´ambito dello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, è consentito solo ove previsto da espressa disposizione di legge o, nel caso di dati giudiziari, anche da provvedimento del Garante che specifichi le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite, i tipi di dati trattati, nonché le operazioni eseguibili; rilevato altresì che l´art. 21, comma 2, del Codice, richiamando il secondo comma dell´art. 20, prevede altresì che qualora la legge si limiti ad individuare le sole finalità di rilevante interesse pubblico  legittimanti il trattamento, senza fornire indicazioni in ordine ai tipi di dati trattati e alle operazioni eseguibili, quest´ultimo è consentito solo in ordine ai tipi di dati e alle operazioni specificamente individuati dal soggetto pubblico con proprio atto di natura regolamentare; rilevato infine che tale individuazione, in relazione ai trattamenti posti in essere dall´Amministrazione della Difesa, è stata effettuata con d.m. n. 203 del 13 aprile 2006, successivamente confluito nel d.P.R. n. 90 del 15 marzo 2010 (cd. Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) che autorizza, tra l´altro, il trattamento di dati giudiziari nell´ambito di procedimenti disciplinari avviati nei confronti del personale militare e civile (art. 1064 del d.P.R. 90/2010), oltreché in tema di controlli finalizzati all´accertamento di eventuali profili di responsabilità civile, amministrativa e contabile (art. 1065 del d.P.R. citato);

RILEVATO che il d.lgs. 165 del 2001, contenente "Norme generali sull´ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", così come modificato dal d.lgs. 150/2009, nel dettare, agli artt. 55 e ss,  le norme in materia di procedimento disciplinare, regolamenta, in particolare, il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, prevedendo espressamente che "per le infrazioni di maggiore gravità di cui all´art. 55 bis, comma 1, secondo periodo, l´ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell´accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all´esito dell´istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l´irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale" (art. 55 ter, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001), da cui consegue che la conclusione del primo viene automaticamente procastinata ad un momento successivo alla definizione del secondo; ritenuto altresì, con riguardo ai procedimenti disciplinari già conclusi in pendenza di procedimenti penali avviati in ordine ai medesimi fatti, che l´art. 55 ter, secondo e terzo comma, prevede dei meccanismi di raccordo tra i due procedimenti prevedendo la possibilità di riaprire, in esito al giudizio penale, il procedimento disciplinare anche nel caso in cui "dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa"; tenuto altresì che il CCNL comparto Ministeri del 16 maggio 1995 e s.m.i., nell´individuare i criteri cui deve ispirarsi la condotta del pubblico dipendente, dispone che, nella determinazione della sanzione concretamente applicabile a colui che sia venuto meno ai predetti doveri si debba tenere conto, pur nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità, anche del "comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari, nell´ambito del biennio previsto dalla legge" (art. 25, comma 1, lett. a) e b), del citato contratto collettivo);

RILEVATO infine che, nel caso di specie e alla luce della normativa sopra richiamata, il trattamento complessivamente posto in essere dal Ministero della Difesa risulta effettuato in modo lecito tenuto conto del fatto che, con riferimento al procedimento disciplinare tuttora sospeso, l´Amministrazione resistente, non essendo noto il contenuto della futura sentenza penale, non può  aprioristicamente escludere la successiva applicabilità di una sanzione disciplinare di tipo espulsivo e dunque l´ultrattività del potere disciplinare di cui all´art. 55 bis, comma 9, del d.lgs. 165/2001, in capo all´ex datore di lavoro; rilevato inoltre, con specifico riguardo anche ai procedimenti disciplinari già conclusi in pendenza degli analoghi procedimenti penali, che, posto il richiamo del disposto dell´art. 55 ter, comma 2, del citato decreto,  nonché delle norme contenute nel CCNL comparto Ministeri, l´Amministrazione è tenuta a valutare, ai fini delle determinazioni da assumere circa l´entità della sanzione concretamente applicabile e dunque dell´opportunità della eventuale riapertura di un procedimento disciplinare ormai concluso, anche della condotta complessivamente tenuta dal dipendente nell´arco temporale antecedente alla sanzione già irrogata, anche in ordine ai conseguenti eventuali profili di responsabilità civile, amministrativa e contabile del dipendente;

RITENUTO, alla luce di quanto sopra esposto, di dover dichiarare il ricorso infondato;

RITENUTO altresì che sussistono giusti motivi per compensare le spese del procedimento fra  le parti;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) dichiara il ricorso infondato;

b) dichiara compensate le spese del procedimento fra le parti.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 20 febbraio 2014

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia