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Trattamento per fini disciplinari dei dati sensibili delle detenute di una Casa circondariale - 1° ottobre 2015 [4429647]

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[doc. web n. 4429647]

Trattamento per fini disciplinari dei dati sensibili delle detenute di una Casa circondariale - 1° ottobre 2015

Registro dei provvedimenti
n. 507 del 1° ottobre 2015

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

ESAMINATA la segnalazione presentata dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, concernente il trattamento di dati personali di alcune detenute presso la Casa circondariale di XY – KW;

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lg. 30 giugno 2003, n. 196);

ESAMINATE le informazioni fornite dalle parti;

VISTA la restante documentazione in atti;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

PREMESSO

Questa Autorità ha ricevuto, in data 17 dicembre 2014, una segnalazione da parte del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, secondo cui nella sezione femminile del carcere di KW di XY, a seguito della morte di una detenuta per assunzione di una overdose di sostanze stupefacenti, erano state effettuate analisi cliniche su tutte le altre detenute per verificare l´uso di tali sostanze ed i risultati, con l´indicazione del nome della persona cui si riferivano, erano trasmessi dalla locale ASL alla Direzione del carcere, che li utilizzava per comminare sanzioni disciplinari. Ciò benché il predetto Garante avesse scritto al medico responsabile della struttura sanitaria per chiedere che tali dati non fossero utilizzati in violazione dei diritti alla protezione dei dati personali delle detenute e che fossero comunicati alla Direzione del carcere solo in forma anonima, per approfondire a fini preventivi la conoscenza sull´uso di sostanze all´interno del carcere.

Questa Autorità, pertanto, procedeva all´accertamento, nell´ambito delle proprie competenze,  del rispetto dei diritti delle detenute da parte dei soggetti pubblici che avevano effettuato gli accertamenti biologici nei loro confronti.

In particolare, con nota in data 19 dicembre 2014 questa Autorità chiedeva all´Amministrazione penitenziaria ed alla Asl XX di XY in base a quali disposizioni era stato effettuato il trattamento in argomento, nonché ogni altra deduzione ritenuta utile ai fini della valutazione della segnalazione.

Il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell´Amministrazione penitenziaria, Casa circondariale di KW, con nota datata 12 gennaio 2015 a firma del Direttore del penitenziario, forniva il riscontro richiesto, rappresentando che:

"A seguito dell´introduzione fraudolenta presso la sezione femminile della Casa Circondariale di XY KW di sostanze stupefacenti, questa direzione ha dovuto fronteggiare, con carattere di assoluta urgenza, una situazione che poteva condurre a conseguenze gravissime, come avvenuto con la morte di una detenuta per overdose ed il ricovero di un´altra in rianimazione.Tale situazione poteva essere fronteggiata esclusivamente individuando gli utilizzatori della sostanza stupefacente che, probabilmente per eccessiva purezza o ‘taglio´ inadeguato, aveva provocato la morte dì una detenuta. La positività ‘generica´ di alcune detenute alle analisi, senza alcun riferimento alle persone, non avrebbe consentito di indirizzare le dovute indagini di Polizia Giudiziaria, finalizzate a sequestrare eventuali ulteriori quantità di sostanze ed individuare le possibili modalità con le quali sono state introdotte all´interno della struttura. La successiva sottoposizione delle detenute positive alla sanzione deriva dall´evidente violazione, da parte delle stesse, di una delle fattispecie disciplinari previste dall´art. 77 del D.P.R. 230/00. Si evidenzia, comunque, che la sottoposizione alle analisi mediche era assolutamente volontaria, con possibilità di rifiutarsi di sottoporsi alle analisi. In conclusione, quanto attuato da questa Direzione´ appare conforme al dettato normativo in materia penitenziaria (L. 354/5 e D.P.R. 230/00), nonché in relazione a quanto previsto dal Decreto n. 306 del 12.12.2006, in particolare rispetto all´art. 67 del D. Lvo 196/03 ‘Attività di controllo e ispettive´ che sembrerebbe legittimare quanto operato.".

Dal tenore del predetto riscontro pareva evincersi che il trattamento dei dati personali in argomento fosse stato effettuato non già nell´ambito di attività di indagine di Polizia Giudiziaria, bensì allo scopo di "indirizzare" tali eventuali attività, sicché, la disciplina dei trattamenti in oggetto era costituita dalla normativa relativa ai compiti ed alle funzioni dell´Amministrazione carceraria e, per quanto riguarda l´aspetto della protezione dei dati personali, dall´art. 13 del d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali (d´ora in avanti, per brevità: "Codice"), che stabilisce l´obbligo di fornire all´interessato una informativa, orale o scritta, in ordine alle caratteristiche del trattamento dei suoi dati, compresa l´indicazione della natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei propri dati (punto b del comma 1 dell´art. 13).

Pertanto il Garante, nel rinnovare nei confronti della ASL la richiesta di informazioni formulata il 19 dicembre 2014 – rimasta priva di riscontro - chiedeva alle predette Amministrazioni sia di specificare se prima del prelievo di sangue le detenute fossero state informate del carattere facoltativo del trattamento, sia il contenuto di tale informativa.

Visto il perdurante silenzio della Asl XX di XY, il Garante formulava nei suoi confronti una formale richiesta di informazioni ex art. 157 del Codice, ammonendo che nel caso in cui non fossero state fornite le informazioni specificate nella nota precedentemente inviata, il responsabile era passibile della sanzione pecuniaria prevista dall´art. 164 del Codice, salvo ogni ulteriore conseguenza di legge.

Con nota datata 25 marzo 2015 il Direttore generale della Asl XX di XY forniva il riscontro richiesto, rappresentando che, conformemente alla relazione del Responsabile sanitario del Presidio CC di KW, dr. YY, parimenti allegata, "non si è trattato di azione sanitaria, ma di azione ‘ausiliaria´ a funzione di Polizia Giudiziaria per indagine specifica. Il Personale infermieristico è stato comandato - solamente - ad inserire e, successivamente, ad estrarre i dati all´interno del programma informatizzato di accettazione di campioni biologici del Laboratorio analisi dell´Azienda Sanitaria di XY, preposto alla ricerca di cataboliti urinari di sostanze stupefacenti.".

Il dottor YY, nell´allegata relazione, precisava, inoltre, di essersi limitato "a fornire solo il personale  infermieristico per provvedere a registrare nel programma del laboratorio analisi aziendale i campioni urinari prelevati dal personale di Polizia Penitenziaria individuato dalla Direzione. La dottoressa ZZ ci garantì che alla richiesta verbale, dettata dal momento di emergenza e dall´ora, sarebbe seguita, successivamente, una richiesta formale. Il giorno 29 Ottobre abbiamo provveduto a inserire nel programma di accettazione dei campioni biologici i nominativi delle detenute che avevano aderito volontariamente alla richiesta della Direzione del NCP KW, a sottoporsi all´analisi di campione per ricerca di urinari. Le detenute aderenti avevano dato l´assenso firmando l´apposito  modulo predisposto a tale scopo dalla Direzione di Istituto e consegnato dal personale di Polizia Penitenziaria. Il personale di Polizia Penitenziaria ha provveduto personalmente alla  acquisizione del consenso, al prelievo ed al controllo dei campioni urinari, consegnandoli successivamente al personale infermieristico.".

Sulla base dei nuovi elementi forniti dalla Asl XX di XY, il Garante formulava nei confronti della Direzione della Casa circondariale di XY–KW – che nel frattempo non aveva fornito alcun riscontro alla richiesta di informazioni del 19 dicembre 2014 - una formale richiesta di informazioni ex art. 157 del Codice, chiedendo di:

• precisare se il prelievo delle urine delle detenute fu effettuato nell´ambito di una attività giudiziaria, ovvero nell´ambito di attività amministrativa di competenza dei responsabili dell´Istituto di pena;

•  fornire copia del modulo per la raccolta del consenso sottoposto dal personale della Polizia penitenziaria alle detenute la cui urina fu prelevata per le analisi in argomento, oscurando il nominativo delle detenute stesse;

• precisare se il consenso al trattamento fu fornito da tutte le detenute ad esso sottoposte.

Con nota in data 12 maggio 2015 il Direttore della predetta Casa circondariale forniva il riscontro richiesto, rappresentando che "il prelievo delle urine fu effettuato in data 29 ottobre 2014 a seguito di formale richiesta rivolta all´A. G. titolare dell´indagine e si allega ad ogni buon fine copia della informativa redatta dal Comandante del reparto. Successivamente con nota del 05.11.2014 prot. KK fu data comunicazione alla medesima A. G. dell´esito degli esami.", e che era stato richiesto e ricevuto il consenso al trattamento da tutte le 66 detenute alle quali la richiesta è stata somministrata.

Il direttore della Casa circondariale inviava altresì, come richiesto, copia del modulo utilizzato per l´informativa e l´acquisizione del consenso delle detenute sottoposte al prelievo delle urine, debitamente anonimizzato.

Alla luce dei documenti e delle dichiarazioni acquisite sopra ricordate, risulterebbe acquisito che il prelievo delle urine delle detenute e le successive analisi cliniche fu effettuato per lo svolgimento di attività di Polizia giudiziaria, di cui agli articoli 47 e segg. del Codice, e che le detenute assoggettate al prelievo furono informate in ordine allo scopo dello stesso e fornirono il loro consenso.

Tuttavia, esaminando il contenuto della informativa, si evince che le detenute furono informate unicamente delle finalità del prelievo attinenti ad attività di Polizia giudiziaria e non già della utilizzabilità dei risultati del medesimo al fine di comminare sanzioni disciplinari da parte dell´Amministrazione carceraria.

Infatti, nella predetta informativa è specificato: "L´anno 2014, addì 29, del mese di ottobre, alle ore 12,10, nell´ufficio del coordinatore del reparto femminile, il sottoscritto xxxxxx, su delega dell´A.D., da atto della presenza della detenuta in oggetto, la quale, dopo essere stata informata che questa P.G. ha motivo di ritenere che la medesima possa aver fatto uso di sostanze stupefacenti, viene invitata a fornire il proprio assenso ad eseguire le analisi delle proprie urine finalizzate alla ricerca di sostanze da abuso" (sottolineature aggiunte). Nella informativa, pertanto, non v´è alcun riferimento all´utilizzo per finalità disciplinari dei dati acquisiti.

Pertanto, il Garante,  ai sensi degli artt. 14, comma 2 e 11, comma 3 del Regolamento del Garante n. 1/2007 (reperibile sul sito dell´Autorità www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1477480), comunicava al Ministero della Giustizia, Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziaria, Casa circondariale di XY – KW, al Direttore dell´Asl XX di XY ed al Garante per i diritti dei detenuti, dell´avvio del procedimento amministrativo funzionale all´adozione di un provvedimento del Collegio del Garante.

I prefati erano avvisati della facoltà, sensi del citato Regolamento n. 1/2007, di prendere visione degli atti del procedimento, depositare memorie e documenti e chiedere di essere sentiti, entro la data del 27 luglio 2015.

Nessuna delle parti nel termine indicato, ha prodotto documentazione aggiuntiva, né ha richiesto audizione.

OSSERVA

Occorre, innanzitutto, premettere che "a fronte del potere dell´amministrazione, fondato sulle ragioni di sicurezza inerenti alla vita carceraria, e pur non opponendovisi un diritto di libertà personale, già compresso dallo stato di detenzione, stanno in ogni caso precisi ed inviolabili diritti della personalità spettanti al detenuto; e le misure di attuazione del regime carcerario devono essere in ogni caso rispettose dei diritti del detenuto" (Corte costituzionale sentenza n. 351 del 1996).

Dalla documentazione acquisita agli atti e dalle dichiarazioni scritte delle parti risulta accertato che il prelievo delle urine delle detenute fu effettuato nell´ambito dello svolgimento di attività di Polizia giudiziaria, in riferimento alle quali le detenute furono informate e fornirono il loro assenso, ma che poi furono comminate sanzioni disciplinari da parte dell´Amministrazione carceraria, finalità rispetto alla quale le detenute non ricevettero alcuna informativa.

Orbene, l´art. 13 del Codice, applicabile ai trattamenti effettuati sia da soggetti pubblici che privati, stabilisce l´obbligo di fornire all´interessato una informativa, orale o scritta, in ordine alle caratteristiche del trattamento dei suoi dati, compresa l´indicazione della natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei propri dati e le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere.

I dati personali delle detenute oggetto di trattamento consistono in dati sensibili, ossia dati idonei a rivelare lo stato di salute dell´interessato (art. 4, comma 1, lett. d).

Le fonti normative che prevedono l´irrogazione di sanzioni disciplinari a carico delle persone detenute sono costituite dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, recante Norme sull´ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà (artt. 38 e segg.) e dal d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230, Regolamento recante norme sull´ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà (artt. 77 e segg.).

Tuttavia, tali fonti non specificano i tipi di dati sensibili e le operazioni di trattamento eseguibili nell´ambito dei procedimenti disciplinari.

L´art. 20, comma 2, del Codice prevede che "nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei principi di cui all´ articolo 22, con atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell´ articolo 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.".

Ebbene, il regolamento di cui al decreto del Ministero della Giustizia 12 dicembre 2006, n. 306  (recante la disciplina del trattamento dei dati sensibili e giudiziari da parte del Ministero della giustizia, adottato ai sensi degli articoli 20 e 21 del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), prevede (allegato n. 8) il trattamento dei dati sensibili nell´ambito delle procedure e sanzioni disciplinari unicamente in riferimento alla "gestione del personale".

Il trattamento dei dati sensibili dei detenuti è invece previsto, senza menzione di sanzioni disciplinari, nell´ambito dell´attività di assistenza sanitaria nei confronti dei soggetti detenuti (allegato n. 10), con riferimento  anche all´art. 86 del Codice privacy, che riguarda (tra l´altro) le attività amministrative correlate all´applicazione della disciplina in materia di stupefacenti, con particolare riferimento a quelle svolte al fine di assicurare, anche avvalendosi di enti ed associazioni senza fine di lucro, i servizi pubblici necessari per l´assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, gli interventi anche di tipo preventivo previsti dalle leggi e l´applicazione delle misure amministrative previste.

Alla luce degli elementi istruttori e della documentazione sopra indicata, deve pertanto ritenersi che l´utilizzo a fini disciplinari dei dati sensibili delle detenute della Casa circondariale di XY–KW effettuato dall´Amministrazione penitenziaria non risulta conforme alla disciplina relativa al trattamento dei dati personali, sia in quanto non è stata fornita alle interessate alcuna informativa a riguardo, come prescrive l´art. 13 del Codice, sia per la mancata previsione di tale tipo di trattamento di dati sensibili nelle fonti di riferimento, ai sensi di quanto prescrive l´art. 20, comma 2, del Codice e sia perché  neppure risulta agli atti l´autorizzazione dell´autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 116 e segg. c.p.p., da considerare con riferimento all´art. 11 del Codice.

L´Autorità si riserva di verificare, con autonomo procedimento, la sussistenza di violazioni amministrative in capo al titolare del trattamento.

Si avverte che, ai sensi dell´art. 162 del Codice, in caso di inosservanza dei provvedimenti di prescrizione di misure necessarie o di divieto di cui, rispettivamente, all´articolo 154, comma 1, lettere c) e d), è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE

1. dichiara illecito, nei termini di cui in motivazione, il trattamento per fini disciplinari dei dati sensibili (referti di analisi sui campioni biologici) delle detenute della Casa circondariale di XY–KW effettuato dal Ministero della Giustizia, Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziaria, Casa circondariale di XY;

2. dispone, ai sensi degli artt. 143, lett. c)  e 154, comma 1, lett. d),  del Codice in materia di protezione dei dati personali, il divieto di ogni eventuale ulteriore trattamento per finalità disciplinari dei campioni biologici prelevate dalle detenute (urine) e dei relativi referti di analisi da parte del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell´Amministrazione Penitenziaria, Casa circondariale di XY, finalizzati all´irrogazione di sanzioni disciplinari a carico delle detenute.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´Autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso.

Roma, 1° ottobre 2015

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia