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Difendo la privacy. A partire dalla mia - Intervista a Pasquale Stanzione - Il Venerdì-La Repubblica

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Difendo la privacy. A partire dalla mia
Intervista a Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Carmine Saviano, Il Venerdì-La Repubblica, 7 gennaio 2022)

Pasquale Stanzione, 76 anni, origini nel Sannio e una vita da giurista, da 15 mesi è il Garante della Privacy, ed è entrato talmente nel ruolo che di sé non parla mai, quasi non circolano sue fotografie, e a fatica rivela di andare pazzo per la festa del paese natio, Solopaca, dedicata all'uva e al vino (quanto al libro preferito, è un titolo che più privato di così non si può: le Confessioni di Sant'Agostino). Da un anno e mezzo, Stanzione lavora sul confine tra il visibile e l'invisibile. E se alla seconda categoria appartengono flussi di metadati e furti di informazioni, alla prima attiene uno dei gesti più diffusi del momento. Anzi, il gesto: mostrare il Green Pass.

«La pandemia ci ha insegnato la capacità di modulare le gerarchie degli interessi sulla base dei mutamenti del reale» dice. «Il nostro mandato è realizzare una sinergia virtuosa tra la tecnica, la libertà individuale e l'esigenza collettiva e primaria della salute pubblica».

Va bene, ma sull'uso del Green Pass è dovuto intervenire spesso.

«Diciamo che è servita più di una correzione per evitare la discriminazione dei non vaccinati. Evitando l'obbligo vaccinale, e sancendo la libertà di scelta, si è garantita la piena autodeterminazione. Il confronto con il Parlamento è stato proficuo e il Green Pass ora è efficace nel contrasto della pandemia e rispettoso della privacy».

Lo era anche l'app Immuni?

«Dopo due anni, posso dire di si. Perché si basava su un modello europeo che evitava tracciamenti orwelliani».

In che senso?

«Si tracciavano i contatti, non le persone. Immuni si basava sulla libera scelta del soggetto: scelta che si ispirava a criteri di volontarietà e solidarietà, E la conservazione dei dati era a tempo».

Proviamo a tracciare un bilancio: come ne esce la privacy dopo due anni di pandemia e stato d'emergenza?

«Ogni pandemia comporta una contrazione proporzionale di alcune libertà. Questa contrazione non deve eccedere le necessità contingenti. La privacy è stata al centro di questa esigenza di bilanciamento, rivelando l'importanza della sua funzione sociale nel garantire un equilibrio democraticamente sostenibile tra individuo e collettività».

Finita l'emergenza, torneremo pienamente padroni della nostra privacy?

«Senza esagerare, ci sono pericoli ovunque».

Ne indica uno partìcolarmente preoccupante?

«I poteri privati. Accumulano dati, li elaborano e spesso li utilizzano in maniera abusiva o per fini commerciali».

Sta parlando di Google, Amazon, Facebook e via dicendo?

«Assolutamente. Vorrei partire da uno slogan».

Faccia pure.

«Quando il prodotto è gratis, il prodotto sei tu. I dati sono il petrolio dell'economia digitale. Con una sorta di pedinamento dell'attività dell'utente, si profilano le sue preferenze e si prevede la sua condotta futura. Poi gli si inviano pubblicità specifiche, su misura, che spingono in modo subliminale affinchè si convinca che alcuni prodotti siano migliori di altri. I dati personali rappresentano la contro-prestazione a fronte di servizi che appaiono gratuiti ma non lo sono, perché vengono utilizzati per profilare, vendere, fare soldi».

La libertà di scelta ne esce depotenziata.

«Esattamente. E il capitalismo digitale cresce a dismisura».

Ma gli utenti protestano? Le segnalazioni sono aumentate?

«Si. E sia in senso quantitativo sia qualitativo. Noto una maggiore attenzione al versante digitale della propria privacy».

Sarà perché anche il lavoro ormai si svolge in gran parte in questo sistema digitale.

«Lo smartworking è una innovazione importantissima per mantenere il distanziamento sociale. Ma rispetto alla privacy è invasivo. In questo campo c'è ancora da fare. E le norme del lavoro devono essere aggiornate».

Come?

«Per esempio, sancendo il diritto alla disconnessione: non si può essere reperibili 24 ore».

Restiamo sui diritti. Che cosa pensa del voto elettronico?

«Non ci devono essere difficoltà. Certo, si deve mettere in cyber-sicurezza la rete nazionale, evitare una Cambridge Analytica all'italiana, combattere bufale e fake news».

A proposito, con le nuove direttive sulla privacy fare ilcronista è diventato complicato.

«II rapporto tra privacy e informazione è compIesso. Dobbiamo farci guidare dalla Costituzione: il criterio è quello della essenzialità. È legittima la diffusione dì dati personali se questi sono essenziali ai fini informativi».

Il problema è stabilire che cosa sia "essenziale". Quale, per lei, la categoria più a rischio?

«I minori. Dodici mesi fa, dopo il caso della bambina siciliana morta per una sfida online, abbiamo aperto la pratica TikTok: il punto è che la multi nazionale consente l'iscrizione senza una verifica profondissima dell'età. È la mia priorità; ogni singolo caso di violenza, anche solo verbale, nei confronti dei minori è intollerabile».

Consigli?

«Ai genitori e agli insegnanti dico che i più piccoli vanno accompagnati con garbo nell'uso delle nuove tecnologìe. Il 28 gennaio, per la Giornata europea della Privacy, con i membri dell'autorità sarò al Convitto Nazionale di Roma. Senza educazione, senza cultura, la sfida della privacy diventa difficilissima».

Scheda

Doc-Web
9734779
Data
07/01/22

Tipologie

Interviste e interventi