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Contrasto alla pornografia non consensuale: istruzioni per l’uso - Intervento di Guido Scorza

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Contrasto alla pornografia non consensuale: istruzioni per l’uso
C’è il Garante per la protezione dei dati personali al quale ci si può rivolgere. Se, invece, si preferisce non interfacciarsi con un’Autorità ma, provare, a fare da soli ci sono altre due strade che possono comunque risultare utili

Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(HuffPost, 5 dicembre 2022)

In una società sempre più digitale capita a giovani, meno giovani e adulti di trovarsi a condividere immagini sessualmente esplicite in contesti diversi: un momento di intimità vissuto a distanza con il proprio partner [il c.d. sexting], un gioco o, quello che sembra un gioco, con uno sconosciuto o sconosciuta online che rischia poi di trasformarsi in un incubo perché chi sta dall’altra parte del PC, del tablet o dello smartphone minaccia di pubblicare le nostre foto o i nostri video se non paghiamo un “riscatto” (la c.d. sextorsion), una delle tante – purtroppo – storie di adescamento, specie in danno dei più piccoli, nell’ambito delle quali qualcuno si conquista la loro fiducia e poi chiede e ottiene foto o video sessualmente espliciti (il c.d. grooming).

Sfortunatamente sono tutti “incidenti” che accadono più frequentemente di quanto non si pensi perché, naturalmente, chi ne è vittima non ama condividere la propria esperienza anche perché, spesso, si sente in difetto, in colpa, in qualche modo co-responsabile per aver permesso che accadesse o, più semplicemente, sciocco o sciocca a “esserci cascato/a”.

I casi in Italia sono nell’ordine delle decine di migliaia e sono, a tutti gli effetti, casi di violenza sessuale, episodi – gravi e anzi gravissimi -di limitazione della libertà del singolo, della sua intimità, della sua dignità.

E, naturalmente, non c’è ragione al mondo perché la vittima, giovane o adulta, donna o uomo debba sentirsi in difetto: la condivisione di contenuti sessualmente espliciti, in una società digitale e connessa nella quale la linea di confine tra il pubblico e il privato è drammaticamente erosa da tecnologie che rendono sempre più facile rendere pubblico anche ciò che è nato per restare privato rappresenta, certamente, un’attività rischiosa ma non per questo, specie se si è adulti, un’attività che non dovrebbe sentircisi liberi di fare o da trovare innaturale.

È una delle tante forme della libertà sessuale.

Violento, illecito, spietato, criminale è, invece, il comportamento di chi rompe il patto di fiducia e riservatezza nell’ambito del quale ha ricevuto talune foto o video e, per le ragioni più diverse – dalla sottovalutazione delle conseguenze, alla volontà di nuocere a qualcuno o qualcuna, all’avidità o a una qualche forma di perversione sessuale – decide di renderli pubblici.

Ma, comunque vada, le conseguenze e gli effetti della diffusione non consensuale di contenuti sessualmente espliciti possono essere devastanti, distruggere la vita di una persona e, nei casi più gravi, indurla al suicidio.

È per questo che la pornografia non consensuale rappresenta un fenomeno da combattere senza esitazioni, risparmi di energie, strumenti e determinazione, almeno con l’ambizione – perché di più, purtroppo, non è possibile – di debellarlo dalla società.

Ed è per questo che è importante che tutti – giovani e adulti-, perché nessuno può sentirsi davvero al riparo dal rischio di esserne vittima, abbiano chiaro che se qualcosa va storto o anche solo se percepiscono che qualcosa potrebbe andare storto, ci sono oggi, anche in Italia, strumenti e rimedi che se non valgono sempre e comunque ad eliminare ogni rischio, consentono almeno di limitarne le conseguenze e gli effetti che è, probabilmente, la cosa che conta di più.

E vale, quindi, la pena ricordare cosa fare se, dopo aver condiviso – non ha importanza perché e in che contesto – foto o video sessualmente espliciti sia ha il sospetto che benché destinate a rimanere privati, potrebbero essere pubblicati.

In casi come questo, tanto per cominciare, c’è il Garante per la protezione dei dati personali al quale ci si può rivolgere semplicemente seguendo le istruzioni disponibili a questa pagina e compilando l’apposito modulo per chiedere che ordini almeno alle più grandi piattaforme di condivisione di contenuti online di bloccare preventivamente la pubblicazione delle foto o video in questione.

Presupposto per poterlo fare – ma è presupposto comune a ogni forma di iniziativa preventiva – è disporre di una copia del contenuto incriminato.

Se, invece – posta che ciascuno di noi è diverso – si preferisce non interfacciarsi con un’Autorità ma, provare, a fare da soli ci sono altre due strade che possono comunque risultare utili.

Ci si può rivolgere a STOPNCII.ORG, un’organizzazione non profit internazionale che lavora con Facebook, Instagram e Tik Tok e che, in maniera completamente automatica, si farà carico di cercare di impedire che il contenuto in questione finisca sulle piattaforme dei propri partner o ci si può rivolgere a Permesso Negato, la più grande associazione italiana e, probabilmente europea, non profit per il contrasto alla pornografia non consensuale, raggiungibile a questo sito.

Insomma, se si teme che qualcuno stia per pubblicare nostre foto o video sessualmente espliciti online senza il nostro consenso e si vuole evitare che accada o, almeno, fare il possibile perché non accada, le soluzioni, oggi, esistono e, pur non essendo salvifiche, sono, certamente, capaci di limitare le conseguenze di un fenomeno che potrebbe rovinarci per davvero la vita e contro il quale, difficilmente, chiunque di noi, da solo o da sola, può battersi.

Se poi le cose fossero precipitate e le nostre foto o video fossero già online è importante sapere che chi le ha pubblicate senza il nostro permesso ha commesso un reato e violato la nostra privacy e, quindi, ci si può rivolgere alla Polizia Postale, al Garante per la protezione dei dati personali o, se si vuole chiedere aiuto, alla già citata Permesso Negato.

Non c’è una strada migliore dell’altra ma ce n’è una peggiore di tutte: non reagire, non chiedere aiuto, sentirsi in difetto e provare a fare tutto da soli.