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Proteggere i dati personali del lavoratore è oggi l’irrinunciabile ed ultimo veicolo per salvaguardarne la dignità - Intervento di Ginevra Cerrina Feroni

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Proteggere i dati personali del lavoratore è oggi l’irrinunciabile ed ultimo veicolo per salvaguardarne la dignità
Intervento di Ginevra Cerrina Feroni, Vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Federprivacy, 21 luglio 2022)

Che impatto ha l’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? Possiamo dire che esiste oggi una vera e propria ricca casistica su questo argomento, che delinea un orientamento che il Garante e le Corti hanno tracciato e anche modificato negli ultimi anni, adeguandolo al progresso scientifico e pure a un diverso sentire sociale delle generazioni di nativi digitali affacciatesi in un mondo del lavoro completamente diverso e molto distante da quello del passato.

Allora di cosa mi occuperò io, se non direttamente di protezione dati? Del contesto: delle premesse socio-economiche, dell’approccio, che come Membri del Collegio del Garante dobbiamo tenere a mente quando deliberiamo l’approvazione di un provvedimento in materia di privacy dei lavoratori.

Mi piace dire come questo approccio incontri non solo il mio interesse di costituzionalista, come tale doverosamente attenta a tutti i fenomeni sociali ed istituzionali, anche economici e produttivi, che modificano fattualmente le strutture del nostro vivere civile ed organizzato, ma anche il mio affetto di figlia. Sì, perché mio padre, da sindacalista affrontò direttamente e proattivamente i rapidi cambiamenti del mondo del lavoro, nel periodo dei movimenti nati nel ’68 per culminare nell’autunno caldo del 1969. Il suo apprendistato alla politica avvenne nel vivo delle discussioni con i compagni di lavoro dello stabilimento Fiat di Novoli, ove instaurò un rapporto diretto con gli operai e decise di iscriversi alla Fiom.

Temi, quelli legati al mondo del lavoro, che sono rimasti al centro del suo impegno e dei suoi interessi anche nell’attività parlamentare: le politiche energetiche e industriali di un Paese in trasformazione e poi la promozione del modello virtuoso delle cooperative di lavoro, quali spazi partecipati in cui far convivere e realizzare concretamente democrazia e diritto al lavoro – i termini che aprono ed ispirano la totalità della nostra Costituzione repubblicana, ovvero il modo in cui abbiamo scelto di vivere come cittadini liberi.

Competenze digitali e lavoro - Proviamo a ricostruire il rapporto fra competenze, automazione digitale e lavoro: possiamo allora individuare come variabili rilevanti, per analizzare l’evoluzione dei processi di automazione, il grado di complessità delle funzioni – da routinarie a complesse – e il carattere astratto o concreto delle mansioni. Nella prima rivoluzione industriale vennero meccanizzate le funzioni routinarie e manuali – si pensi all’agricoltura. Successivamente, con l’introduzione delle macchine per scrivere, dei primi calcolatori elettronici, fino alla introduzione della dematerializzazione del lavoro ai nostri giorni, l’automazione ha ridotto l’occupazione non solo nell’industria ma anche nei servizi, determinando una nuova fase di riorganizzazione nell’intera società.

Si sta ora procedendo verso un’automazione di funzioni più complesse, sia predeterminate con macchine automatiche e robot che possono sviluppare sequenze complesse di comandi, fino alla fase attuale in cui si progettano macchine in grado di affrontare funzioni complesse ed astratte, grazie all’intelligenza artificiale. I processi di machine learning che governano queste macchine si stanno spostando da un’intelligenza artificiale settoriale, cioè specializzata in un solo campo di azione (ad esempio il gioco degli scacchi), ad un’intelligenza artificiale generale, in cui l’applicazione a diversi campi permette processi di autoapprendimento che si giovano del trasferimento incrociato fra diversi modelli di conoscenza. I limiti nello sviluppo dei robot oggi stanno solamente nella cosiddetta intelligenza creativa e nell’intelligenza sociale, cioè l’insieme di quelle capacità relazionali, negoziali e cooperative che costituiscono esse stesse parte di una creatività che ha non solo un potenziale di originalità rispetto a soluzioni precedenti, ma anche di effectiveness, cioè di impatto trasformativo sullo stesso ambiente che le ha generate.

Potremmo allora porre in relazione il grado di dexterity – cioè di manualità – e le capacità di judgement – ovvero le capacità di riflessione, relazione, sviluppo, quindi creatività come sopra descritte. E individueremmo allora quattro situazioni rilevanti. Innanzitutto una situazione a bassa manualità e bassa creatività, quindi in grado di generare un valore aggiunto molto ridotto; sono queste le attività più rapidamente meccanizzabili, ad esempio sostituendo nei lavori di spostamento di componenti e parti il lavoro umano con carrelli e bracci meccanici, agibili con sequenze preordinate di azioni semplici. Da questa prima fase si è articolata una seconda, in cui le sequenze predeterminate di comandi si allungano e diventano più complesse fino a configurare diverse soluzioni in sequenza, anche sviluppando attività che per capacità di manipolazione e particolare difficoltà ambientale non possono essere svolte dall’uomo. D’altra parte, lo sviluppo di strumenti di riconoscimento dei beni in lavorazione e di elaborazione di dati di produzione portano a generare la possibilità di trattare mansioni di crescente complessità, con macchine in grado di gestire varietà di funzioni. Unendo questi due percorsi si arriva allo sviluppo di sistemi robotizzati in grado di elaborare strategie di risposta e anticipazione di problemi non predeterminati, quindi macchine in grado di sviluppare una propria intelligenza, che più che sostituire aumenta le capacità creative dell’uomo.

Il futuro del (mondo del) lavoro - Bisogna allora domandarsi quale sia il futuro del lavoro in questa società, in cui le macchine possono imparare e quindi divenire autonome, come tante volte descritto in una lunga tradizione letteraria che ritenevamo fantascientifica. Bisogna essere ottimisti o catastrofisti, immaginando un mondo in cui, liberati dal lavoro, svolgeremo solo lavori artistici, o prevedendo società abbrutite di uomini senza lavoro, al margine di sistemi produttivi dominati dalle macchine?

Ciò che osserviamo oggi è che le due visioni possono purtroppo coesistere: si sta certamente sviluppando un’ampia area di automazione, ma al margine di questa si stanno consolidando due diverse aree che sembrano allontanarsi sempre più. Da una parte troviamo un’area di lavori ad alta creatività e manualità, per gestire proprio quei sistemi di produzione che moltiplicando le possibilità produttive, richiedono competenze più avanzate ed integrate: non solo ingegneri che conoscono i materiali, e analizzano l’andamento dei mercati e ne riconoscono i bisogni emergenti, ma anche tecnici per produzioni a sempre più alto valore aggiunto; fisici e chimici che debbono rispondere a problemi globali o ad emergenti problemi industriali; informatici, o meglio data scientist, che si applicano alle scienze umane e human and social scientist che necessitano di strumenti di data science.

Nel contempo si sta sviluppando un comparto di lavorazioni a basso valore aggiunto, con condizioni contrattuali del tutto precarie, legate ad attività ripetitive ed instabili, perché soggette a stagionalità o non prevedibili, che non giustificano investimenti in automazione né tantomeno in gestione delle risorse umane atte a valorizzarne le competenze, escluse da ogni tutela sindacale. Nei settori della logistica, della grande distribuzione o della lavorazione delle carni, ad esempio, vengono denunciati anche in Italia fenomeni di precarizzazione e riduzione sia dei salari che delle tutele sindacali, con situazioni di grandi imprese operanti nell’e-commerce che contemporaneamente prevedono condizioni di lavoro tutelate e valorizzate nelle funzioni ad alto valore aggiunto e direttive, e condizioni assolutamente precarie senza tutele nelle attività a basso valore aggiunto. Il rischio di una società spaccata fra mondi non comunicanti emerge dunque dietro l’angolo di questa nuova industrializzazione, che impone un’ulteriore attenzione in termini di modalità di organizzazione della stessa società ed in fondo di democrazia, perché forte è il rischio che né un gruppo sociale né l’altro si riconoscano più nei valori fondanti di solidarietà ed eguaglianza che hanno costituito l’ossatura dell’Europa uscita dalla Seconda guerra mondiale.

L’innovazione del mondo del lavoro non può prescindere oggi di passare attraverso una verifica minuziosa della tenuta dei diritti, altrimenti, tutta la retorica del “neoumanesimo” e dell’“antropocentrismo” verrebbe svuotata.

Ecco, quindi, la protezione dei dati personali: presidio a garanzia dell’identità, della personalità, dell’integrità del lavoratore nel contesto della digitalizzazione, che porta il dibattito sull’automazione alle sue estreme conseguenze. Proteggere i dati personali del lavoratore dalla manipolazione, o dalle decisioni di una macchina, che potrebbe oggi essere chiamata anche a dirigerne le mansioni e valutarne la produttività, è oggi l’irrinunciabile ed ultimo veicolo per salvaguardarne la dignità.