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Parere su istanza di accesso civico - 6 maggio 2021 [9740778]

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[doc. web n. 9740778]

Parere su istanza di accesso civico -  6 maggio 2021

Registro dei provvedimenti
n. 184 del 6 maggio 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Ministero dello Sviluppo Economico presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell'organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame su un provvedimento di diniego a un’istanza di accesso civico.

Dall’istruttoria risulta che è stata presentata una richiesta di accesso civico – ai sensi dell’art. 5 comma 2, del d. lgs. n. 33/2013 – avente a oggetto «atti e documentazioni recepiti dal MISE in relazione alla domanda di iscrizione nell’elenco dei segretari generali delle camere di commercio presentata [da soggetto identificato in atti]».

L’amministrazione – a seguito dell’opposizione del soggetto controinteressato – ha rifiutato l’accesso richiamando motivi di protezione dei dati personali, ai sensi dell’art. 5 bis, comma 2, lett. a), del d. lgs n. 33/2013.

Il richiedente l’accesso civico ha, quindi, presentato una richiesta di riesame del provvedimento di diniego al RPCT del Ministero (art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013), ritenendolo non legittimo e insistendo nelle proprie richieste.

OSSERVA

1. Introduzione

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l’altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

Per i profili di competenza di questa Autorità, la medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a). Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

I dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione degli interessi pubblici e privati di cui all’art. 5-bis, del d. lgs. n. 33/2013, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso integrale ai documenti richiesti, oppure fornire un accesso parziale ai sensi del comma 4 del medesimo articolo.

2. Il caso in esame

L’art. 20, comma 4, della legge n. 580 del 29/12/1993 ha istituito apposito elenco di soggetti da utilizzare per la procedura comparativa per il conferimento dell’incarico di segretario generale di camera di commercio.

In tale elenco, tenuto dal Ministero dello sviluppo economico, possono essere iscritti a domanda, previo superamento di un’apposita selezione nazionale per titoli, dirigenti e altri soggetti indicati nel citato articolo in possesso di specifici requisiti professionali, individuati dagli artt. 6 e 7 del Decreto ministeriale n. 230 del 26/10/2012 (recante «Regolamento su iscrizione nell'elenco ministeriale dei Segretari generali»).

Ai sensi della normativa vigente, l’elenco dei soggetti che hanno ottenuto l’iscrizione, con i relativi dati identificativi, è consultabile pubblicamente sul sito web del Ministero dello Sviluppo economico (art. 9 del D.M. n. 230/2012).

In tal contesto, intenzione del soggetto istante è quella ricevere tutti gli atti e i documenti acquisiti dal MISE in relazione alla domanda di iscrizione all’elenco presentata a suo tempo dal soggetto controinteressato.

Dagli atti acquisiti ai fini dell’istruttoria del Garante, è risultato che la predetta domanda è stata effettuata nel 2004 e che la documentazione comprende i seguenti documenti: domanda presentata; profilo professionale con indicazione di titoli e requisiti professionali; documento d’identità; curriculum vitae; attestati e documenti rilasciati dalle amministrazioni pubbliche relativi allo svolgimento degli incarichi riportati nel curriculum.

Nel caso in esame, è risultato, inoltre, che il soggetto controinteressato ha ricoperto l’incarico di segretario generale di una camera di commercio, con la conseguenza che, allo stato, sono oggetto di pubblicazione online obbligatoria – ai sensi della normativa statale in materia di trasparenza – i relativi dati e informazioni personali, compreso il curriculum dettagliato (ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. n. 33/2013), che riporta, oltre i dati identificativi, anche quelli inerenti – con specificazione dell’anno e del mese – agli studi svolti, alle esperienze lavorative effettuate, agli incarichi ricevuti, alle docenze tenute, alle lingue conosciute, agli scritti pubblicati, ecc.

Dall’analisi effettuata risulta che si tratta di dati e informazioni che, per gli anni fino al 2004, coincidono in larga parte quelli già presentati nel medesimo anno all’atto della domanda di iscrizione all’elenco dei segretari generali di cui all’art. 20, comma 4, della l. n. 580/1993.

3. Osservazioni

Alla luce di quanto descritto, rispetto allo specifico caso in esame, si ritiene quindi di non poter accogliere completamente né le eccezioni sollevate dal soggetto controinteressato né quelle poste dal soggetto istante in sede – rispettivamente – di opposizione all’accesso e di istanza di riesame del provvedimento di diniego dell’amministrazione.

3.a Sulle eccezioni del controinteressato

Quanto al primo aspetto, infatti, il soggetto controinteressato ha presentato un’articolata opposizione, evidenziando, fra l’altro e per i profili che si ritiene di dover esaminare, che «l’accesso richiesto riguarda situazioni ampiamente consolidate, sia sotto il profilo amministrativo che lavorativo» e che pertanto l’accesso civico va respinto in quanto strumentale e supportato da motivi personali. Inoltre, il pregiudizio nei suoi confronti «consisterebbe, in particolare, nei contraccolpi negativi che potrebbero ripercuotersi sullo scrivente, sia all’interno che all’esterno dei contesti lavorativi, con possibili interferenze anche sullo sviluppo di carriera, considerate anche le ragionevoli aspettative di confidenzialità e la (purtroppo) certa prevedibilità di azioni tendenziosamente negative derivanti dalla conoscibilità dei dati e delle informazioni personali richieste […]», specificando che il pregiudizio risiederebbe nei contrasti intercorrenti fra lo stesso e il soggetto istante, derivanti da esposti presentati a diverse autorità. Il soggetto controinteressato ha richiamato, a fondamento della propria tesi, alcuni precedenti pareri del Garante n. 153, del 17/8/2020 (in www.gpdp.it, doc. web n. 9477865) e n. 115, del 23/5/2019 (ivi, doc. web n. 9124946).

In primo luogo, le motivazioni contenute nei precedenti pareri del Garante prima richiamati (n. 153/2020 e n. 115/2019) non si ritengono pertinenti rispetto al caso in esame (che presenta caratteristiche del tutto peculiari) e non si adattano completamente alla presente fattispecie. Ciò in quanto i documenti, titoli e curricula di cui era stata chiesta l’ostensione – e per i quali il Garante ha affermato sussistere il limite alla protezione dei dati personali di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a), d. lgs. n. 33/2013 – erano riferiti in quei casi a soggetti che non ricoprivano alcun incarico di vertice amministrativo e per i quali non era quindi previsto alcun regime di pubblicità obbligatoria (nei casi considerati si trattava infatti di dati e informazioni riferiti a un docente di scuola e al personale dipendente di un consorzio).

Nel caso in esame, si dà comunque atto della circostanza che la documentazione richiesta si riferisce effettivamente a situazioni consolidate risalenti nel tempo all’anno 2004 (17 anni fa) e che dagli atti risultano rapporti non sereni fra le parti coinvolte. Tuttavia, molte delle informazioni contenute nei documenti richiesti risultano pubblicate online in quanto oggetto di specifici obblighi di trasparenza – dato l’incarico di vertice amministrativo ricoperto dal soggetto controinteressato – per cui, almeno limitatamente a esse, non è possibile richiamare l’esistenza del limite alla protezione dei dati personali di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Nello specifico, peraltro, né dalle motivazioni del soggetto controinteressato, né nel provvedimento di diniego dell’amministrazione è possibile evincere – rispetto a tali dati e informazioni già oggetto di pubblicità – in cosa effettivamente consista il pregiudizio alla protezione dei dati personali eccepito dal soggetto controinteressato e perché mai potrebbero esserci ripercussioni «sia all’interno che all’esterno dei contesti lavorativi, con possibili interferenze anche sullo sviluppo di carriera, considerate anche le ragionevoli aspettative di confidenzialità e la (purtroppo) certa prevedibilità di azioni tendenziosamente negative derivanti dalla conoscibilità dei dati e delle informazioni personali richieste […]».

Ai fini della corretta applicazione della disciplina in materia di accesso civico e della possibilità di rifiutare l’istanza ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 è, invece, in ogni caso, necessario effettuare la valutazione richiesta dalla citata disposizione e motivare, in maniera coerente, un eventuale diniego alla luce delle linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico e dei pareri del Garante in materia, evitando l’utilizzo di formule di stile che in questo caso non appaiono del tutto congruenti.

Sotto tale profilo, esaminata la documentazione oggetto di accesso, trasmessa dal MISE ai fini dell’istruttoria del Garante, e considerando che non si è certamente di fronte a una tipologia di accesso “massivo”, sarebbe stato utile che l’amministrazione individuasse previamente la documentazione oggetto di possibile ostensione (come fatto ai fini dell’invio degli atti al Garante) e la comunicasse al soggetto controinteressato, allo scopo di metterlo in condizione di presentare osservazioni puntuali sui singoli documenti, al fine di riportare i motivi per i quali i dati e le informazioni ivi contenuti – laddove non siano già oggetto di pubblicità – possano arrecargli un danno ed esporlo a ripercussioni, considerando (anche) i contrasti intercorrenti con il soggetto istante.

3.b. Sulle eccezioni del soggetto istante

Sotto diverso profilo, il soggetto istante, ai fini dell’accoglimento integrale della propria istanza di accesso civico, ha provato a dimostrare, nella richiesta di riesame, che non poteva a priori essere eccepito alcun motivo relativo alla protezione dei dati personali – arrivando ad affermare che il soggetto controinteressato non doveva nemmeno essere coinvolto nel procedimento di accesso civico – in quanto la documentazione richiesta afferisce a una selezione pubblica e, a suo parere, secondo parte della giurisprudenza «“le domande e i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati di un concorso pubblico costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l’esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l’essenza della valutazione”. Tali atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, peraltro, non assumono neppure la veste di controinteressati in senso tecnico [processuale] ex artt. 25, legge n. 241 del 1990» (TAR Toscana, sez. I, 29/4/2020, n. 518; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 28/10/2019, n. 2490; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 11/12/2014, n. 1532).

Si tratta di affermazioni non condivisibili, contrarie ai precedenti pareri del Garante in materia e basate su un’erronea interpretazione della giurisprudenza amministrativa citata. Quest’ultima – peraltro lungi dall’affermare che il soggetto controinteressato non debba essere coinvolto nel procedimento di accesso – ha espresso un orientamento, ormai consolidato, che non riguarda affatto l’accesso civico disciplinato dall’art. 5, del d. lgs. n. 33/2013, ma il diverso istituto dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli art. 22 ss. della legge n. 241 del 7/8/1990 esercitato, nei singoli casi esaminati dai giudici, da partecipanti alla procedura concorsuale, portatori, in quanto tali, di un interesse qualificato.

Si tratta dunque di elementi evidentemente non ricorrenti nel caso del soggetto istante, che ha invece presentato un’istanza di accesso civico generalizzato il cui esercizio è riconosciuto a chiunque, senza alcuna motivazione, ed è soggetta – anche considerando il regime di pubblicità dei dati e documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013) a differenza di quelli oggetto di ostensione tramite l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990 – a una valutazione completamente diversa quanto ai limiti previsti dalla normativa di riferimento. Sul punto, anche l’ANAC ha ben messo in evidenza come «Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra [i diversi] interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni» (par. 2.3.).

4. Valutazioni del Garante

Alla luce di tutto quanto sopra descritto, si può sicuramente affermare che, nel caso in esame, il soggetto controinteressato è stato correttamente coinvolto nel procedimento in quanto oggetto dell’acceso civico è la documentazione da lui presentata nell’anno 2004, contenente numerosi dati e informazioni personali di diversa natura e specie afferenti non solo all’identità (nominativo, residenza, recapiti, ecc.), ma anche ai requisiti professionali e ai titoli allora posseduti e presentati dal controinteressato, contenuti in atti come: la domanda presentata; il profilo professionale, con indicazione di titoli e requisiti professionali; il documento d’identità; il curriculum vitae anno 2004; gli attestati e i documenti rilasciati dalle amministrazioni pubbliche relativi allo svolgimento degli incarichi riportati nel curriculum.

Rispetto alle valutazioni necessarie in materia di accesso civico, si deve tuttavia tenere conto della tipologia e della natura dei dati e delle informazioni personali, anche di dettaglio, contenute nei documenti richiesti, nonché della posizione rivestita dal soggetto controinteressato in funzione della quale sono previsti specifici obblighi di trasparenza. Al riguardo, è necessario distinguere fra i dati e le informazioni personali la cui ostensione, unita al particolare regime di pubblicità proprio dell’accesso civico, può effettivamente determinare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali e un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del controinteressato, in violazione del principio di minimizzazione dei dati (art. 5-bis, comma 2, lett. a) del d. lgs n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD; par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico), da quelli che non presentano questa tipologia di pregiudizio e di rischio.

Rientrano sicuramente nella prima categoria – e pertanto non possono essere oggetto di ostensione – dati e informazioni personali contenuti nei documenti richiesti quali recapiti personali (es. domicilio, residenza, telefono), firma autografa, documento d’identità ed eventuali altri elementi, riportati nella documentazione oggetto di accesso, la cui ostensione risultasse effettivamente sproporzionata, rispetto ai diritti e alle libertà del controinteressato.

Rientrano invece sicuramente nella seconda categoria – e pertanto non è possibile richiamare il limite derivante dalla protezione dei dati personali di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a) del d. lgs n. 33/2013 – i dati e le informazioni personali che coincidono con quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria, ai sensi della normativa statale in materia di trasparenza di cui all’art. 14 del d. lgs. n. 33/2013, contenuti nel curriculum vitae reperibile online che già risulta specificare – con indicazione anche dell’anno e del mese – gli studi effettuati, le esperienze lavorative effettuate, gli incarichi ricevuti, ecc.

In tale contesto, per i profili di competenza in materia di protezione dei dati personali, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC, si invita pertanto il Ministero dello sviluppo economico a riesaminare il provvedimento di diniego integrale rispetto all’istanza di accesso civico ricevuta.

In particolare, si sollecita una nuova valutazione sull’ostensione dei dati e delle informazioni personali contenuti nei documenti richiesti, supportata da congrua e coerente motivazione circa l’effettiva sussistenza del limite di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013, che tenga conto della posizione ricoperta dal soggetto controinteressato e delle informazioni attualmente già oggetto di pubblicità a esso riferite.

Ciò al fine di fornire almeno un accesso civico parziale – ai sensi dell’art. 5-bis, comma 4, del d. lgs. n. 33/2013 – alle informazioni e ai dati già pubblici o sui quali non sussiste un effettivo pregiudizio per il soggetto controinteressato; provvedendo, invece, a oscurare, od omissare del tutto, atti, dati e informazioni la cui ostensione tramite l’accesso civico può effettivamente determinare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali e un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del controinteressato (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs n. 33/2013; par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico).

Nell’effettuare tale valutazione e selezione atti, dati e informazioni oggetto di possibile ostensione, deve essere tenuto conto – ai sensi dell’art. 5, par. 1, lett. c e d, del RGPD – del principio del principio di minimizzazione, nonché di esattezza e aggiornamento dei dati personali, che potrebbe essere compromesso dato l’ampio lasso tempo intercorso, pari a ben 17 anni.

Si ritiene, infine, che – nell’ottica dell’economia dei mezzi processuali e al fine di prevenire possibili impugnative in sede giudiziale – sarebbe opportuno altresì considerare la possibilità di rimettere in termini il soggetto controinteressato, coinvolgendolo nuovamente nel procedimento, al fine di metterlo in condizione di indicare eventualmente dati e informazioni non pubblici, che a esso si riferiscono, che possono pregiudicarlo sotto il profilo della protezione dei dati personali, presentando al riguardo una circostanziata e motivata opposizione circa la relativa possibile ostensione.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 6 maggio 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione