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Newsletter 29 ottobre - 4 novembre 2001

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 Newsletter 29 ottobre - 4 novembre 2001

 

  • Dati personali del lavoratore e assenze per malattia
  • censimento. I chiarimenti del Garante
  • I Garanti tedeschi : regolamentare le ricerche genetiche

 

Dati personali del lavoratore e assenze per malattia

I datori di lavoro non possono comunicare dati personali dei propri dipendenti assenti, in maniera indiscriminata ad una pluralità di soggetti, ognuno coinvolto in parte e a diverso titolo nella vicenda. Qualora ritenessero di trovarsi di fronte a fenomeni di assenteismo o di certificazioni non veritiere, i datori di lavoro possono tutelare i loro interessi nei modi consentiti dall’ordinamento.

I principi sono stati stabiliti dall’Autorità Garante nel provvedimento che ha parzialmente accolto il ricorso di una dipendente, la quale lamentava un illegittimo trattamento di dati da parte del datore di lavoro e chiedeva la cessazione di tale comportamento. La lavoratrice si era rivolta all’Autorità denunciando, infatti, l’operato dell’azienda che aveva indirizzato contestualmente e "per opportuna conoscenza" una lettera riepilogativa delle sue assenze ai due medici che le avevano certificato i periodi di malattia, ad una azienda sanitaria locale ed all’Ordine provinciale dei medici.

La società, invitata dall’Autorità a fornire chiarimenti sul suo comportamento, ha sostenuto di non aver divulgato dati sensibili della dipendente, ma di aver comunicato solo informazioni relative alle assenze e non alle cause che le avevano determinate, e che, in ogni caso, le notizie divulgate erano deducibili da pubblici registri o documenti conoscibili da chiunque.

Il Garante ha osservato che la lettera della società è espressione di un evidente intento di contestare la prolungata ed ininterrotta assenza dal lavoro della dipendente. Tuttavia, l’iniziativa ha dato luogo ad una non corretta e sovrabbondante divulgazione di dati. In particolare, la comunicazione ai due medici che avevano rilasciato certificati per periodi di assenza diversi, li ha portati a conoscenza di dati della ricorrente e del figlio minore al di fuori dei casi che ognuno di loro aveva singolarmente certificato. Le informazioni contenute nella lettera, inoltre, al contrario di quanto sostenuto dalla società, sono di natura personale e non possono essere considerate dati provenienti da fonti pubbliche conoscibili da chiunque.

Per alcuni profili, poi, essi assumono anche la natura di dati sensibili essendo attinenti allo stato di salute della ricorrente e del figlio. E nel loro complesso, sottolinea il Garante, il trattamento deve rispondere a precisi parametri di pertinenza, non eccedenza e proporzione rispetto alle finalità perseguite, che a loro volta devono essere collegate a specifici obblighi derivanti dalle disposizioni normative o contrattuali. (art.22, commi 1 e 4 della legge 675/96).

La particolare cura che richiede il trattamento di dati sensibili non esclude, ha precisato infine il Garante, che il datore di lavoro, anziché procedere ad una divulgazione scorretta e sovrabbondante di dati, non possa far valere i propri diritti mediante una contestazione diretta all’interessata, oppure con una visita fiscale, o con la denuncia di un ipotetico reato, qualora ritenga di trovarsi di fronte a presunti illeciti.

 

Censimento. I chiarimenti del Garante

Le informazioni raccolte attraverso i moduli per il censimento sono corredate dal nome e cognome degli interessati perché servono anche all’aggiornamento delle anagrafi comunali. L’Istat non potrà però conoscere i dati nominativi. I moduli, poi, potranno essere ritirati solo dai rilevatori o dal personale comunale formalmente incaricato. L’Autorità, comunque, vigilerà sul rispetto della riservatezza dei cittadini nell’ambito del censimento.

Lo ha chiarito il Garante in risposta a quesiti posti da numerosi cittadini e, segnatamente, da un’associazione di consumatori che hanno segnalato alcuni aspetti relativi al 14° censimento generale della popolazione e delle abitazioni attualmente in corso di svolgimento. Al Garante è stato chiesto, in particolare, per quali ragioni i moduli non fossero anonimi e perché essi non venissero consegnati in busta chiusa, in maniera tale da non essere leggibili da chiunque.

Riguardo alla prima questione, l’Autorità ha precisato che, secondo quanto previsto dalle norme che regolano il censimento, i dati forniti con le rilevazioni sono necessari anche per l’aggiornamento e la revisione delle anagrafi. I Comuni effettuano, infatti, tale aggiornamento sulla base delle notizie riguardanti il cognome, il nome, il sesso, il luogo e la data di nascita e il comune di residenza delle persone censite.

L’Istat non potrà, comunque, disporre di queste informazioni (i cosiddetti "dati identificativi diretti") contenute nella prima pagina del modello, che viene staccata dal resto del modulo e rimane presso i Comuni.

Per quanto concerne, poi, le modalità di raccolta dei moduli, l’Autorità ha fatto presente che, in linea generale, essi vengono consegnati ai rilevatori, i quali hanno il compito di dare ausilio ai cittadini nella compilazione dei moduli e sono tenuti alla tutela del segreto statistico e alla riservatezza dei dati. Solo i rilevatori, quindi, o l’eventuale altro personale comunale formalmente incaricato in base a precise istruzioni, possono ritirare i modelli, che vengono poi consegnati direttamente all’ufficio comunale di censimento.

In aggiunta ai numerosi pareri finora forniti all’Istat allo scopo di mantenere alto il livello di tutela della riservatezza dei cittadini nell’ambito del censimento, l’Autorità ha infine reso noto di aver recentemente deliberato un ciclo di ispezioni e controlli volti a verificare il puntuale rispetto delle indicazioni fornite.

 

I Garanti tedeschi: regolamentare le ricerche genetiche

La 62ma Conferenza delle Autorità garanti della protezione dei dati a livello federale e regionale, tenutasi in Germania a Münster dal 24 al 26 ottobre scorsi, ha indicato concretamente al Parlamento ed al Senato federali l’esigenza di regolamentare per legge le ricerche genetiche su materiale umano.

Secondo i Garanti, sono necessarie norme che regolamentino le indagini genetiche per scopi medici, per l’accertamento dell’identità e della discendenza, nei rapporti di lavoro e di natura assicurativa, e per scopi di ricerca. Oltre all’impiego delle "impronte genetiche" per il perseguimento di reati, che è già disciplinato dal Codice di procedura penale, occorre prevedere norme riferite agli impieghi più frequenti delle indagini genetiche. Particolare importanza riveste il diritto degli interessati di essere informati e di decidere autonomamente [il cosiddetto "diritto all’autodeterminazione", n.d.r.].

Le raccomandazioni fondamentali elaborate dai Garanti della protezione dati, che formano l’ossatura di una vera e propria proposta di legge finalizzata a "garantire il principio di autodeterminazione nelle indagini genetiche" (allegata alla Risoluzione stessa), sono le seguenti:

potenziare il diritto all’autodeterminazione prevedendo una riserva fondamentale di consenso rispetto all’effettuazione di indagini genetiche;
garantire informazione e trasparenza nei confronti dell’interessato definendo la portata delle spiegazioni da fornire obbligatoriamente;
garantire qualità e sicurezza dei test genetici riservando questi ultimi al personale medico munito di apposita autorizzazione;
tutelare i nascituri, i minori ed i soggetti incapaci di intendere attraverso la limitazione graduata delle finalità di ricerca consentite;
garantire il diritto di non sapere attraverso opzioni differenziate di scelta e di informazione;
impedire l’effettuazione di test genetici occulti prevedendo che il prelievo sia effettuato direttamente presso uno studio medico o un laboratorio;
impedire l’uso improprio delle informazioni genetiche nei rapporti di lavoro ed in quelli di natura assicurativa attraverso il divieto assoluto di chiedere o di accettare test genetici o le rispettive risultanze;
garantire l’autodeterminazione degli interessati anche nel settore della ricerca, attraverso una riserva fondamentale di consenso rispetto a specifici progetti di ricerca e banche di dati genetici o di prelievi;
assicurare l’esistenza di procedure affidabili di "pseudonimizzazione" rispetto a banche di dati genetici o di prelievi, utilizzando depositari esterni delle chiavi di "pseudonimizzazione";
garantire assistenza agli interessati prevedendo l’obbligo di comunicare, nell’ambito di attività di ricerca, risultati significativi per il singolo soggetto;
potenziare la normativa con l’introduzione di fattispecie penali.
E’ importante rilevare come l’Articolo 1 della proposta di regolamentazione (allegata alla Risoluzione) affermi che "Scopo della presente norma è la tutela della dignità, della personalità e dell’autodeterminazione informativa degli interessati in rapporto a indagini genetiche". Inoltre, in aggiunta a queste disposizioni specifiche riferite alle diverse finalità delle indagini genetiche, la Conferenza dei Garanti chiede l’introduzione nel Codice penale tedesco di una norma penale che vieti i test genetici in assenza di una disposizione di legge autorizzativa o del consenso dell’interessato, valido in linea di principio soltanto a fini di trattamento sanitario o di ricerca.

Con queste proposte i Garanti tedeschi intendono stimolare appropriate iniziative di legge ed un dibattito a livello sociale e politico.

(Per maggiori dettagli si può consultare il sito del Garante federale).