g-docweb-display Portlet

Ordinanza ingiunzione - 10 giugno 2021 [9677521]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9677521]

Ordinanza ingiunzione - 10 giugno 2021

Registro dei provvedimenti
n. 239 del 10 giugno 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (di seguito “Codice”);

VISTO il Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali, approvato con deliberazione del n. 98 del 4/4/2019, pubblicato in G.U. n. 106 dell’8/5/2019 e in www.gpdp.it, doc. web n. 9107633 (di seguito “Regolamento del Garante n. 1/2019”);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, in www.gpdp.it, doc. web n. 1098801;

Relatore l’avv. Guido Scorza;

PREMESSO

1. Il reclamo

Con nota del XX il Sig. XX ha formulato un reclamo in relazione alla richiesta, da parte del dott. Marini, di compilare un questionario al fine di poter accedere ai servizi dentistici offerti presso il suo studio medico. Secondo quanto evidenziato, attraverso il suddetto questionario, distribuito e poi raccolto all’atto dell’accettazione del paziente, veniva richiesto, nell’ambito di una raccolta anamnestica generale, di evidenziare anche se si ha avuto (o si sospetta) di avere malattie infettive, quali tubercolosi, epatite A, B, C e HIV (AIDS).

Il reclamante ha rappresentato che, dopo aver fornito l’informazione relativa alla sua positività all’infezione da HIV, il medico avrebbe avvertito lo stesso di non poter prestare l’attività professionale richiesta, in quanto “la sua diagnosi di sieropositività all’HIV non gli permetteva di scongiurare un possibile contagio del personale e degli altri pazienti”. 

2. L’attività istruttoria

L’Autorità ha formulato una richiesta di informazioni nei confronti del dott. Marini, volta a conoscere, in particolare, le ragioni che renderebbero indispensabile raccogliere, all’atto dell’accettazione, informazioni relative all’eventuale stato di sieropositività, tenuto conto che le precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio devono essere adottate nei confronti di ogni paziente che si rivolge allo studio medico (nota del XX, prot. n. XX).

Con nota del XX il dott. Marini ha fornito riscontro, dichiarando che:

- “è una prassi consolidata, quella di svolgere, nell’esercizio della mia attività di medico chirurgo odontoiatra, indiscriminatamente ad ogni paziente che mi richiede un trattamento di qualsiasi genere, un’anamnesi generale sul suo stato di salute. Le informazioni richieste relative allo stato di sieropositività del paziente le ho ritenute finora indispensabili, al pari delle altre notizie riferite in anamnesi al momento dell’accettazione (..) al fine di formulare una corretta diagnosi del paziente stesso e la corretta programmazione del piano di trattamento più adeguato alla risoluzione di eventuali affezioni del cavo orale”;

- “la ablazione tartaro o igiene orale professionale, la quale non può essere mai eseguita previa una visita orale completa e che viene annoverata tra le prestazioni che il paziente che afferisce presso una struttura pubblica o privata per la prima volta può richiedere, non va considerata un trattamento medico di secondo piano. Essa, difatti, è un elemento cardine nella prevenzione delle patologie parodontali e talvolta costituisce il trattamento stesso o la fase iniziale di un trattamento più ampio e complesso mirato alla risoluzione delle patologie che interessano i tessuti di supporto del dente (gengivite e parodontite), delle quali lo stato di immunodeficienza è un fattore predisponente. A tal proposito, la visita che precede il trattamento dovrebbe non solo basarsi sull’esame obiettivo del paziente ma anche sulla raccolta di tutti i dati che possono portare ad un corretto inquadramento delle condizioni del paziente, al fine di raggiungere gli obbiettivi del trattamento stesso o evitarne eventuali effetti negativi”;

- “le informazioni richieste relative allo stato di sieropositività del paziente al momento dell’accettazione, non riguardano in alcun modo tutte le misure di precauzioni e prevenzione delle vie di trasmissione (diretta o indiretta) della patologia tra paziente-medico, né medico-paziente, né paziente-paziente, le quali vengono messe in atto, in ogni caso e secondo quanto previsto, a prescindere da quanto riferito dal paziente (che ad esempio potrebbe anche non essere a conoscenza della sua sieropositività)”, precisando che “qualora avessi conoscenza dello stato di sieropositività di un paziente, potrei, senza in alcun modo discriminare l’individuo affetto da tale patologia, nell’ambito della gestione della mia attività professionale, predisporre misure di prevenzione aggiuntive a quelle essenziali e obbligatorie già previste dalle normative, aumentando i già elevati standard di sicurezza e di igiene predisposti nella mia attività professionale, nell’esclusivo interesse dei miei pazienti e di me stesso”.

Con riferimento a quanto emerso dall’esame della documentazione esaminata e dalle dichiarazioni rese, tenuto conto che la descritta condotta non è risultata conforme alla disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali, l’Ufficio, con atto del XX (prot. n. XX), ha notificato al dott. Marini, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, invitandolo a produrre al Garante scritti difensivi o documenti ovvero a chiedere di essere sentita dall’Autorità (art. 166, commi 6 e 7, del Codice, nonché art. 18, comma 1, l. n. 689 del 24 novembre 1981).

In particolare l’Ufficio, nel predetto atto, ha rappresentato che:

- l’art. 5 del Regolamento prevede che i dati personali devono essere trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato e devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (c.d. principi di “liceità, correttezza, trasparenza” e “minimizzazione dei dati”: art. 5, par. 1, lett. a) e c) del Regolamento);

- il Garante ha già ritenuto in contrasto con i predetti principi la raccolta, in fase di accettazione, di informazioni relative all’eventuale stato di sieropositività di ogni paziente che si rivolge per la prima volata allo studio medico, indipendentemente dal tipo di intervento clinico o dal piano terapeutico che lo stesso deve eseguire (cfr. Provv. 12 novembre 2009 n. 35, doc. web n. 1673588; cfr., altresì, Provv. 12 novembre 2009, doc. web n. 1686068, le cui prescrizioni sono ritenute compatibili con il Regolamento e con le disposizioni del decreto n. 101/2018; cfr. art. 22, comma 4, del citato d.lgs. n. 101/2018);

- la legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS) ha previsto specifiche disposizioni per la protezione del contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, attuate con d.m. 28 settembre 1990 (art. 7). In considerazione dell’impossibilità “di identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV” il legislatore ha ritenuto che le “precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio (…)” siano da adottare “nei confronti della generalità delle persone assistite” (cfr. premesse del citato decreto). In particolare, le specifiche precauzioni previste per gli operatori odontoiatrici devono essere adottate nei confronti di “ogni singolo paziente” (cfr. art. 4 del citato decreto).

Ciò premesso, sulla base degli elementi acquisiti, con il predetto atto del XX, l’Ufficio ha ritenuto che il dott. Marini abbia effettuato un trattamento di dati personali in violazione dei principi di base del trattamento (art. 5 del Regolamento) per aver raccolto informazioni sulle malattie infettive tra le quali quelle relative all’HIV, all’atto di accettazione, indipendentemente dal tipo di intervento da effettuare o di piano di cura da intraprendere.

Con nota del XX, il medesimo dottore, tramite l’avv. XX, ha fatto pervenire le proprie memorie difensive, nelle quali, in particolare, è stato rappresentato che:

a) “occorre anzitutto rappresentare che il Sig. XX è entrato in contatto con il Dott. Marini mediante il noto portale web “Groupon”. (..) Nella prima fase, all’atto dell’iscrizione e registrazione presso la piattaforma, il consumatore/l’utente crea un proprio account o profilo identificativo mediante il quale potrà accedere alle diverse promozioni offerte da fornitori convenzionati con il portale. Una volta registrato, egli potrà selezionare le offerte di proprio interesse, acquistando Coupon/Voucher/tagliandi che costituiscono in effetti il titolo per fruire della prestazione prescelta e già pagata. (…). È importante osservare che, al momento della creazione del proprio account personale, l’utente viene informato sul funzionamento della piattaforma e che (…) egli in questa prima fase fornisce i propri dati identificativi “di base” (essenzialmente dati anagrafici ed email di recapito);

b) “il Sig. XX si è quindi presentato nello studio professionale del Dott. Marini tecnicamente già in fase esecutiva, avendo già indicato ed acquistato, tramite la piattaforma Groupon, il tipo di prestazione professionale (in questo caso dentistica). Già quanto sopra dovrebbe essere dunque sufficiente a chiarire come, nel momento in cui il Dott. Marini ha raccolto le informazioni di cui è stata contestata l’eccedenza, non si fosse più nella fase di “accettazione” preliminare del rapporto medico-paziente, bensì ci si muovesse già nella fase esecutivo-medica del rapporto professionale”;

c) “quel che il professionista voleva rimarcare nell’istruttoria preliminare, benché forse con termini linguisticamente inappropriati, e che qui si vuole ribadire è, in sostanza, che il questionario anamnestico generale “incriminato”, che sarebbe stato illecitamente confezionato e poi sottoposto al XX, si inseriva proprio e già “nell’ambito del processo di cura”, ciò che proprio i precedenti del Garante richiamati nella nota di contestazione consentono di configurare come attività pienamente legittima da parte del medico (cfr. i provvedimenti del 12/11/2009 n. 35 del 12 novembre 2009, doc. web 1673588, ed il provvedimento prescrittivo di cui al doc. web 1686068);

d) “appare necessario soffermarsi sulla sostanza del rapporto fra XX ed il Dott. Marini ed analizzarne l’instaurazione-già-esecutiva, avendo presenti i requisiti dimensionali dello studio professionale dell’incolpato, che è connotato in modo specificamente personale, dal momento che il Dott. Alessandro Marini è l’unico professionista in esercizio nello studio (presso il quale, saltuariamente, opera anche il giovane figlio del Dott. Marini - XX - ma in qualità di consulente). Se ci si pone da questo punto di osservazione, non si può non rilevare la sostanziale differenza fra la fattispecie in esame e le situazioni già sanzionate dall’Autorità con i provvedimenti del 12/11/2009. Nei precedenti evocati dal Garante (..), lo studio dentistico sanzionato aveva, in particolare, una struttura affatto diversa da quella dello studio del Dott. Marini. Si trattava infatti di una sorta di clinica o di poliambulatorio, con chiara prevalenza dell’elemento materiale (come suggerito dal nome, “La Rete”) su quello personale”;

e) “deve pertanto essere rimarcato come in relazione ad uno studio come quello del Dott. Marini non sia, nel concreto, mai possibile distinguere in modo marcato la fase dell’accettazione (“di primo contatto”) dell’utente da quella dell’effettivo contatto diagnostico medico-paziente, dal momento che l’una e l’altra fase sono realizzate sempre dallo stesso soggetto che è, appunto, professionista stesso e sono, per questa assorbente ragione, destinate in qualche modo sempre a confondersi de facto. Tale differente situazione, alla luce del principio costituzionale di ragionevolezza (art. 3 Cost.), impone una diversità di trattamento. Il caso dello studio del professionista singolo, che riceve e cura il paziente presso il proprio studio ove opera da solo, è dunque concretamente diverso – si ribadisce – da quello di un centro di medicina organizzato e strutturato in cui operino dieci professionisti nel quale, per forza di cose, la fase di “accettazione” inquadra la fase di “primo” e mero contatto amministrativo fra la struttura ed un utente e non arriva né può confondersi con quella successiva, personale/professionale fra paziente ed il singolo professionista a cui egli viene affidato per ricevere le cure effettive”;

f) si è “provveduto a modificare il questionario anamnestico, inserendolo in un contesto che renda immediatamente chiaro come la richiesta di informazioni sia già inserita “nell’ambito del processo di cura”, condizione di legittimità posta dall’Autorità. È stata così separata in modo netto la raccolta dei dati essenziali di carattere anagrafico dalla parte contenente le richieste di informazioni utili a ricostruire il quadro anamnestico generale del paziente”.

Nell’ambito delle informazioni fornite in relazione agli elementi di cui all’art. 83, par. 2 del Regolamento, in aggiunta a quanto già dichiarato, è stato evidenziato che:

- “il dott. Marini svolge la propria professione in forma individuale e non si avvale di personale amministrativo” e “non ha mai rifiutato sic et simpliciter di fornire la prestazione odontoiatrica (circostanza che, in mera ipotesi, rileverebbe a livello civilistico), ma ha chiesto al paziente che le informazioni circa la bassa carica virale fossero comprovate clinicamente con analisi recenti, dichiarandosi poi disponibile a fornire la prestazione sanitaria”;

- “in linea astratta, la violazione (in concreto, comunque non sussistente) sarebbe di carattere colposo”.

In data XX si è tenuta l’audizione richiesta dal titolare del trattamento innanzi all’Autorità, nel corso della quale, in relazione alla violazione notificata, è stato ribadito quanto già dichiarato e, comunque, precisato che:

- “la legittimazione al reclamo è riferibile unicamente all’episodio avvenuto il XX e che, in quella circostanza, per espressa ammissione di XX, il questionario gli è stato somministrato soltanto dal dott. Marini che l’ha accolto presso lo studio;

- “il questionario era già di carattere medico, avendo lo stesso finalità anamnestiche”;

- “nelle stesse dichiarazioni rese dal Marini nella fase preliminare, emerge che il Marini stesso facesse riferimento alla fase propriamente medica del trattamento professionale”;

- “la nuova modulistica ha, comunque, eliminato anche in fase anamnestica la raccolta indiscriminata di dati relativi alle infezioni, inserendo un campo libero che i pazienti possono compilare, in relazione al trattamento medico da effettuarsi”.

3. Esito dell’attività istruttoria

Premesso che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell’art. 168 del Codice (“Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”), all’esito delle dichiarazioni rese all’Autorità nel corso del procedimento nonché dell’esame della documentazione acquisita, risulta che il dott. Marini ha effettuato un trattamento di dati personali in violazione dei principi di base del trattamento di cui all’art. 5 Regolamento per aver effettuato un trattamento di dati non pertinente rispetto alle finalità per le quali sono stati trattati.

4.  Conclusioni

Gli elementi riportati dal titolare nelle memorie difensive e nell’audizione risultano insufficienti a superare le contestazioni sollevate dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e, quindi, a consentire l’archiviazione del procedimento, non ricorrendo, peraltro, alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Preliminarmente, va evidenziato che nel caso in esame, non risulta di agevole distinzione la fase di accettazione, nella quale il paziente viene per la prima volta in contatto con lo studio e la fase più propriamente di diagnosi e cura, nella quale le informazioni sulla salute vengono raccolte al fine di conoscere la storia clinica del paziente e di individuare, per lo stesso, la più corretta terapia.

In ogni caso, ove, in generale, la richiesta di acquisire le informazioni avvenga al momento dell’avvio della relazione medica in vista della corretta programmazione del piano di cura più adeguato al singolo caso, lo specialista può legittimamente raccogliere anche il dato relativo all´eventuale presenza di un’infezione da HIV, se la predetta informazione anamnestica sia ritenuta dal medico curante necessaria in funzione del tipo di intervento sanitario o di piano terapeutico da eseguire sul paziente, ferma restando la volontà del paziente di decidere, in modo consapevole (e quindi informato) e responsabile, di non comunicare al medico alcuni eventi sanitari che lo riguardano.

Si evidenzia, sul punto, che non spetta al Garante analizzare la pertinenza e la necessità delle informazioni raccolte per perseguire la specifica finalità di cura, in quanto si tratta di una valutazione di tipo tecnico scientifico e non giuridico, di competenza unicamente dello specialista sanitario, il quale è chiamato a considerare tutti gli aspetti relativi allo stato della salute che possono rilevare ai fini della cura di un paziente.

Ciò premesso, accogliendo l’ipotesi prospettata nelle memorie difensive, secondo la quale la raccolta delle informazioni relative alla presenza di malattie infettive (ivi compresa l’infezione da HIV) è avvenuta nell’ambito dell’attività di cura da parte del dott. Marini, il presupposto giuridico di tale raccolta sarebbe rinvenibile nel perseguimento di una finalità di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria, indicata nell’art. 9, par. 2, lett. h) del Regolamento.

Tuttavia, si rileva che la predetta attività di cura non è stata, in concreto, realizzata, considerato che lo specialista ha comunicato al paziente di non poterlo sottoporre alle prestazioni richieste. Pertanto, anche ove in linea con l’assunto secondo il quale la citata raccolta sarebbe avvenuta nell’ambito dell’attività di cura, e tralasciando gli eventuali profili di deontologia medica, sui quali l’Autorità non è competente, la circostanza che la prestazione medica non sia stata, nei fatti, attuata per volontà del medico, fa venir meno il presupposto giuridico fondante il trattamento dei dati relativi alla salute, in particolare, consistente nell’acquisizione dell’informazione relativa alla presenza dell’infezione da HIV.

Emerge, quindi, che la raccolta della predetta informazione non ha avuto il fine concreto di valutare la migliore terapia per il paziente, offrendogli la prestazione richiesta, eventualmente anche con un rafforzamento delle protezioni dal rischio del contagio (la cui adozione, si ricorda, è, in ogni caso, con riferimento a quelle di carattere generale, obbligatoria per tutti gli operatori, nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private; a queste si aggiungono le precauzioni specifiche per gli operatori odontoiatrici, “considerato che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è possibile identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV”-cfr. premesse e artt. 1 e 4 del citato d.m. 28 settembre 1990), quanto, piuttosto, quello di allontanare il paziente rifiutando le cure dallo stesso richieste.

Pertanto, si confermano le valutazioni preliminari dell’Ufficio e si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dal dott. Marini, in violazione dell’art. 5 del Regolamento, nei termini di cui in motivazione.

5. Adozione dell’ordinanza ingiunzione per l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e delle sanzioni accessorie (artt. 58, par. 2, lett. i e 83 del Regolamento; art. 166, comma 7, del Codice).

La violazione dell’art. 5 del Regolamento, determinata dal trattamento di dati personali, oggetto del presente provvedimento, effettuato dal dott. Marini, è soggetta all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 83, par. 5, lett. a) del Regolamento.

Si consideri che il Garante, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i) e 83 del Regolamento, nonché dell’art. 166 del Codice, ha il potere di “infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 83, in aggiunta alle [altre] misure [correttive] di cui al presente paragrafo, o in luogo di tali misure, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso” e, in tale quadro, “il Collegio [del Garante] adotta l’ordinanza ingiunzione, con la quale dispone altresì in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sua pubblicazione, per intero o per estratto, sul sito web del Garante ai sensi dell’articolo 166, comma 7, del Codice” (art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019).

La predetta sanzione amministrativa pecuniaria inflitta, in funzione delle circostanze di ogni singolo caso, va determinata nell’ammontare tenuto conto dei principi di effettività, proporzionalità e dissuasività, indicati nell’art. 83, par. 1, del Regolamento, alla luce degli elementi previsti all’art. 83, par. 2, del Regolamento in relazione ai quali, in particolare, si osserva che:

- il trattamento dei dati effettuato ha riguardato informazioni sullo stato di salute, in particolare, relative all’infezione da HIV, per le quali il legislatore ha previsto una tutela rafforzata, dell’interessato e potenzialmente di tutti i pazienti del dott. Marini (art.  83, par. 2, lett. a), e) e g) del Regolamento);

- l’interessato ha subito conseguenze pregiudizievoli per l’effetto della condotta del medico, in quanto non ha ricevuto la prestazione sanitaria richiesta (art. 83, par. 2, lett. k) del Regolamento);

- pur avendo il medico collaborato prontamente con l’Autorità nel corso dell’istruttoria, la violazione non ha carattere colposo (art. 83, par. 2, lett. b) e f) del Regolamento).

In ragione dei suddetti elementi, valutati nel loro complesso, si ritiene di determinare l’ammontare della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 83, par. 5, lett. a) del Regolamento, nella misura di euro 20.000 (ventimila) per la violazione dell’art. 5 del Regolamento quale sanzione amministrativa pecuniaria ritenuta, ai sensi dell’art. 83, par. 1, del Regolamento, effettiva, proporzionata e dissuasiva.

Si ritiene, altresì, che debba applicarsi la sanzione accessoria della pubblicazione sul sito del Garante del presente provvedimento, prevista dall’art. 166, comma 7, del Codice e art. 16 del Regolamento del Garante n. 1/2019, in relazione alla categoria particolare di dati personali trattati e al numero potenziale di interessati.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

rilevata la violazione dell’art. 5 del Regolamento, dichiara l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dal dott. Marini nei termini di cui in motivazione;

ORDINA

al dott. Marini, nato a XX il XX, C.F. XX, residente in XX, con domicilio professionale in Via XX, elettivamente domiciliato in Via XX, XX, presso XX, ai sensi degli artt. 58, par. 2, lett. i) e 83 del Regolamento, nonché dell’art. 166 del Codice, di pagare la somma di euro 20.000,00 (ventimila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione di cui al presente provvedimento, secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notifica in motivazione; si rappresenta che il contravventore, ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, ha facoltà di definire la controversia mediante pagamento, entro il termine di 30 giorni, di un importo pari alla metà della sanzione comminata;

INGIUNGE

al predetto dott. Marini, in caso di mancata definizione della controversia ai sensi dell’art. 166, comma 8, del Codice, di pagare la somma di euro 20.000,00 (ventimila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della legge n. 689/1981.

DISPONE

- la pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante, ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice;

- l’annotazione del presente provvedimento nel registro interno dell’Autorità - previsto dall’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, nonché dall’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante - relativo alle violazioni e alle misure adottate in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 10 giugno 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Scorza

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei