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Ordinanza ingiunzione - 4 aprile 2019 [9117119]

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[doc. web n. 9117119]

Ordinanza ingiunzione - 4 aprile 2019

Registro dei provvedimenti
n. 100 del 4 aprile 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti, e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO l’art. 1, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689, ai sensi del quale le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati;

VISTO il D.lgs. 196/2003 recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” (d’ora innanzi “Codice”);

RILEVATO che il Dipartimento Libertà Pubbliche e Sanità di questa Autorità ha esaminato una segnalazione presentata in data 22 novembre 2016 con la quale è stata lamentata una presunta violazione del Codice in relazione alle modalità di acquisizione di un documento – contenente dati personali del segnalante - prodotto nell’ambito di un contenzioso  - da tale controparte in data 14 settembre 2016. In particolare, il suddetto documento (D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009), già oggetto di istanza di accesso agli atti presentata al Comune di Rutigliano (di seguito il “Comune) dalla citata controparte del segnalante, è stato fornito a quest’ultima -  successivamente alla risposta di diniego di accesso da parte del Comune - dal consigliere comunale XX (d’ora in avanti il “consigliere”);

VISTA la nota prot. n. 17377 del 15 maggio 2017 del Dipartimento Libertà Pubbliche e Sanità di questa Autorità, con la quale il consigliere è stato invitato a fornire ogni informazione utile agli accertamenti e alla valutazione del caso; in particolare, è stato richiesto al consigliere, se la sopra citata D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009, richiesta al Comune dal consigliere con nota n. 7119 del 21 aprile 2015 e acquisita da quest’ultimo ai sensi dell’art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in considerazione delle funzioni di consigliere comunale, fosse stata o meno comunicata a terzi;

PRESO ATTO del riscontro datato 28 giugno 2017 con il quale il consigliere ha dichiarato che “il sottoscritto non ha comunicato a terzi il documento protocollo n. 7119 del 21 aprile 2015” riferendosi, con ciò, alla sua nota di richiesta al Comune della D.I.A. riguardante il segnalante;

VISTA la nota prot. n. 32630 del 13 ottobre 2017 con la quale il sopra citato Dipartimento Libertà Pubbliche e Sanità, in considerazione della risposta fornita, ha nuovamente richiesto al consigliere, fra altro, “ (…) se la documentazione acquisita a seguito della richiesta del 21.4.2015 (prot. n. 7119), cioè la pratica D.I.A. n. 275/09 del 20.10.2009, contenente i dati personali del (…) (segnalante), sia stata o meno consegnata a terzi (…)”;

CONSIDERATO che la sopra indicata nota del 13 ottobre 2017, regolarmente notificata nella medesima data tramite posta certificata, il cui avviso di ricevimento è conservato agli atti del fascicolo, non ha avuto alcun riscontro;

VISTA la successiva richiesta di informazioni prot. n. 2509 del 24 gennaio 2018, formulata dal Segretario generale di questa Autorità ai sensi dell'articolo 157 del Codice, con cui si è rinnovato l'invito al consigliere di dare riscontro - entro e non oltre il 12 febbraio 2018 - alle richieste formulate dal segnalante e già avanzate dal Garante, ricordando che, in caso di inottemperanza all'invito, sarebbe stata applicata la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'articolo 164 del Codice;

CONSIDERATO che la suddetta richiesta è stata regolarmente notificata in data 24 gennaio 2018, tramite posta certificata, il cui avviso di ricevimento è conservato agli atti del fascicolo; 

PRESO ATTO del riscontro datato 27 febbraio 2018 con il quale il consigliere ha dichiarato, fra altro, che “ (…) con la mia precedente nota del 15 maggio 2017, con la quale ho comunicato di “non aver comunicato a terzi il documento protocollo numero 7119 del 21 aprile 2015” intendevo dire che non ho comunicato il documento de quo a terzi, che non sia la legittima richiedente (…)”, intendendo, per quest’ultima, la controparte del segnalante richiedente l’accesso agli atti, relativi alla menzionata D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009, negato dal Comune;

VISTA la nota prot. n. 14703 del 17 maggio 2018 con la quale il Dipartimento Libertà Pubbliche e Sanità, nel definire il procedimento le cui motivazioni si intendono integralmente richiamate, alla luce dell'istruttoria svolta, non ha ravvisato i presupposti che legittimassero il consigliere a comunicare a terzi e, in tal caso alla controparte del segnalante, la documentazione concernente la D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009 contenente dati personali del segnalante stesso e ha, pertanto, accertato che tale comunicazione è stata effettuata in violazione degli articoli 11, comma 1, lett. a) e b) e 19, comma 3, del Codice. Ciò, in quanto “ (…) i consiglieri comunali e provinciali hanno il “diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune della provincia, nonché delle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato” (art. 43, d.lgs. n. 267/2000) (…) Resta, pertanto, ferma la necessità che i dati personali così acquisiti siano utilizzati effettivamente per le sole finalità realmente pertinenti al mandato (…)”. “(…) Con riferimento, invece, all'utilizzo di tale documentazione (D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009) per le sole finalità pertinenti al mandato, si rileva che la comunicazione di tale documentazione alla (…) (controparte giudiziale del segnalante) non può ritenersi ascrivibile alle finalità previste dalla disposizione sopra citata. La normativa in materia di accesso ai documenti amministrativi, in caso di diniego espresso o tacito, individua specifici strumenti di tutela che l'istante può esercitare avanti alle autorità competenti; (il consigliere) si è sostituito all'Amministrazione provvedendo a rilasciare alla (…) (controparte del segnalante) la documentazione acquisita ai sensi dell'art. 43 del d.lgs. 267/1990 (…)”. Tuttavia, pur a fronte della condotta illecita posta in essere, il Dipartimento sopra citato non ha ravvisato gli estremi per promuovere l'adozione di un provvedimento prescrittivo o inibitorio del Collegio, ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera d e 13, comma 4, del regolamento interno n. 1/2007 del 14 dicembre 2007 (doc. web n. 1477480 rintracciabile in www.gpdp.it ), in considerazione del fatto che tale condotta aveva, allo stato, esaurito i suoi effetti. A chiusura della nota il suddetto Dipartimento ha comunicato al consigliere che l’Autorità si sarebbe riservata di verificare, con autonomo procedimento, la sussistenza dei presupposti per contestare la violazione amministrativa prevista dall’art. 162, comma 2 bis, del Codice, per violazione degli artt. 11, comma 1, lett. a) e b), e 19, comma 3, del Codice;

VISTA la nota prot. n. 0014862 del 17 maggio 2018 con cui il citato Dipartimento ha trasmesso gli atti al Dipartimento Attività Ispettive, affinché valutasse i presupposti per l'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'articolo 162, comma 2-bis, del Codice in relazione all’avvenuta comunicazione, da parte del consigliere, di documentazione contenente dati personali del segnalante in assenza dei presupposti normativi legittimanti e, quindi, nell’inosservanza degli artt. 11, comma 1, lett. a) e b), e 19, comma 3, del Codice;

VISTO l’atto prot. n. 18957/113348 del 22 giugno 2018 con cui il Garante ha contestato a XX, quale titolare del trattamento, la violazione amministrativa prevista dall’art. 162, comma 2-bis, del Codice, che punisce la violazione delle disposizioni indicate nell’art. 167 e, in tal caso, la violazione dell’art. 19, comma 3, per aver effettuato un trattamento illecito di dati personali consistente, nello specifico, nella comunicazione di documentazione (D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009) contenente dati personali del segnalante e acquisita in qualità di consigliere comunale, alla controparte giudiziale di tale segnalante in assenza dei presupposti normativi legittimanti;

RILEVATO che dal rapporto amministrativo prot. n. 30832/113348 del 18 ottobre 2018, predisposto dall’Ufficio del Garante ai sensi dell’art. 17 della legge 24 novembre 1981 n. 689, non risulta effettuato il pagamento in misura ridotta;

VISTO lo scritto difensivo datato 1 agosto 2018, formulato ai sensi dell’art. 18 della legge n.689/1981 con riferimento all’atto di contestazione sopra citato prot. n. 18957/113348 del 22 giugno 2018, con il quale il consigliere ha richiesto l’archiviazione del procedimento sanzionatorio, avviato nei suoi confronti, evidenziando che “ (…) costituisce un obbligo del consigliere comunale qualora venga a conoscenza di un reato perseguibile d'ufficio ai sensi dell'articolo 331 c.p.p. informare la competente autorità giudiziaria. Pertanto, in virtù del obbligo sancito dal 331 c.p.p., prive di qualsiasi fondamento sono le doglianze avanzate (…) (dal segnalante)”.

E ancora che “ (…) i titoli edilizi non sono coperti da privacy (…)” e che “quando il vicino ha un interesse concreto, personale, ed attuale, ad accedere ai permessi edilizi (…) i titoli  edilizi  sono atti pubblici. Non c'è privacy che tenga quando sussiste interesse concreto personale di attuale ad accedere alle autorizzazioni amministrative sui permessi edilizi. La giurisprudenza in subiecta materia ha sposato una linea di massima trasparenza in materia urbanistica, infatti la legge sul procedimento amministrativo (…) che indica i casi e le modalità di esclusione dal diritto di accesso, dispone espressamente che deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Non si può opporre alcun diritto alla privacy perché tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto.

Il rapporto di vicinato, poi, costituisce di per sé già un legittimo interesse concreto ed attuale, tale da giustificare l'accesso agli atti amministrativi della pratica del proprio proprietario adiacente.

Pertanto (la controparte giudiziale del segnalante che si è vista negare l’accesso agli atti dal parte del Comune e che ha, successivamente, ottenuto tale documento dal consigliere) aveva e ha un interesse legittimo a tutelare le sue situazioni giuridiche ed economiche (…)”; 

RITENUTO che le argomentazioni addotte, rivolte a dimostrare l’infondatezza di quanto contestato non risultano idonee a determinare l’archiviazione del procedimento sanzionatorio. Infatti, anzitutto, con riguardo al fatto che i “titoli edilizi non sono coperti da privacy” e sono “atti pubblici”, si ribadisce quanto già rappresentato nella nota sopracitata prot. n. 14703 del 17 maggio 2018 del Dipartimento Libertà Pubbliche e Sanità di questa Autorità, per cui “ (…) il d.lgs. n. 97/2016 ha abrogato l’art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013, che prevedeva l’obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni di pubblicare sul sito web istituzionale gli elenchi dei provvedimenti adottati, con particolare riferimento “ai provvedimenti finali dei procedimenti di:  a) autorizzazione o concessione»,  ai quali,  secondo  l´orientamento  adottato  dall´ANAC  dovevano ritenersi equiparati anche la DIA e la SCIA (Orientamento n. 11 del 21/5/2014, in https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/ArchivioStorico/Orientamenti/Orientamenti/_orientamento?id=e155116a0a7780422a6899a8fa56d3f9). Si rileva che, in ogni caso, anche nel previgente testo normativo non era previsto l´obbligo di pubblicazione online dei "provvedimenti integrali", ma solo di una «scheda sintetica» degli elementi previsti dalla disposizione, ossia «il contenuto, l´oggetto, la eventuale spesa prevista e gli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento» (art. 23, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013, abrogato), senza specifici riferimenti alla pubblicazione di dati personali ivi contenuti”.

Quanto, poi, agli argomenti relativi alla legittimazione all’esercizio del diritto di accesso e alla prospettata ricorrenza, in capo alla controparte giudiziale del segnalante, dei requisiti ed elementi necessari per vedersi accolta la domanda di accesso agli atti presentata al Comune, nonché alla conseguente supposta illegittimità del diniego di accesso alla D.I.A. n. 275/09 del 20 ottobre 2009 espresso da quest’ultimo, si rappresenta che tali argomenti non possono certo costituire presupposti legittimanti la comunicazione a terzi di tale D.I.A. da parte di altro organo (in tal caso il consigliere) o ente amministrativo, diversi da quello competente a pronunciarsi sulla richiesta di accesso quale, nella vicenda in questione, il Comune.

Ciò, vale anche con riguardo alla sopra prospettata ricorrenza, nella vicenda in questione, dell’ipotesi di reato di falso: ai sensi dell’art. 331 c.p.p., il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, i quali vengano a conoscenza “di un reato perseguibile d'ufficio” hanno, sì, l’obbligo di denunciare tale reato, ma unicamente all’Autorità giudiziaria, non fornendo informazioni a riguardo ad alcun altro soggetto, abbia o meno, quest’ultimo, un interesse nella vicenda illecita.

VISTO l’art. 162, comma 2-bis, del Codice che punisce la violazione delle disposizioni indicate nell’art. 167 del medesimo Codice, tra cui l’art. 19, comma 3, del medesimo Codice con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro;

CONSIDERATO che, ai fini della determinazione dell’ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto, ai sensi dell’art. 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689, dell’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, della gravità della violazione, della personalità e delle condizioni economiche del contravventore;

RITENUTO che ricorrono le condizioni per applicare l’art. 164-bis, comma 1, del Codice che prevede che, se taluna delle violazioni di cui agli artt. 161, 162, 162-ter, 163 e 164, è di minore gravità, i limiti minimi e massimi sono applicabili in misura pari a due quinti;

RITENUTO, quindi, in ragione dei suddetti elementi valutati nel loro complesso di dover determinare, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 689/1981, l’ammontare della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 162, comma 2-bis del Codice, nella misura minima di euro 10.000,00 (diecimila) per la violazione dell’art. 19, comma 3, del medesimo Codice, ridotta dei due quinti, secondo quanto previsto dall’art. 164-bis, comma 1, del Codice per la ricorrenza del requisito della minore gravità, per un importo pari a euro 4.000,00 (quattromila); 

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000, adottato con deliberazione del 28 giugno 2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

ORDINA

a XX, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, la somma euro 10.000,00 (diecimila) prevista dall’art. 162, comma 2-bis del Codice, ridotta dei due quinti, secondo quanto previsto dall’art. 164-bis, comma 1, del Codice medesimo, per un importo pari a euro 4.000,00 (quattromila), per la violazione dell’art. 19, comma 3, del Codice per aver comunicato a terzi, in qualità di consigliere comunale, in assenza di idonei presupposti di legge, documentazione contenente dati personali del segnalante; 

INGIUNGE

al medesimo di pagare la somma di euro 4.000,00 (quattromila) secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 4 aprile 2019

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia