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Provvedimento del 5 giugno 2003 [1132114]

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[doc. web n. 1132114]

Provvedimento del 5 giugno 2003

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof. Gaetano Rasi e del dott. Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

Esaminato il ricorso presentato da XY, rappresentato e difeso dall´avv. Marco Pedrett presso il cui studio ha eletto domicilio

nei confronti di

Telecom Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall´avv. Elisabetta Busuito presso il cui studio ha eletto domicilio;

Visti gli articoli 13 e 29 della legge 31 dicembre 1996, n. 675 e gli articoli 18, 19 e 20 del d.P.R. 31 marzo 1998, n. 501;

Viste le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il prof. Giuseppe Santaniello;

PREMESSO:

Il ricorrente, intestatario di un´utenza telefonica fissa, espone di non aver ricevuto idoneo riscontro da Telecom Italia S.p.A. a diverse istanze formulate ai sensi dell´art. 13 della legge n. 675/1996 con le quali aveva chiesto di conoscere i dati di traffico telefonico "in entrata" relativi all´utenza suddetta, riferiti al periodo intercorrente tra il 1° settembre 2001 e il 30 novembre 2001.

I dati sarebbero necessari a fini probatori in relazione ad un procedimento civile pendente in primo grado nel quale il medesimo ricorrente è convenuto, nonché in relazione ad un procedimento disciplinare promosso nei confronti dello stesso ricorrente dal Consiglio dell´Ordine degli avvocati di Verona; ambedue le vertenze, espone il ricorrente, potrebbero assumere "anche risvolti penali".

Nel ricorso ai sensi dell´art. 29 della legge n. 675/1996 ha ribadito le proprie richieste, chiedendo di porre a carico della resistente le spese del procedimento, e deducendo altresì che:

  • "la deroga di cui al principio sancito all´art. 14, comma 1, lettera e bis), della legge n. 675/96 deve certamente essere interpretata in senso estensivo, ossia deve comprendere anche l´accesso alle informazioni sul traffico in entrata che si rendano necessarie per l´esercizio del diritto alla difesa in sede civile", in conformità all´art. 24 Cost.;
  • sin dalla proposizione della prima istanza in data 28 gennaio 2003, il ricorrente, "pur non essendo tenuto a fornire spiegazioni in merito alla controversia in atto avendo esercitato il proprio diritto di accesso ai sensi dell´art. 13 della legge n. 675/96 – [aveva allegato] alla richiesta la copia del frontespizio dell´atto introduttivo del suddetto procedimento civile, con relativa relata di notifica, al fine di comprovare la serietà ed oggettività dei motivi che rendevano necessario l´accesso ai dati personali richiesti";
  • il Consiglio dell´Ordine degli avvocati di Verona avrebbe segnalato i fatti oggetto della vertenza civile e del procedimento disciplinare alla Procura della Repubblica di Verona, "con la probabile apertura di un procedimento penale nei confronti del ricorrente".

All´invito ad aderire formulato da questa Autorità in data 16 maggio 2003, ai sensi dell´art. 20 del d.P.R. n. 501/1998, Telecom Italia Mobile S.p.A. ha risposto con note in data 28 maggio 2003 e nell´audizione svoltasi il 29 maggio 2003, deducendo:  

  • di aver messo a disposizione prima del ricorso i dati relativi al traffico "in uscita";
  • di aver già segnalato l´impossibilità di comunicare i dati relativi al traffico telefonico "in entrata" ai sensi dell´art. 14, comma 1, lettera e-bis), della legge n. 675/1996, nella parte in cui esclude l´esercizio del diritto di accesso nei confronti dei trattamenti di dati personali effettuati "da fornitori di servizi di telecomunicazioni accessibili al pubblico, limitatamente ai dati personali identificativi di chiamate telefoniche entranti, salvo che possa derivarne pregiudizio per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397";
  • che il legislatore avrebbe indubitabilmente voluto "escludere da tale deroga non solo tutte le situazioni diverse dalle investigazioni difensive (ad esempio il contenzioso civile), ma anche quelle in cui il mancato ottenimento dei tabulati non sia tale da determinare un effettivo pregiudizio";
  • che tale ipotesi non si riscontrerebbe nella fattispecie, difettando l´esistenza stessa di un procedimento penale in relazione al quale svolgere le investigazioni difensive;
  • che il ricorrente non avrebbe comunque fornito prova del pregiudizio che deriverebbe dalla mancata disponibilità dei dati di traffico "in entrata".

La società ha chiesto infine di porre a carico del ricorrente le spese sostenute per il procedimento.

Il ricorrente, ribadendo le proprie posizioni con memoria in data 29 maggio 2003, ha ulteriormente dedotto:

  • che sia il procedimento civile, sia quello disciplinare instaurati nei suoi confronti si baserebbero sull´asserita mancata autorizzazione di un proprio cliente alla disposizione di cose mobili ricevute in esecuzione di una transazione;
  • che proprio per esercitare validamente il proprio diritto alla difesa, di fronte al Consiglio dell´Ordine ed alla Procura della Repubblica il ricorrente necessiterebbe di provare che l´autorizzazione sia stata accordata per via telefonica, anche attraverso l´analisi dei tabulati relativi alle chiamate in entrata;
  • che non potrebbe sostenersi che il ricorrente sia tenuto a provare, già nella richiesta di accesso, non solo l´esistenza di un procedimento penale in relazione al quale le indagini difensive sono in corso, ma anche il pregiudizio che a tale svolgimento potrebbe derivare dalla mancata produzione dei tabulati, "e ciò per almeno due ordini di ragioni: violazione del diritto alla difesa dell´interessato che, per vedere tutelato il proprio diritto alla difesa, dovrebbe comunicare informazioni strettamente personali ad un soggetto terzo ed esterno alle parti in causa; […] arbitraria attribuzione al gestore di telefonia del potere di compiere valutazioni in merito alla rilevanza di un mezzo di prova in un procedimento instaurato avanti ad un´autorità giudiziaria".

CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA:

Il ricorso verte sull´esercizio del diritto di accesso a dati personali relativi al traffico telefonico "in entrata" relativi ad un´utenza telefonica fissa.

Sulla richiesta di conoscere i dati identificativi delle chiamate telefoniche "in entrata", trova applicazione l´art. 14, comma 1, lett. e-bis), della legge n. 675/1996, il quale esclude l´esercizio dei diritti di cui all´art. 13, comma 1, lett. c) e d), della medesima legge "nei confronti dei trattamenti di dati personali raccolti (…) da fornitori di servizi di telecomunicazioni accessibili al pubblico, limitatamente ai dati personali identificativi di chiamate telefoniche entranti, salvo che possa derivarne pregiudizio per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397".

Tale disposizione traccia un primo bilanciamento tra il diritto dell´abbonato interessato ad accedere a dati personali che lo riguardano e il diritto alla riservatezza di terzi (eventuali utenti chiamanti e soggetti chiamati), circoscrivendo il diritto di accesso "diretto" del chiamato alle sole chiamate "in entrata" di cui sia necessaria la conoscenza in quanto, altrimenti, il diniego di accesso comporterebbe un pregiudizio per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge n. 397/2000. Ciò, anche in relazione alla vigente disciplina dell´identificazione della linea chiamante e delle chiamate di disturbo (artt. 6 e 7 d.lg. n. 171/1998).

Il ricorso è inammissibile.

Nel caso di specie i presupposti richiamati all´art. 14, comma 1, lett. e-bis), della legge n. 675/1996 non ricorrono integralmente.

La richiesta di accesso è stata infatti formulata con riferimento ad un procedimento civile in corso, sul quale si è innestato un procedimento disciplinare a carico dello stesso ricorrente, procedimento che, a sua volta, a parere di quest´ultimo, potrebbe assumere anche rilievo penale.

Il ricorrente non ha allegato all´istanza di accesso elementi che permettono di comprovare la sussistenza o concreta eventualità di un procedimento penale in corso, al di fuori della circostanza dell´avvenuta comunicazione da parte del Consiglio dell´Ordine di Verona alla competente Procura della Repubblica; né tale evenienza è rilevabile dalla documentazione prodotta nel corso del procedimento, dalla quale non si evidenzia neppure la presenza di un effettivo pregiudizio che potrebbe derivare dalla mancata conoscenza dei dati personali richiesti.

Tali considerazioni non precludono la possibilità per il ricorrente di reiterare la propria richiesta di accesso, ove sussistano i requisiti previsti dall´art. 14, comma 1, lett. e-bis), della legge n. 675/1996.

Alla luce della complessità della vicenda esaminata sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese fra le parti.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE:

a) dichiara inammissibile la richiesta del ricorrente di conoscere i dati personali identificativi delle chiamate telefoniche "in entrata", nei termini di cui in motivazione;

b) dichiara compensate le spese fra le parti.


Roma, 5 giugno 2003

IL PRESIDENTE
Rodotà

IL RELATORE
Santaniello

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli

Scheda

Doc-Web
1132114
Data
05/06/03

Tipologie

Decisione su ricorso