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Giornata europea della privacy: quest’anno dedichiamola ai più giovani - Intervento di Guido Scorza - Il Fatto Quotidiano

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Giornata europea della privacy: quest’anno dedichiamola ai più giovani
Intervento di Guido Scorza, Componente del Garante per la protezione dei dati personali
(Il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2022)

Ogni anno, il 28 gennaio, si celebra la giornata europea della privacy, un diritto che, probabilmente, mai come in questa stagione della vita del mondo è stato ed è presidio e garanzia di altri diritti e libertà. Il quadro che abbiamo davanti è a tinte fosche.

Ci sono governi che non sanno resistere alla tentazione di far loro il principio machiavellico del fine che giustifica i mezzi e si abbandonano a forme di sorveglianza di massa. Utilizzano tecnologie sempre più pervasive, fornitori di servizi digitali che raccolgono e rivendono, direttamente e indirettamente, sui mercati globali quantità industriali di dati personali capaci di consegnare a chiunque la conoscenza, sempre più puntuale, di gusti, abitudini, preferenze di miliardi e miliardi di persone. Le stesse persone oggetto dell’azione di profilazione massiccia sulla quale si fonda il modello di business che tiene in piedi l’intero ecosistema digitale – incapaci, con poche eccezioni, di tracciare qualsivoglia solida linea di confine tra le tre dimensioni della nostra esistenza delle quali scriveva Gabriel Garcia Marquez: quella pubblica, quella privata e quella segreta.

Difficile in un contesto di questo genere identificare una priorità per affermare con forza la centralità e l’essenzialità del diritto alla privacy nella vita delle persone e delle democrazie. Forse, però, per non sbagliare – o almeno per andare il più vicino possibile a far la cosa giusta – potremmo dedicare questa giornata europea 2022 ai bambini, ai ragazzi e agli adolescenti perché loro, oltre a essere tra i soggetti più vulnerabili della nostra società, rappresentano anche il nostro futuro.

Internet, l’ecosistema digitale aumentato nel quale ormai viviamo immersi – quello che presto chiameremo metaverso, come ci ha da poco anticipato Mark Zuckerberg proprio mentre annunciava la decisione di ribattezzare Meta la sua creatura Facebook – rappresenta per tutti noi, più giovani in testa, uno straordinario volano di opportunità inimmaginabili fino a qualche decennio fa, ma al tempo stesso ci espone tutti – ancora una volta più giovani in testa – a rischi e pericoli egualmente inimmaginabili.

Il primo, forse il più urgente da affrontare e risolvere, è rappresentato dalla circostanza che i più piccoli, nella dimensione digitale, utilizzano servizi e frequentano piattaforme che sono progettate, disegnate, realizzate per persone più grandi di loro. Secondo un sondaggio commissionato dal Garante per la protezione dei dati personali a Skuola.net e condotto attraverso un questionario somministrato a oltre 2.500 giovani tra gli 11 e i 24 anni, quasi due ragazzi su tre si sono iscritti a un social network senza avere ancora l’età minima richiesta per accedervi. E nella maggior parte dei casi, naturalmente, nessuno li ha fermati per davvero. In queste condizioni la sicurezza dei più giovani, anche sotto il profilo del rispetto della loro identità personale, è inesorabilmente a rischio.

Ve la immaginate una realtà nella quale i bambini a otto, nove o dieci anni sono di fatto liberi di comprare sigarette, bere alcolici, portare il motorino o magari anche la macchina, lavorare, disporre della propria immagine benché decine di regole, frutto di battaglie etiche, culturali e democratiche durate in qualche caso secoli, lo vietino? Nella dimensione digitale, purtroppo, accade esattamente questo: non tutto è per tutti – proprio come nella dimensione fisica – ma nessuno controlla che ciascuno acceda e utilizzi servizi e piattaforme adatti alla propria età.

Il secondo dei rischi – e, anzi, ormai dei fenomeni dei quali specie i più giovani sono vittime accertate – è rappresentato dalla circostanza che nella sostanza – e al di là di pur rilevanti questioni di diritto – bambini, adolescenti e minori in genere “pagano” il loro diritto a stare connessi, a usare questo e quel servizio digitale, cedendo in maniera del tutto inconsapevole porzioni sempre più rilevanti della loro identità personale ai gestori dei servizi e delle piattaforme che popolano: acquistano il diritto a comunicare nella dimensione digitale, a scambiarsi video, ad ascoltare musica, talvolta persino a utilizzare strumenti di supporto alla scuola con i loro dati personali, e lo fanno in maniera assolutamente inconsapevole, senza rendersene conto.

Quasi due ragazzi su tre – secondo lo stesso sondaggio realizzato dal Garante per la protezione dei dati personali – accede a questa o quella piattaforma digitale senza leggere le condizioni generali di contratto e le informative sulla privacy e, dunque, senza conoscere le “regole del gioco”. E naturalmente non è colpa loro, perché non si può pretendere che un bambino o un adolescente faccia quello che non facciamo neppure noi adulti, ovvero dedicare più o meno un’ora a leggere chi, come, perché e per quanto tempo tratterà i nostri dati personali e in cambio ci lascerà usare questo o quel servizio.

E’ dubbio che lo scambio di dati contro servizi e l’utilizzo di un diritto fondamentale per comprarsi qualcosa siano democraticamente sostenibili, ma è certo che è giuridicamente illegittimo ed eticamente inaccettabile che uno scambio del genere avvenga senza che chi cede parte di sé abbia modo di comprendere, per davvero e fino in fondo, la rilevanza del gesto. Ecco, queste e tante altre, tutte egualmente relative allo stare in rete dei più giovani, sono forse le sfide alle quali possiamo dedicare questa giornata europea della privacy: proprio per questo, come Garante per la protezione dei dati personali, quest’anno abbiamo deciso di celebrare in una scuola, anziché in Parlamento come è consuetudine, collegata con decine di altre scuole di tutta Italia.

Ovviamente si tratta solo di un gesto simbolico del tanto – ma tanto lavoro – che dobbiamo fare per mettere non solo le persone, come sempre più spesso si dice, al centro della trasformazione digitale, ma le persone più giovani e in modo particolare i nostri bambini, che sono poi la componente migliore del nostro futuro.