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2.9 Ricerca - Relazione 1998 - 12 aprile 1999

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Indice

Relazione annuale 1998

2. Temi di maggior rilievo nell´attività del Garante

2.9 Ricerca

2.9.1 Ricerca storica e archivi
La tutela delle persone in relazione al trattamento dei dati personali trova nella ricerca storica un terreno applicativo del tutto peculiare. Nello svolgimento dei propri studi, infatti, gli storici si trovano necessariamente a consultare ed elaborare una grande quantità di documenti contenenti dati personali. Di qui il problema di valutare in che misura e con quali modalità possa essere applicata a tali trattamenti la disciplina disposta in via generale dalla l. 31 dicembre 1996, n. 675, in modo da operare in concreto un adeguato contemperamento tra la tutela della riservatezza e l´attività di ricerca.

a) Il legislatore ha avuto riguardo a queste esigenze. La l. n. 675/1996, infatti, nel dettare modifiche alla normativa vigente, ha voluto espressamente specificare che "restano ferme, in quanto compatibili, le vigenti norme in materia di accesso ai documenti amministrativi e agli archivi di Stato" (art. 43, comma 2). Parallelamente, la l. n. 676, dello stesso 31 dicembre, recando una delega al Governo - successivamente rinnovata dal Parlamento con la l. 6 ottobre 1998, n. 344, sino al nuovo termine del 31 luglio 1999 - tiene conto della necessità di adottare uno o più decreti legislativi al fine di disciplinare proprio le modalità di trattamento dei dati personali utilizzati a fini storici e di ricerca (art. 1, comma 1, lett. a)).

Il tenore delle disposizioni appena richiamate mostra, da un lato, che il legislatore aveva inteso garantire comunque una tutela di fronte a tali trattamenti, sebbene essi siano svolti in relazione ad avvenimenti anche molto risalenti nel tempo e si riferiscano spesso a persone non più in vita; dall´altro, che nell´ulteriore specifica disciplina sarebbe stato necessario tenere conto delle particolarità proprie di questo tipo di utilizzo dei dati personali.

Invero, il riconoscimento delle peculiarità di tale problematica non trae origine solo da una scelta del Parlamento italiano, ma trova fondamento e sostegno in un ampio lavoro di elaborazione a livello internazionale che ha portato già all´emanazione di importanti atti normativi. Al riguardo, sono da ricordare i "considerando" nn. 29 e 40 e l´art. 6 della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, la quale ha rappresentato il principale parametro per il nostro legislatore nell´elaborazione della l. n. 675/1996. In particolare, la direttiva afferma che il trattamento di dati personali per scopi storici (oltreché statistici o scientifici) non deve essere ritenuto incompatibile con le varie finalità per le quali i dati sono previamente raccolti, purché gli Stati membri forniscano garanzie "appropriate", tali da impedire, in particolare, l´uso dei dati per l´adozione di misure o decisioni nei confronti di singoli. Inoltre, i trattamenti a fini storici (anche in questo caso analogamente a quelli statistici o scientifici) rientrano tra quelli che in presenza di "garanzie adeguate" possono permettere la conservazione per i medesimi fini di dati precedentemente utilizzati per altre finalità.

È da richiamare poi la corposa elaborazione effettuata in sede di Consiglio d´Europa, che aveva condotto dapprima alla raccomandazione n. R. (83) 10 adottata il 23 settembre 1983, uno degli atti normativi espressamente richiamati dalla l. n. 676/1996 quale parametro cui uniformare la nostra legislazione in materia; successivamente, alla Raccomandazione n. R (97) 18 sui dati raccolti e trattati per scopi statistici, e infine all´ormai imminente adozione di un più avanzato progetto di raccomandazione specificamente dedicato agli archivi.

In questo quadro, il Garante ha dedicato particolare attenzione alle tematiche relative ai trattamenti svolti in sede di ricerca storica, anche al fine di armonizzarne la disciplina con l´evoluzione normativa in materia di trasparenza e accesso ai documenti amministrativi, nonché con quella relativa ai trattamenti realizzati dai giornalisti e dagli altri soggetti che esercitano attività di informazione.

Sembra infatti ragionevole che la progressiva tendenza a estendere l´accessibilità da parte dei cittadini ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione debba trovare piena applicazione anche quando gli stessi documenti siano custoditi dall´amministrazione degli Archivi di Stato. In altri termini, un dato che era accessibile in base alla normativa sulla trasparenza amministrativa non può non continuare a esserlo quando viene riversato negli Archivi. Né appare giustificato che, a parità di condizioni, uno storico si trovi in una posizione sfavorevole rispetto a quella del cittadino o del giornalista. Anzi, la consultabilità acquista particolare rilievo proprio per il suo normale collegamento con la finalità di pubblicare e divulgare le elaborazioni effettuate su tale materiale sotto forma di manifestazioni del pensiero. Naturale è, qui, il riferimento alla disciplina dei trattamenti svolti nell´esercizio di attività d´informazione, la quale trova applicazione in relazione non solo a quelli effettuati dai soggetti iscritti all´albo, ma anche ai trattamenti temporanei "finalizzati unicamente alla pubblicazione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero" (art. 25 l. n. 675/1996, come modificato dal d.lg. 28 luglio 1997, n. 123 e dal d.lg. 13 maggio 1998, n. 171).

È chiaro, da un lato, che le esigenze di ricerca storica richiedono la conservazione dei dati per un periodo superiore a quello richiesto dalle originarie finalità per le quali erano stati raccolti; dall´altro, che gli storici si trovano a utilizzare i dati per finalità diverse da quelle originarie: la ricerca storica, appunto. Ciò, però, non contrasta necessariamente con le disposizioni sulla tutela dei dati personali dedicate ai dati storici - se adeguatamente interpretate alla luce delle considerazioni sin qui accennate - e in particolare con i princìpi sanciti dall´art. 9 della l. n. 675/1996, per quanto attiene al vincolo della conservazione dei dati in modo da consentire l´identificazione dell´interessato "per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi erano stati raccolti e successivamente trattati" (comma 1, lett. e)).

b) All´interno di questo processo di graduale adeguamento della normativa in materia, nella prima metà del 1998 il Garante ha partecipato a un gruppo di lavoro costituito presso l´Archivio centrale dello Stato - Ministero per i beni culturali e ambientali, con lo scopo, oltre che di provvedere all´organizzazione della Conferenza nazionale degli Archivi (Roma, 1-3 luglio 1998), anche di elaborare un primo progetto da cui sarebbero potuti scaturire i testi dei richiamati decreti previsti dalla l. n. 676/1996.

Si è così pervenuti a un primo progetto di decreto successivamente sottoposto al Consiglio dei ministri. L´articolato, dando attuazione alla delega prima richiamata, sanciva esplicitamente la non incompatibilità del trattamento dei dati personali ai fini di ricerca storica con gli scopi per i quali essi erano stati originariamente raccolti e successivamente trattati. Esso disponeva inoltre che - nel rispetto delle altre disposizioni della stessa l. n. 675/1996 - tale uso delle informazioni poteva essere effettuato anche oltre il periodo di tempo indicato dal richiamato art. 9, comma 1, lett. e) della legge.

Inoltre, provvedeva sia a modificare l´art. 21 del d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 ("Norme relative all´ordinamento e al personale degli Archivi di Stato"), con il quale sono disciplinati i limiti alla consultabilità dei documenti, sia a inserire un nuovo articolo 21-bis, specificamente dedicato al trattamento dei dati personali ai fini di ricerca storica. Quest´ultimo prevedeva che i documenti contenenti dati personali conservati negli Archivi di Stato potessero essere trattati a fini di ricerca storica a prescindere dagli scopi per i quali essi erano stati originariamente formati e successivamente trattati; in tal modo intendeva armonizzare meglio la disciplina, a favore di chi conduca ricerche storiche, con il precetto dell´art. 15, comma 1 della l. n. 675/1996 che, seppure nel diverso contesto della sicurezza dei dati, considerando il "trattamento non conforme alle finalità della raccolta" come un rischio, potrebbe portare, sul piano teorico, a non tener conto che, invece, quel modo di trattare i dati d´archivio è, per così dire, connaturato proprio al lavoro dello storico (conseguenza invero evitata già dall´art. 9, comma 1, lett. b) e d) della l. n. 675/1996, che permette di trattare i dati anche per finalità diverse da quelle perseguite al momento della raccolta, purché compatibili).

Relativamente ai dati sensibili e a quelli concernenti a taluni provvedimenti giudiziari (artt. 22 e 24 della l. n. 675/1996), lo stesso art. 21-bis consentiva la consultabilità decorsi quaranta anni dalla data del documento che li contiene. In tal modo, si aveva riguardo al fatto che la ricerca storica ha sempre più spesso per oggetto eventi vicini all´epoca presente, e si riduceva conseguentemente il periodo di settanta anni previsto dal vigente art. 21, comma 1, del citato d.P.R. per la consultabilità dei documenti genericamente individuati come "riservati relativi a situazioni puramente private di persone" o dei "documenti dei processi penali".

Allo stesso tempo, però, si introduceva una differenziazione per i dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare, demandando a un codice deontologico l´individuazione di specifiche cautele (come tra breve si dirà) e arricchendo in tal modo la stessa disciplina prevista dalla l. n. 675/1996. Inoltre, coerentemente con quanto disposto per i giornalisti, si prevedeva che i dati potessero essere comunicati o diffusi dall´utente, qualora ciò fosse stato indispensabile per le finalità di documentazione e di ricerca storica, ovvero qualora essi si riferissero a fatti o a circostanze resi noti direttamente dall´interessato o attraverso suoi comportamenti in pubblico.

c) Al fine di rendere sufficientemente flessibile tale disciplina, lo schema di decreto delegato aveva inoltre ritenuto che lo strumento più adeguato potesse essere rappresentato da un apposito codice di deontologia e di buona condotta degli utenti degli archivi, la cui accettazione sarebbe stata condizione per l´ammissione alla consultazione. Esso sarebbe stato promosso dal Garante, secondo le procedure e le modalità previste dall´art. 31, comma 1, lett. h) della l. n. 675/1996, e destinato, appunto, agli utenti in senso lato, nella consapevolezza dell´impossibilità di considerare gli storici come una categoria professionale definita, al pari delle altre nell´ambito delle quali l´Autorità è chiamata a promuovere simili codici.

A tale fonte sarebbe stata demandata, fra l´altro, l´individuazione delle norme di correttezza e di non discriminazione da osservare nella comunicazione e nella diffusione dei documenti contenenti dati personali, nonché delle cautele da osservare per la consultazione e la diffusione di documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale e i rapporti riservati di tipo familiare.

Sempre attraverso il medesimo art. 21-bis, si disciplinava anche l´esercizio dei diritti dell´interessato previsti dall´art. 13 della l. n. 675/1996 in relazione ai documenti detenuti presso gli Archivi di Stato. Al riguardo, si stabiliva che questi dovevano essere conservati per tali finalità e restare liberamente consultabili, qualora ciò fosse risultato necessario per motivi di documentazione o di ricerca storica. A tutela degli interessati veniva però prevista anche la possibilità che fosse disposto il blocco dei dati. Ciò, nel caso in cui il loro trattamento avesse comportato un concreto pericolo di lesione della dignità, della riservatezza o dell´identità personale degli interessati, oppure qualora i dati non avessero rivestito un particolare interesse pubblico.

Infine, si sanciva il principio che l´autorizzazione alla conoscenza di un dato da parte di un utente doveva considerarsi accordata, sussistendo le medesime condizioni, a ogni altro richiedente, in modo da garantire il rispetto del principio di uguaglianza anche in rapporto a dati o documenti detenuti da soggetti diversi.

d) Questo il quadro normativo che si andava delineando. Tuttavia esso non si è concretizzato definitivamente in quanto il decreto legislativo del 22 luglio 1998, che conteneva le disposizioni appena illustrate, non è stato, come si è riferito, emanato. Ciò però non ha impedito di proseguire gli approfondimenti, specie nell´ambito della Commissione consultiva di seguito citata, la quale ha affiancato all´esame delle questioni relative all´accesso a singole fonti uno studio del più generale rapporto tra privacy e ricerca storica, studio che ha offerto anche alcune riflessioni utili per la futura normativa. Manca ancora, quindi, una disciplina compiuta delle modalità di trattamento dei dati personali utilizzati a fini storici.

Di ciò ha dovuto tener conto il Garante quando ha formulato il parere del 31 dicembre 1998, richiesto in relazione agli adempimenti prescritti dalla l. n. 675/1996 per la pubblicazione e la diffusione via Internet di una raccolta di corrispondenza indirizzata a una personalità di spicco della letteratura italiana di questo secolo.

L´Autorità, nelle more dell´emanazione dei decreti delegati di cui si è detto, ha ritenuto che il caso sottopostole potesse trovare soluzione sulla base del disposto del già citato comma 4-bis dell´art. 25 della l. n. 675/1996, relativo ai trattamenti effettuati dai giornalisti. Pertanto, la pubblicazione dell´epistolario in questione ha potuto esser ricompresa nell´ampia nozione di trattamento finalizzato "esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero", con la conseguenza di esentare i curatori della raccolta dalla necessità di acquisire il consenso degli interessati. Contemporaneamente, il Garante ha ritenuto applicabili le norme della legge n. 675 in tema di pubblicazione di saggi e articoli giornalistici anche in corso di diffusione attraverso reti telematiche, data anche l´assenza di una regolamentazione specifica in materia.

Si è potuto così adempiere al dovere dell´informativa agli interessati, attraverso la predisposizione, in premessa alla pubblicazione, di un´informativa semplificata volta a specificare l´identità del curatore dell´epistolario, nonché l´indirizzo al quale fare riferimento per l´eventuale esercizio dei diritti di cui all´art. 13 della l. n. 675/1996. Ciò in analogia con quanto disposto dal codice deontologico dei giornalisti pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" del 3 agosto 1998.

Tutto ciò, però, nel presupposto che chi utilizza i dati storici, pur rispettando l´integrità dei testi, provveda sempre a una preventiva valutazione dell´opportunità di eliminare i dati non necessari, specie quando questi siano idonei a rivelare i dati sensibili di cui all´art. 22 della l. n. 675/1996.

e) Un particolare versante applicativo dei princìpi posti a protezione dei dati personali è rappresentato infine dalle sedi in cui viene compiuta una valutazione in ordine alla possibilità di consentire la consultazione di documenti a carattere riservato conservati presso gli archivi di Stato e degli enti pubblici. Come è noto, in base alla legislazione archivistica, in via di modifica, tali documenti relativi alla politica estera o interna dello Stato, oppure a situazioni puramente private di persone, diventano consultabili, rispettivamente, 50 o 70 anni dopo la loro data; i termini, però, possono essere ridotti se la consultazione è richiesta per motivi di studio; la decisione al riguardo fa capo al Ministro dell´interno (d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, art. 21 cit.).

In ordine a questa competenza, il Garante è stato chiamato a far parte della "Commissione consultiva per le questioni inerenti alla consultabilità degli atti di archivio riservati", che il Ministro dell´interno ha istituito per avvalersene "nell´analisi comparativa dell´interesse alla accessibilità degli atti della pubblica amministrazione e di quello a tutela della riservatezza personale, nella prospettiva del riconoscimento delle esigenze della ricerca storica" (d.m. 2 luglio 1998).

  

292 Ricerca scientifica e statistica
In attesa di definire in modo complessivo la disciplina della protezione dei dati personali nel settore della ricerca scientifica e statistica, tramite il recepimento delle raccomandazioni del Consiglio d´Europa R. (93) 10 e della più recente R. (97) 18, si sono registrate nel corso del 1998 una serie di importanti iniziative utili a delinearne il quadro.

Il Garante ha seguito con attenzione il dibattito sul tema partecipando attivamente a convegni, promuovendo incontri con le categorie interessate, rilasciando pareri su progetti o schemi di norme, rispondendo a quesiti formulati da cittadini o enti interessati.

Per quanto concerne l´attività di ricerca scientifica e tecnologica, il d.lg. 5 giugno 1998, n. 204, al fine di promuovere e sostenere la ricerca, riconosce alle pubbliche amministrazioni e alle università la possibilità di comunicare e diffondere dati relativi ad attività di studio e di ricerca, con esclusione di quelli sensibili o reativi a provvedimenti giudiziari.

Sotto tale aspetto è da ricordare ancora il citato schema di decreto legislativo approvato dal Governo il 22 luglio u.s. che aveva a oggetto anche la statistica.

In proposito, il Garante ha rilevato che tale schema, pur contenendo alcune disposizioni che incrementano l´attuale livello di protezione, non appariva idoneo ad assicurare il livello reso necessario dal nuovo contesto europeo e dai princìpi di delega della l. n. 676/1996.

Tra le iniziative parlamentari in corso e che in qualche modo toccano la materia è da annotare poi anche la proposta di legge n. 4023-A che propone modifiche alla disciplina e al funzionamento del Sistema statistico nazionale.

Fra le attività poste in essere invece dal Garante per promuovere la conoscenza tra il pubblico delle norme che regolano la materia, sono da menzionare, in particolare, alcune risposte ai quesiti pervenuti. Il Garante ha colto infatti queste occasioni per porre in evidenza taluni princìpi presenti nella l. n. 675/1996, o in altre leggi, segnalando a chi opera per scopi di ricerca scientifica o di analisi statistica l´esigenza di adeguare i tradizionali metodi di attività alla protezione dei dati personali.

In risposta a un quesito posto da un ente universitario circa la possibilità di fornire all´Istat l´elenco dei laureati nell´anno accademico 1996, il Garante ha anzitutto ricordato che il d.lg. 6 settembre 1989, n. 322 - fatto salvo dalla l. n. 675/1996, art. 43, comma 2, in quanto compatibile con la nuova disciplina sulla protezione dei dati - obbliga i soggetti pubblici a fornire i dati loro richiesti per le rilevazioni previste dal Programma statistico nazionale, con esclusione di quelli relativi a razza, opinioni politiche, religione, salute, vita sessuale e condanne penali. In tale quadro normativo è stata considerata quindi lecita la trasmissione di dati per una indagine rientrante nel Programma statistico nazionale (art. 27, comma 1, l. n. 675/1996). Il Garante ha poi evidenziato che la trasmissione dei dati non avrebbe trovato ostacoli nel caso in cui non fosse stata inserita in tale Programma, stante il disposto del sopracitato d.lg. 5 giugno 1998, n. 204 che favorisce la pubblicità dei dati relativi ai laureati.

Pare utile citare poi il parere fornito dal Garante a uno studente universitario circa la possibilità di acquisire - per lo svolgimento di una tesi di laurea - alcuni dati statistici di carattere giudiziario relativi a una comunità zingara ben individuata.

In questo caso il Garante, pur constatando l´esistenza della finalità di carattere scientifico della ricerca, ha rilevato che la comunicazione dei dati non poteva ritenersi legittima in quanto il campione circoscritto di informazioni da analizzare rendeva i dati anonimi solo in apparenza, essendo i soggetti comunque identificabili.

Nel corso del 1998 il Garante ha rilasciato anche un parere sulle rilevazioni rientranti nel Programma statistico nazionale per il triennio 1998-2000, comprendenti anche le condizioni di salute e il ricorso a servizi sanitari, rilevando che tali indagini, poiché avviate dall´Istat fin dal 1980, possono essere effettuate in virtù della norma transitoria contenuta nell´art. 41, comma 5, della l. n. 675/1996.

Da ultimo è da segnalare il parere fornito dal Garante riguardo a una richiesta di autorizzazione pervenuta da un Istituto privato, volta ad accedere ai dati anagrafici degli studenti di una fondazione scolastica per poter effettuare una ricerca epidemiologica.

Il Garante, nel sottolineare che per la trasmissione di dati tra soggetti privati la legge non prevede autorizzazioni, ha rilevato che la comunicazione dei dati "comuni" per tali finalità è possibile con il consenso degli interessati o in presenza di uno degli altri requisiti previsti dall´art. 20 della l. n. 675/1996 (ad esempio: pubblicità di alcuni registri, necessità di adempiere a un obbligo previsto da una norma), o qualora i dati trattati siano anonimi (art. 21, comma 4, lett. a)).

  

293 Ricerca medica ed epidemiologica
Per quanto concerne in particolare gli atti normativi in grado di incidere sulla protezione dei dati personali nel campo della ricerca medica, è da citare la l. 8 aprile 1998, n. 94 (legge di conversione del cd. "decreto Di Bella") recante "disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria", che afferma il principio del consenso informato e del rispetto della dignità e della riservatezza del paziente. Inoltre, con il d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403 in materia di semplificazione delle certificazioni amministrative, si è proceduto a riformulare le modalità per la rilevazione dei dati statistici di base relativi agli eventi di nascita, comprensivi dei dati inerenti ai nati con malformazioni o ai morti.

Nel corso del 1998 si è assistito a interessanti iniziative che hanno portato allo studio di alcuni Codici di deontologia e di buona condotta.

La l. n. 675/1996 vede con favore l´adozione di tali codici che possono contribuire ad accrescere il livello di protezione dei dati personali.

Indicazioni in tal senso sono rinvenibili anche nel nuovo codice di deontologia medica emanato lo scorso ottobre. È stato inoltre avviato un dibattito sulla proposta per un codice di autodisciplina del trattamento dei dati sensibili nel settore dell´epidemiologia. L´adozione di codici è stata auspicata tramite la valorizzazione del ruolo delle associazioni scientifiche e degli organi governativi competenti nella Quarta conferenza nazionale di statistica tenutasi a Roma dall´11 al 13 novembre, nonché in un seminario organizzato anch´esso a Roma il 17 dicembre 1998 dalla Scuola di formazione del personale addetto alla gestione delle Istituzioni e degli enti pubblici di ricerca e sperimentazione.

A livello internazionale è da segnalare infine che durante la 20™ Conferenza sulla protezione dei dati tenutasi a Santiago de Compostela, dal 16 al 18 settembre scorso (v. cap. 4.6), i rappresentanti delle Autorità garanti dei Paesi dell´Unione europea e dello Spazio economico europeo hanno espresso gravi preoccupazioni sulla proposta del Governo islandese di creare una banca dati contenente informazioni relative alla salute, comprensive dei dati di carattere genetico dell´intera popolazione.

La richiesta di riconsiderare il progetto è stata dettata dal pericolo di un allargamento delle originarie finalità del registro per interessi commerciali nonché dalla consapevolezza che il rischio di identificare il singolo, considerata anche la particolare natura dei dati, aumenta notevolmente in un Paese con una popolazione relativamente scarsa.

Scheda

Doc-Web
1337515
Data
12/04/99

Tipologie

Relazione annuale