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Parere su istanza di accesso civico - 23 aprile 2021 [9592150]

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[doc. web n. 9592150]

Parere su istanza di accesso civico - 23 aprile 2021

Registro dei provvedimenti
n. 158 del 23 aprile 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Comune di Milano presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Nel luglio 2019 le squadre A.C. Milan S.p.a. e F.C. Internazionale S.p.a. hanno presentato, congiuntamente al Comune di Milano, in qualità di promotori già concessionari e utilizzatori dello Stadio “Giuseppe Meazza”, ai sensi della normativa di riferimento, proposta per la realizzazione del nuovo stadio. Tale proposta – come risulta dagli atti istruttoria – «mirava non solo all’abbattimento dello stadio Meazza ed alla costruzione di un nuovo stadio ma anche ad una serie di altre costruzioni: tre grattacieli, centro commerciale, cinema, centri congressi, hotel […]».

Sempre dagli atti istruttori trasmessi dal RPCT, si evince che, a seguito di un’inchiesta giornalistica trasmessa televisivamente a fine novembre 2020 circa il progetto del nuovo stadio, è emerso che «risultava di fatto sconosciuto l’assetto proprietario di uno degli attori principali del progetto, cioè la società Ac Milan» e che «Su tale questione il Comune di Milano sosteneva la non applicabilità della normativa di riferimento anti-corruzione alla P.A. e dunque si riteneva esonerato dal compiere tutte le opportune verifiche in merito alla dichiarazione resa ed in merito al c.d. “titolare effettivo”».

L’Associazione identificata in atti ha pertanto presentato una richiesta di accesso civico al Comune di Milano – ai sensi dell’art. 5 comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – avente a oggetto:

1. «il parere reso dal Comitato antimafia del Comune relativo alla questione inerente il progetto dello Stadio San Siro, il cui contenuto è stato anticipato nella seduta della Commissione antimafia del 1/12/2020»;

2. «le lettere/comunicazioni/istanze/richieste di parere e/o di intervento eventualmente inviate dall’Amministrazione comunale ad ANAC – con particolare riferimento agli adempimenti previsti dalla normativa antiriciclaggio a carico delle p.a. relativi al nuovo progetto dello Stadio San Siro»;

3. «la corrispondenza e gli atti posti in essere dal Comune, a seguito del parere del Comitato e dell’inchiesta giornalistica di Report sulle squadre Inter e Milan e sul progetto del nuovo stadio San Siro».

L’amministrazione ha accordato un accesso parziale rilasciando copia dei documenti di cui ai precedenti punti nn. 1 e 2, fornendo copia: della richiesta di parere avanzata dal Comune di Milano all’ANAC sulla possibilità di introdurre l’obbligo per gli enti privati di dichiarare il c.d. titolare effettivo; del parere reso dall’ANAC in riscontro alla predetta richiesta; del parere del Comitato Antimafia del Comune di Milano in ordine al potere-dovere dell’Amministrazione Comunale di identificare il titolare effettivo e del successivo parere integrativo.

È stato, invece, rifiutato l’accesso agli ulteriori atti richiesti fra cui rientrerebbero, secondo quanto riportato nella nota di riscontro dell’amministrazione, «integrazioni documentali richieste dal Comune, quali la dichiarazione dei requisiti e i dati sui titolari effettivi delle Squadre calcistiche Milan ed Inter», rappresentando, fra l’altro, che:

- «i documenti oggetto di istanza d’accesso contengono copiosi dati personali tanto delle società quanto dei rappresentanti legali, cd. titolari effettivi»;

«I documenti rilasciati a seguito dell’accoglimento [della] richiesta [di accesso civico], a differenza di quelli oggetto di un’istanza d’accesso ex lege n. 241/1990, diverrebbero pubblici e chiunque avrebbe diritto di conoscerli e riutilizzarli»; «portare a conoscenza della collettività i dati personali dei titolari effettivi condurrebbe ad un’esposizione gravosa e pregiudizievole delle persone fisiche coinvolte; tale pregiudizio si concretizzerebbe tanto più se si considera che i dati personali forniti dalle società sono adeguati, pertinenti e limitati alle finalità per i quali sono stati forniti (proposta di project financing) e possono essere trattati solo con riferimento al procedimento in itinere indirizzato all’approvazione del progetto di realizzazione del nuovo Stadio e all’inserimento dello stesso negli strumenti di programmazione del Comune di Milano»;

- «In siffatto contesto, l’ostensione esulerebbe dalle finalità – autorizzate dalle squadre – del trattamento dei dati personali, provocando una sproporzionata ed ingiustificata interferenza dei diritti e delle libertà delle persone cui si riferiscono»;
- «tra i dati personali sono annoverati anche i dati giudiziari, ossia quelle informazioni idonee a rivelare provvedimenti in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reati e di carichi pendenti: tali informazioni sono contenute, in uno dei due documenti richiesti, ossia nella dichiarazione sui requisiti di partecipazione; la sua ostensione permetterebbe, sempre alla collettività, di conoscere eventuali contenziosi pendenti e i relativi stadi dei giudizi a carico dei rappresentanti delle due Società calcistiche»;

- «tra i dati riservati e sensibili contenuti nelle risposte sussistono anche [dat]i economici (vedasi Piano economico Finanziario allegato al progetto di fattibilità); la diffusione generalizzata di tali dati condurrebbe alla violazione della par condicio nella eventuale fase di indizione di una procedura ad evidenza pubblica»;

- «a parere di questa amministrazione, quanto all’interesse e alla posizione dell’istante, non pare desumibile una “necessità” di conoscere dette informazioni; trattasi di notizie attinenti la sfera personale dei rappresentanti delle società, dati che non apporterebbero alcuna utilità, e in termini di controllo dell’operato dell’amministrazione, e con riferimento alle posizioni giuridiche degli istanti»;

- «non è parimenti rinvenibile a parere della scrivente, un accoglimento parziale dell’istanza tramite l’oscuramento dei dati personali presenti e delle altre informazioni che possono consentire l’identificazione anche indiretta del soggetto; ciò dacché i documenti di cui si richiede l’ostensione contengono solamente dati personali, nella specie dichiarazione del possesso dei requisiti ed identificazione del titolare effettivo».

- «l’ostensione dei documenti integrativi da parte delle Società violerebbe la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza delle corrispondenze e dei documenti forniti; la diffusione delle informazioni contenute fondatamente condurrebbe ad un pregiudizio concreto qualificabile in termini di violazione dei dati personali e della privacy dei titolari effettivi delle squadre interessate, tenendo in debita considerazione anche i dati giudiziari relativi ad eventuali giudizi pendenti a carico delle Società dichiarati; informazioni che, aggiungasi, non appaiono, a giudizio della scrivente, indispensabili, né tantomeno utili, alla tutela dei diritti» del richiedente;

- «alla luce della valutazione di bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, risultano predominanti, in ottemperanza alle disciplinate sopra evocate, la riservatezza e la tutela dei dati personali in luogo dell’invocata trasparenza».

L’Associazione richiedente l’accesso civico ha presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT del Comune (art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013), ritenendolo non legittimo e insistendo nelle proprie richieste, rispetto alle quali è stato precisato, fra l’altro, di non aver «richiesto alcun tipo di dato relativo alle squadre, allo specifico progetto di project financing né tanto meno piani economici o finanziari delle società, né infine alcun tipo di dato giudiziale», ma «solo ed esclusivamente […] che il Comune rendesse noti “la corrispondenza e gli atti posti in essere” dallo stesso, a seguito del parere del Comitato Antimafia e dell’inchiesta giornalistica […] sulle squadre Inter e Milan e sul progetto del nuovo stadio San Siro». Pertanto, a parere del reclamante, «alcun dato “sensibile” delle squadre è stato richiesto e dunque il provvedimento di rigetto deve essere annullato in quanto discordante ed incongruente rispetto alla richiesta avanzata». Nel reclamo al RPCT è stato, inoltre, evidenziato che «stante la rilevanza pubblica delle notizie richieste, lo strumento normativo per ottenere informazioni sull’identità dei titolari effettivi esiste, e la mancata comunicazione di questi dati può comportare la loro esclusione dall’affare. A tal proposito infatti l’art. 14 del Piano triennale (2020-2023) di prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Milano prevede espressamente il diritto/dovere della pubblica amministrazione, e dunque l’obbligo di comunicazione in capo al contraente, di richiedere la titolarità effettiva, al fine di valutare un eventuale ritiro dai contratti»

Il RPCT ha, quindi, chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, fornendo la ricostruzione, anche giuridica, della complessa vicenda e rappresentando che alfine il nodo da sciogliere su cui «sembra vertere l’istanza in argomento pervenuta e la successiva richiesta di riesame» attiene «alle indicazioni fornite dalle società sul titolare/i effettivo/i [che] contengono dati personali (afferenti alla persona fisica coincidente col titolare effettivo delle società) che […] sono stati richiesti per le riferite esigenze di trasparenza e di verifica di requisiti di moralità ed eventuali sussistenza di conflitti di interessi ex art. 6 bis legge 241/1990, [ma] che tuttavia non sono immediatamente discendenti da una cogente prescrizione normativa».

Il predetto responsabile ha, altresì, precisato al riguardo che «la divulgazione di dati forniti dalle società – in adesione ad una richiesta non costituente obbligo di legge – potrebbe ledere l’interesse dei controinteressati coinvolti ove gli stessi venissero resi noti al richiedente che – a sua volta – potrebbe renderli successivamente pubblici, a seguito dell’eventuale accoglimento della richiesta di accesso», per cui ha domandato a questa Autorità se «sia accoglibile la richiesta pervenuta – nell’ambito della predetta attività istruttoria riguardante l’esame della proposta [per la realizzazione del nuovo stadio] mirante ad ottenere copia dei documenti trasmessi dalle società anzidette in ordine alla individuazione del titolare effettivo».

OSSERVA

1. Il quadro normativo

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l’altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

Per i profili di competenza di questa Autorità, la medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a). Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

È, inoltre, previsto che «l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5).

Ciò premesso, occorre aver presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

Ciò anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Oggetto del parere

Il caso sottoposto all’attenzione del Garante risulta di natura complessa, riguardando atti e documenti relativi alla procedura prevista dall’art. 1, comma 304, lett. a) della legge n. 147 del 27/12/2013, riguardante gli istituti per «favorire comunque l’ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi». Al riguardo, deve essere sottolineato che – come emerge dalla richiesta di riesame – appare sussistere un disallineamento fra quanto richiesto dal soggetto istante e la motivazione contenuta nel provvedimento di diniego.
In tale atto, inoltre, non risultano identificati (se non in maniera molto generale) quali sarebbero gli eventuali atti o documenti oggetto del procedimento, né risultano distinti i profili di protezione dei dati personali – a volte richiamati anche in questo caso in maniera generica con riferimento all’esistenza di dati giudiziari o riservati oppure sensibili – da quelli riguardanti la protezione di interessi delle società calcistiche.

Sotto tale ultimo profilo, si evidenzia in ogni caso che – ai sensi della ricordata definizione di dato personale contenuta nell’art. 4, par. 1, n. 1, del RGPD – sono sottratte dai profili di competenza di questa Autorità e dall’ambito di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali le persone giuridiche, le società, gli enti e le associazioni, che non possono beneficiare della tutela di cui al citato art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013. Per i relativi aspetti resta, comunque, ferma ogni altra valutazione riguardante la protezione di ulteriori interessi privati riferiti ai predetti soggetti, nel caso di eventuale pregiudizio agli «interessi economici e commerciali […], ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali» (art. 5-bis, comma 2, lett. c, del d. lgs. n. 33/2013).

Ciò chiarito, con riferimento al caso esaminato, viste le precisazioni contenute nella richiesta di riesame, in particolar modo laddove è stato evidenziato che non si desidera ricevere «alcun tipo di dato relativo alle squadre, [né] allo specifico progetto di project financing né tanto meno piani economici o finanziari delle società, né infine alcun tipo di dato giudiziale», si ritiene di doversi soffermare esclusivamente sullo specifico quesito sottoposto dal RPCT del Comune, in ordine alla possibilità di fornire, tramite l’istituto dell’accesso civico, dati personali del o dei cc.dd. «titolari effettivi» delle società calcistiche o «copia dei documenti trasmessi dalle società» che ne consentano l’individuazione.

3. Sui profili procedurali

In primo luogo, si evidenzia che – ai sensi della normativa vigente – per «titolare effettivo» si intende «la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita» (art. 1, comma 1, lett. pp, del d. lgs. n. 231 del 21/11/2007). La medesima normativa specifica inoltre che, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, il titolare effettivo in generale «coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo», determinando, inoltre, una serie di ulteriori regole per l’applicazione della predetta disposizione, nonché per la corretta individuazione del titolare effettivo, laddove non siano applicabili i citati criteri generali (cfr. art. 20).

Pertanto, i dati e le informazioni che consentono di identificare, anche indirettamente, i titolari effettivi rientrano sicuramente nella definizione di dato personale (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Ciò nonostante – contrariamente a quanto previsto dalla normativa di settore e nelle Linee guida dell’ANAC sull’accesso civico – non risulta che i titolari effettivi, evidentemente soggetti controinteressati nel presente procedimento di accesso civico (considerando che secondo l’amministrazione possono ricevere una lesione della propria riservatezza dalla divulgazione della propria identità), siano stati coinvolti, impedendogli di presentare un’eventuale opposizione motivata (art. 5, comma 5, d. lgs. n. 33/2013).

4. Sulla motivazione del provvedimento di diniego

Occorre, inoltre, rilevare che il Comune di Milano, nel riscontrare l’istanza, ha in ogni caso negato l’accesso civico ai dati dei titolari effettivi, limitandosi a fornire al richiedente una motivazione contenente generici richiami – senza entrare nel merito – al fatto che l’ostensione delle informazioni richieste «condurrebbe ad un’esposizione gravosa e pregiudizievole delle persone fisiche coinvolte» e che «la diffusione delle informazioni contenute fondatamente condurrebbe ad un pregiudizio concreto qualificabile in termini di violazione dei dati personali e della privacy dei titolari effettivi delle squadre interessate».

Tale condotta non appare conforme alle Linee guida dell’Anac in materia di accesso civico laddove è, invece, indicato che, nella risposta alle istanze di accesso civico, «l’amministrazione è tenuta a una congrua e completa, motivazione» e che la «motivazione serve all’amministrazione per definire progressivamente proprie linee di condotta ragionevoli e legittime, al cittadino per comprendere ampiezza e limiti dell’accesso generalizzato, al giudice per sindacare adeguatamente le decisioni dell’amministrazione» (parr. 4.2, 5.3; nonché «Allegato. Guida operativa all’accesso generalizzato», n. 13).

Inoltre, il riscontro sul punto – eccessivamente sintetico – fornito dalla p.a. al soggetto istante non consente di far comprendere le ragioni per le quali l’ostensione delle informazioni richieste può causare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, non essendo stati specificati – né nel provvedimento di diniego, né nella richiesta di parere al Garante o in altri atti dell’istruttoria – in cosa consisterebbe questo pregiudizio e l’interesse concreto leso (di cui non viene fornita una descrizione neanche di tipo generale), che possa consentire il rifiuto dell’accesso civico secondo quanto previsto dalla disciplina di settore.

Tutti gli elementi sopradescritti, considerati nel loro complesso, impediscono a questa Autorità di esprimersi nel merito dell’esistenza del limite di cui all’art. art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013. In ordine a tali aspetti, in relazione ai profili di competenza in materia di protezione dei dati personali, si invita pertanto il Comune di Milano a fornire al soggetto istante, nel provvedimento di riscontro all’istanza di accesso civico, una congrua e completa motivazione circa l’esistenza o meno dei limiti di cui all’art. 5-bis¸ comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 alla luce della normativa vigente, delle indicazioni contenute nelle richiamate Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, nonché dei precedenti pareri del Garante in materia di accesso civico pubblicati sul sito web istituzionale (https://www.garanteprivacy.it/temi/accesso-civico) e massimati sul portale “FOIA - Centro nazionale di competenza” del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (http://www.foia.gov.it/pareri/. Si ricorda, inoltre, che il contenuto dei pareri, diviso per ogni singolo argomento, è riportato annualmente anche nelle relazioni del Garante al Parlamento, in https://www.garanteprivacy.it/home/attivita-e-documenti/documenti/relazioni-annuali).

5. Sull’accesso civico ai dati dei “titolari effettivi” detenuti da Comune

Quanto, infine, allo specifico quesito formulato dal RPCT relativo alla ostensibilità (o meno) delle informazioni fornite dalle società calcistiche sulle persone fisiche titolari effettivi che «sono stati richiesti [dal Comune] per […] esigenze di trasparenza e di verifica di requisiti di moralità ed eventuali sussistenza di conflitti di interessi ex art. 6 bis legge 241/1990, [ma] che tuttavia non sono immediatamente discendenti da una cogente prescrizione normativa», si deve rappresentare quanto segue.

Il dubbio manifestato dal RPCT è legittimo e si basa, invero, su diversi orientamenti espressi dai soggetti coinvolti nella vicenda.

In generale, con esclusivo riferimento ai dati personali dei titolari effettivi, si ricorda che i soggetti pubblici, come il Comune, possono trattare dati personali quanto il relativo trattamento «è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare», oppure «per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare» (art. 6, par. 1, lett. c ed e, del RGPD). In tale contesto, il Codice ha previsto che la base giuridica prevista dal predetto articolo «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento» (art. 2-ter, comma 1).

Ciò significa che l’amministrazione può legittimamente richiedere e trattare i dati personali dei titolari effettivi delle società calcistiche solo all’interno del quadro normativo descritto.

In tale contesto, dagli atti dell’istruttoria, è emerso chiaramente che non sussiste «una esplicita previsione normativa» che «richied[a] nelle procedure di appalto l’acquisizione della dichiarazione circa il cd. Titolare Effettivo di cui al D.lgs. 231/2007», ma una decisione del «Consiglio comunale [del] 1° ottobre 2018 [con cui è stata] approvato una mozione con cui impegna il Sindaco a inserire nel PTPC una specifica […] misura [volta a prevedere] che qualsiasi ente privato che partecipi a una gara d’appalto o che sottoscriva un contratto di concessione d’uso o una convenzione urbanistica o qualsiasi soggetto che riceve un finanziamento, un contributo, un’autorizzazione o una concessione, ovvero l’attribuzione di ‘vantaggi economici di qualunque genere, dichiari il proprio “titolare effettivo”, come individuato all’art. 20 del d.lgs. n. 231 del 2007, ai fini della corretta applicazione delle disposizioni del medesimo decreto e dell’efficacia e del controllo delle dichiarazioni di conflitto di interessi da parte dei dipendenti comunali» (cfr. parere ANAC del 15/3/2019, cit.),

Per tale motivo il Comune di Milano ha chiesto ad ANAC di esprimersi sulla necessità di dover, in ogni caso, acquisire la predetta dichiarazione tramite estensione dei «controlli di cui all'art. 80 del Decreto Legislativo n. 50/2016».

L’Autorità nazionale anticorruzione nel citato parere del 15/3/2019, alla luce del complesso quadro normativo di riferimento, ha evidenziato che «allo stato, non si ravvisa una norma che imponga la comunicazione del cd. titolare effettivo alle pubbliche amministrazioni nei procedimenti indicati all’art. 10, co.1, del d.lgs. 231/2007» e che «non [è] consentito alla stazione appaltante prevedere nella lex specialis, come causa di esclusione, l’omessa dichiarazione del cd. titolare effettivo dell’impresa, come definito all’art. 20 del d.lgs. n. 231 del 2007 ed estendere a tale soggetto la verifica dei requisiti di cui all’art. 80 del Codice [dei contratti pubblici]». Ciò pur se «In merito agli altri ambiti di attività, è certamente apprezzabile l’esigenza di valutare eventuali situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, dei dipendenti della pubblica amministrazione, impegnati in tali settori di competenza e dotati di poteri autoritativi e negoziali», tuttavia «in assenza di una norma che imponga la comunicazione del “titolare effettivo” del soggetto privato, l’assenza di dichiarazione non può essere sanzionata e pregiudicare l’iter amministrativo, che avviene sulla base degli elementi informativi che i soggetti privati sono tenuti a fornire secondo la disciplina di settore».

La questione, è stata però oggetto anche «di specifico approfondimento giuridico da parte del Comitato Antimafia del Comune di Milano», che con parere reso in data 27/7/2020 (successivamente confermato e integrato dal parere integrativo del 14/12/2020) «accedendo ad una lettura sistematica degli obblighi antiriciclaggio delle pubbliche amministrazione di cui all’art. 10 del D.lgs. 231/2007 e delle modifiche apportate al citato decreto dal d.lgs. 90/2017 di attuazione della IV Direttiva antiriciclaggio (direttiva 2015/849/UE del 20.5.2015), nonché dal d.lgs. 125/2019 attuativo della V Direttiva antiriciclaggio (direttiva 2018/843/UE del 30.5.2018), ha ritenuto sussistente in capo all’amministrazione comunale il potere-dovere di identificare il titolare effettivo, con possibilità dunque di inserire “nelle norme speciali regolatrici della gara “doveri dichiarativi” in capo agli operatori economici ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge che si rivelino “strumentali” al corretto svolgimento della procedura e, in particolare, delle decisioni in ordine all’esclusione, alla selezione e all’aggiudicazione” e ha sostenuto che fra i predetti doveri dichiarativi richiedibili dal Comune possa ricomprendersi “l’obbligo di comunicazione del c.d. titolare effettivo in quanto coessenziale alla verifica dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80 del Codice dei contratti pubblici”» (cfr. richiesta di parere del RPCT).

Stante la diversità di orientamenti interpretativi, il Comune di Milano ha quindi chiesto un ulteriore parere ad ANAC, non ancora riscontrato.

Alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, deve essere tenuta in debita considerazione che, nello specifico e peculiare caso in esame, i dati dei titolati effettivi delle società calcistiche sono stati in ogni caso già forniti dalle società calcistiche al Comune. Tuttavia permangono evidenti dubbi intrepretativi, che vanno risolti dalle Autorità preposte, per i quali pende un’ulteriore richiesta di parere all’ANAC da parte del Comune di Milano, inerenti all’esistenza o meno della necessità di raccogliere i predetti dati da parte dell’amministrazione.

Pertanto, si ritiene che – allo stato degli atti e ai sensi della normativa vigente – nelle more dell’ulteriore intervento di ANAC chiesto dal Comune e prima che venga chiarito, da parte delle autorità preposte l’esistenza o meno della predetta necessità, che legittimi di conseguenza anche la relativa raccolta dei dati da parte dell’ente, non è possibile, in ogni caso, che i dati personali dei titolati effettivi delle società calcistiche possano essere oggetto di ostensione tramite l’istituto dell’accesso civico generalizzato o di divulgazione.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Milano, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 23 aprile 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione