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Provvedimento del 2 luglio 2020 [9445898]

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[doc. web n. 9445898]

Provvedimento del 2 luglio 2020

Registro dei provvedimenti
n. 127 del 2 luglio 2020

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il dott. Antonello Soro, presidente, la prof.ssa Licia Califano e la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti ed il dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 19 novembre 2019 con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli contenenti notizie relative ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto ed in relazione alla quale è stato condannato in primo grado a due anni di reclusione;

CONSIDERATO che l'interessato ha, in particolare, lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità in rete di informazioni riguardanti la condanna subita rappresentando che:

essa risulta assistita dal beneficio della sospensione condizionale della pena, oltreché da quello della non menzione nel casellario giudiziale;

la sentenza di primo grado “è frutto di un travisamento dei fatti che ha indotto in errore il giudice penale come [verrà] dimostrato” nel corso del giudizio di appello proposto;

VISTA la nota del 12 dicembre 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 7 gennaio 2020 con la quale Google LLC ha comunicato di non poter aderire alle richieste dell’interessato in quanto:

i contenuti contestati risultano pubblicati in epoca recente e si riferiscono ad un reato che sarebbe stato commesso dal medesimo nell’esercizio del ruolo ricoperto all’interno di una pubblica amministrazione, per il quale il medesimo è stato condannato nel XX a due anni di reclusione ed in relazione al quale è tuttora pendente il giudizio di appello;

contrariamente a quanto affermato dal reclamante, nel dispositivo della sentenza depositata unitamente all’atto di reclamo non risultano indicazioni in ordine alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale;

VISTA la nota del 13 gennaio 2020 con la quale l’interessato ha ribadito le proprie richieste nei confronti di Google rilevando che:

la dichiarazione resa nell’atto di reclamo in ordine alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale deve ritenersi come non apposta in quanto frutto di un errore;

tale circostanza è da ritenersi in ogni caso irrilevante tenuto conto dei limiti comunque imposti dall’art, 10 del Regolamento europeo con riguardo al trattamento di dati giudiziari che deve avvenire sotto il controllo di un’autorità pubblica, previsione che risulta incompatibile con la diffusione generalizzata di tali dati operata da un soggetto privato quale Google;

il danno causato alla propria reputazione personale e professionale dalla disponibilità di tali informazioni risulta amplificato dall’erronea valutazione dei fatti condotta dal giudice di primo grado – come sarà dimostrato in appello – essendogli stati addebitati fatti risalenti al XX quando l’incarico all’interno dell’ente presso il quale era incardinato in qualità di XX è stato assunto nel XX;

non riveste più alcun ruolo pubblico avendo prestato la propria attività all’interno della XX fino al giugno del XX e presso quella di XX sino al febbraio del XX;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO che:

la vicenda giudiziaria descritta negli articoli collegati agli URL dei quali è chiesta la rimozione riguarda la contestazione di condotte che sarebbero state poste in essere dall’interessato nello svolgimento delle sue funzioni pubbliche – ricoperte fino al giugno del XX presso la XX e successivamente, fino al febbraio del XX presso la XX – ed in ordine alle quali è stata pronunciata una sentenza di condanna nel giugno del XX che, come rettificato dal reclamante nel corso del procedimento, non è assistita dal beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale;

in considerazione di tali profili e tenuto conto del fatto che l’Autorità, ai fini della propria decisione, non può entrare nel merito, come invocato dal reclamante, della ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice di primo grado e posti dal medesimo a base della sentenza di condanna, si ritiene tuttora sussistente l’interesse della collettività a conoscere della vicenda che ha coinvolto il medesimo e riguardo alla quale risulta attualmente pendente il giudizio di appello;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 2 luglio 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia