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Provvedimento del 21 luglio 2022 [9812455]

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[doc. web n. 9812455]

Provvedimento del 21 luglio 2022

Registro dei provvedimenti
n. 256 del 21 luglio 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 29 ottobre 2020 con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC:

a) la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo di alcuni URL che riportano «notizie ormai obsolete, risalenti al 2014/2015 e riguardanti una vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta direttamente e che, a seguito dell’evoluzione successiva, non rispecchiano più la sua dimensione personale e professionale attuale»;

b) «la rimozione dal servizio Google Autocomplete e dalle ricerche correlate del motore di ricerca Google Web Search delle parola "arrestata", “indagata” e “processo”, in relazione alle ricerche a partire dal nome della reclamante e comunque, di ogni altro aggettivo negativo collegato alla digitazione del nome della reclamante, nella casella di ricerca su Google, oltre all’eliminazione dei termini "arrestata", “indagata” e “processo”, abbinati al suo nome dai suggerimenti della voce 'ricerche correlate' dei risultati di ricerca di Google connessi al suo nome»;

CONSIDERATO che nel reclamo viene rappresentato in particolare che:

dalla pubblicazione degli articoli reperibili agli URL oggetto di reclamo, avvenuta nel gennaio 2015, è ormai trascorso un notevole lasso di tempo, tale da giustificare la tutela del diritto all’oblio;

i dati contenuti negli articoli inoltre sono inesatti e non aggiornati, in violazione dell’art. 5 del Regolamento UE 2016/679, in quanto in essi «si parla di arresto, condizione che non corrisponde più alla realtà attuale. La reclamante è infatti libero ed esercita regolarmente la propria professione di dottore commercialista»;

la permanenza di tali notizie parziali, inesatte, non aggiornate e obsolete, in violazione dei principi di cui al Regolamento UE 679/2016, provoca un danno all’immagine della reclamante ed il trattamento illecito dei suoi dati personali;

tali conseguenze sono aggravate dall’ulteriore circostanza che, attraverso la funzione “Autocomplete”, al nome e cognome della reclamante il motore di ricerca associa le parole “arrestata”, “indagata” e “processo” «suggerendo all’ignaro utente una distorta rappresentazione della realtà», peraltro non aggiornata rispetto all’evoluzione della sua posizione giudiziaria.

VISTA la nota del 23 giugno 2021 (prot. n. 33959/21) con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 13 luglio con la quale Google LLC ha rilevato:

a) che le pagine web restituite agli URL indicati con i nn. da 1 a 12 nel riscontro fornito nel corso del procedimento, non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca di Google associati al nome della reclamante e pertanto ritiene di non dover prendere alcun provvedimento in merito:

b) di non poter aderire alla richiesta del reclamante, non sussistendo i presupposti per il diritto all’oblio, con riferimento ai restanti URL:

• https://...

• https://...

• https://...

• https://..

ciò in quanto:

gli URL in esame rimandano a contenuti di recente pubblicazione (2014-2105) attinenti a fattispecie criminose gravi: «la reclamante è stata infatti sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere per bancarotta fraudolenta, corruzione, peculato e omesso versamento dei contributi, quando la stessa era la direttrice generale della XX, una società a totale partecipazione pubblica»;

la reclamante non fornisce alcuna informazione in ordine all’evoluzione successiva della vicenda, limitandosi ad indicazioni generiche che non consentono di comprovare l’asserita inesattezza dei dati, la quale – secondo quanto precisato dal Garante nel pprovvedimento n. 262 del 10 dicembre 2020− «è sindacabile dall’Autorità nei limiti in cui sia verificabile la non corrispondenza delle informazioni diffuse rispetto ad elementi oggettivi», mentre, «nel caso di specie, alla luce delle scarne informazioni fornite con il reclamo, gli unici elementi oggettivi nella disponibilità di Google LLC dimostrano l’innegabile sussistenza di un interesse pubblico alla reperibilità delle notizie di cui agli URL contestati»;

risulta sussistente l’interesse del pubblico ad avere conoscenza di tali informazioni, considerata la recente data di pubblicazione degli articoli, la gravità dei fatti di rilevanza penale descritti commessi dalla reclamante nello svolgimento di un ruolo di natura pubblica;

l’interesse è altresì reso evidente in considerazione anche del ruolo che attualmente ricopre la reclamante, avendo dichiarato di svolgere la professione di commercialista «ed è pertanto iscritta al relativo Albo dei commercialisti e degli esperti contabili e considerando che i reati che hanno condotto al suo arresto erano peraltro reati contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione»;

gli URL di cui la reclamante chiede la rimozione hanno natura giornalistica, circostanza rilevante ai fini della conferma del sussistente interesse pubblico alla notizia, secondo quanto indicato nelle Linee Guida del WP29 (p.19);

c)  con riferimento infine ai presunti suggerimenti restituiti dal servizio “Autocomplete” per ricerche effettuate attraverso il nome della reclamante:

gli aggettivi "indagata" e "arrestata" non appaiono tra i menzionati suggerimenti e, pertanto, non può adottare alcun provvedimento in merito;

con riferimento invece alla previsione "processo 2017" ritiene di non dover compiere nessuna azione in quanto «il servizio Google Autocomplete è una funzionalità automatica del motore di ricerca Google Search che riproduce in un menù a tendina sotto la stringa di ricerca alcune previsioni basate, tra gli altri, anche sui termini che gli utenti associano più frequentemente a una determinata parola chiave. Il servizio Google Autocomplete riflette dunque le ricerche realmente effettuate dagli utenti tramite il motore Google Search e quanto ritenuto dalla generalità degli utenti di specifico interesse»;

VISTA la nota del 27 luglio 2021 con cui la reclamante ha ribadito le proprie posizioni rappresentando che:

«le notizie contenute negli articoli non sono né esatte, né aggiornate, in quanto la misura cautelare alla quale è stata sottoposta la reclamante è stata revocata», specificando ulteriormente che «benché il procedimento penale non sia ancora concluso, il trattamento di dati giudiziari riferiti ad uno stato di detenzione in carcere, risulta, in considerazione dell’intervenuta revoca della misura cautelare, fuorviante ed in contrasto con i principi di esattezza ed aggiornamento dei dati espressamente previsti dal Regolamento»;

avrebbe fornito successivamente copia del provvedimento di revoca della misura cautelare;

contrariamente a quanto affermato da Google LLC, va esclusa la natura giornalistica dei contenuti, «quanto meno il terzo dei link sopra citato risulta pubblicato da un blogger non identificabile, al quale, peraltro, non è possibile indirizzare alcuna richiesta»;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

le informazioni contenute nei due URL oggetto di contestazione si riferiscono ad una vicenda giudiziaria relativamente recente, afferente ad ipotesi di reato ascritte (anche) alla reclamante in relazione alla gestione di una società di servizi a partecipazione pubblica (poi dichiarata fallita: cfr. Cass. I sez, Civ, 16 maggio 2018 n.17279) e quindi l’uso di risorse pubbliche destinate a servizi fondamentali per la collettività (pulizia e smaltimento rifiuti), vicenda peraltro ancora pendente nelle more del presente procedimento, secondo quanto riferito dalla stessa reclamante;

allo stato l’interessata non ha comunque fornito alcuna documentazione (compreso l’accennato provvedimento di revoca della misura cautelare) relativa agli sviluppi giudiziari eventualmente intercorsi nel corso del procedimento;

le informazioni contenute negli URL oggetto di doglianza – aventi natura giornalistica − risultano pertanto rispondenti ad un interesse pubblico da ritenersi ancora attuale tenuto conto, oltre che del limitato periodo di tempo trascorso dal verificarsi dei fatti, anche del ruolo assunto dall’interessata nella vita pubblica, sia all’epoca a cui si riferiscono i fatti a lei contestati (quale figura di vertice della società di servizi sopra citata), sia alla luce dell’attività professionale (commercialista) che dichiara attualmente di svolgere, rispetto alla quale attività le informazioni riportate negli articoli presentano comunque attinenza, così da confermarne l’interesse alla reperibilità;

PREMESSO infine, con riferimento alla funzione di “Autocomplete” resa da Google, che il Garante ha già avuto modo di precisare che anche i risultati prodotti da questa ed altre funzioni di Google, seppure automatizzate, devono – se del caso – essere corrette dall’intervento del titolare (provv. n.496 del 24 novembre 2016, doc. web n. 5905700 e n.93 del 18 aprile 2019, doc. web n. 9123997);

RILEVATO tuttavia che, nel caso di specie:

la richiesta della reclamante relativa ai termini (“arrestata”, indagata”, “processo”) che sarebbero suggeriti in associazione al suo nominativo non ha fatto oggetto di interpello preventivo;

in ogni caso, detta funzione non suggerisce i termini “arrestata” e indagata”, come affermato nel reclamo;

la funzione suggerisce le parole “processo 2017” che afferiscono a contenuti − riguardanti ipoteticamente la reclamante – ma diversi da quelli di cui si duole la stessa e per i quali non è stato fornito alcun elemento di valutazione nel reclamo;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 21 luglio 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei