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Organizzazioni beneficiarie del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e conoscibilità dei dati identificativi dei contribuenti – Vs. comunicazione del 5 maggio 2021

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AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla

Emergency ONG Onlus

FAI – Fondo Ambiente Italiano Fondazione

AIRC per la ricerca sul cancro

Fondazione Telethon

Lega del Filo d’Oro Onlus

Save the Children Italia Onlus

 

p.c. Agenzia delle Entrate

c/o Responsabile della protezione dei dati

 

Oggetto: Organizzazioni beneficiarie del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e conoscibilità dei dati identificativi dei contribuenti – Vs. comunicazione del 5 maggio 2021

1. Premessa.

Codeste associazioni hanno manifestato al Garante l’interesse a conoscere i dati identificativi dei contribuenti che hanno versato loro il cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (di seguito “5x1000”) per finalità di invio di “una rendicontazione dettagliata delle modalità di utilizzo delle risorse loro destinate”.

Secondo quanto prospettato, l’assenza, allo stato, di forme di comunicazione individualizzata circa le modalità d’impiego delle risorse assegnate annualmente dai cittadini in sede di destinazione del 5x1000 potrebbe “minare il rapporto fiduciario tra l’organizzazione beneficiaria […] ed il contribuente nonché la credibilità dello strumento stesso”, impedendo ai sovventori gli opportuni controlli in merito e la possibilità stessa di una “più approfondita valutazione della serietà e dell’efficienza dell’organizzazione prescelta”.

Codeste organizzazioni propongono quindi di inserire “un apposito consenso informato sul modulo di destinazione del 5x1000, affinché il contribuente possa scegliere di comunicare i dati necessari a ricevere da parte dell’organizzazione beneficiaria una rendicontazione dei progetti finanziati tramite tale misura”. L’Agenzia delle Entrate, in fase di registrazione dei dati, provvederebbe a predisporre le liste dei “donatori” per ciascuna organizzazione sulla base dei consensi espressi dai singoli contribuenti in sede di destinazione del 5x1000, escludendo per economie di gestione “gli enti percettori di somme inferiori a cinquecento mila euro o che ricevono un numero di scelte inferiore a diecimila”.

In tal modo, le organizzazioni no-profit, in possesso dei previsti requisiti, potrebbero, da un lato, “avviare un dialogo con il proprio donatore” utile a verificare l’affidabilità e la responsabilità dell’ente prescelto e, dall’altro, “sviluppare quel capitale di relazione, visibilità e radicamento nel tessuto sociale, imprescindibile per il loro sviluppo”.

Al fine di perseguire tale obiettivo, codeste organizzazioni propongono un intervento normativo (sottoforma di “emendamento”) che preveda: 1) l’obbligo per gli enti percettori in possesso dei requisiti richiesti di fornire ai contribuenti consenzienti un rendiconto sull’utilizzo delle somme percepite, unitamente ad altre informazioni ritenute utili a far conoscere le attività e i progetti dell’organizzazione prescelta; 2) la possibilità per il contribuente di autorizzare la trasmissione dei propri dati anagrafici all’ente percipiente direttamente attraverso il modulo di destinazione del 5x1000; 3) l’obbligo in capo alle organizzazioni beneficiarie di conservare per un periodo di 5 anni la comunicazione inviata e l’elenco dei destinatari.

2. Il contesto normativo di riferimento.

La disciplina relativa alla possibilità di devolvere il 5x1000 dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in favore di soggetti accreditati operanti nel terzo settore è contenuta, principalmente, nel d.lgs. 3 luglio 2017, n. 11, che, in attuazione dell’articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della l. 6 giugno 2016, n. 106 (“Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”), ha provveduto − da un lato − al completamento della riforma strutturale dell'istituto in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti individuati, alla razionalizzazione e revisione dei criteri per l’accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio, nonché alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti ai singoli enti e − dall’altro – all’individuazione di un sistema improntato alla massima trasparenza, rafforzando gli obblighi di pubblicità in capo agli enti beneficiari e prevedendo sanzioni in caso di eventuale inottemperanza.

Più in dettaglio, il decreto individua, tra l’altro: le finalità cui è destinata la quota del 5x1000 (art. 3); le modalità di accreditamento e i termini per l’accesso al riparto delle risorse (art. 4); i criteri di riparto e di erogazione dei contributi (art. 5); gli obblighi di trasparenza relativi alla destinazione delle risorse (art. 7). In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il decreto prevede che, al fine di assicurare trasparenza ed efficacia nell'utilizzazione della quota del 5x1000 dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i relativi beneficiari debbano presentare, alle rispettive amministrazioni erogatrici, un apposito rendiconto, accompagnato da una relazione illustrativa, dal quale risultino in modo chiaro, trasparente e dettagliato la destinazione e l'utilizzo delle somme ricevute, con obbligo di pubblicazione del medesimo rendiconto e degli importi percepiti sui propri siti web.

Con D.P.C.M. del 23 luglio 2020 sono state poi disciplinate, nel dettaglio, le modalità e i termini per l'accesso al riparto dei contributi, unitamente alle modalità e ai termini per la formazione, l'aggiornamento e la pubblicazione dell'elenco permanente degli enti iscritti e degli elenchi annuali di quelli ammessi. Più precisamente, sono state concretamente individuati/e: i soggetti e le finalità di destinazione della quota del 5x1000 (art. 1); le modalità e i termini per l’accreditamento (artt. 2-7); le modalità per la scelta della destinazione dell’imposta e per il riparto delle somme (artt. 10-11); le modalità di erogazione e di pagamento dei contributi (artt. 13 e 14); gli obblighi gravanti sui beneficiari (art. 16), con particolare riferimento al rendiconto annuale da trasmettere all’amministrazione erogatrice, agli elementi che lo stesso deve contenere, nonché alla pubblicazione di quest’ultimo e degli importi percepiti sui rispettivi siti web.

La normativa sopra richiamata, per contro, non prevede modalità di rendicontazione personalizzata o forme di conoscibilità dei contribuenti da parte delle organizzazioni beneficiarie del 5x1000, né è possibile rinvenire specifici indici in tal senso nell’ambito della peculiare disciplina di settore − v., in particolare, i d.lgs. 3 luglio 2017, nn. 112 (“Disciplina dell’impresa sociale”) e 117 (c.d. “Codice del terzo settore”); unica eccezione – relativa, però, al più ampio e diverso contesto di riferimento – è rappresentata dai partiti politici, per cui la legge prevede forme di conoscibilità dei dati concernenti i sovventori (d.l. 28 dicembre 2013, n. 149).

3. I precedenti del Garante.

Come noto, il tema della conoscibilità, a vario titolo, dei dati identificativi di donatori e sovventori ha già formato oggetto di disamina, da parte del Garante, nell’ambito di alcuni riscontri resi pubblici sul sito www.gpdp.it. In particolare, con riferimento alla questione, sollevata da alcune delle odierne istanti, relativa alla “Conoscibilità dei donatori nell’ambito delle campagne di raccolta fondi per finalità benefiche tramite sms "solidali" o chiamate in fonia da rete fissa”, questa Autorità ha avuto modo di evidenziare – per quanto qui di interesse − la necessità di ricorrere a presupposti distinti a seconda della finalità perseguite dall’ente (nota del 24 ottobre 2018, [doc. web n. 9058954]). Posto, infatti, che l’esigenza di “ricontatto” del donatore da parte delle organizzazioni no-profit si traduce in una finalità di “rendicontazione” – intesa quale informativa individualizzata circa gli esiti della campagna di raccolta fondi cui il donatore abbia contribuito – e in una finalità di “fidelizzazione” – intesa quale possibilità di instaurare un rapporto duraturo e fiduciario con l’utente al fine, anzitutto, di reperire e assicurarsi nuove risorse per il futuro – l’Autorità ha ritenuto che, nel primo caso, sia possibile individuare, alla luce di specifici indici rinvenibili nell’ordinamento, un legittimo interesse degli enti medesimi (art. 6, par. 1, lett. f) del Regolamento (UE) 2016/679, di seguito “RGPD”) al trattamento dei dati identificativi degli interessati, risultando viceversa necessario, nel secondo caso, il consenso dei donatori, trattandosi di attività affatto peculiare.

Per quanto attiene, invece, al finanziamento dei partiti politici per via telefonica, il Garante ha chiarito che i dati trattati nel contesto in esame non possono che essere considerati di natura “sensibile” (oggi “particolare”: artt. 9 del RGPD e 22, comma 2, del d.lgs. n. 101/2018), con la conseguenza che la loro eventuale conoscenza e pubblicazione su siti web da parte di questi ultimi – seppur prevista, per finalità di trasparenza, dalla stessa legge − non potrebbe che richiedere, in base alla normativa di protezione dei dati personali allora vigente (art. 23, comma 4, del Codice), il consenso degli interessati (v. riscontro del 10 marzo 2016 [doc. web n. 4788463]).

4. Valutazioni preliminari.

Sulla base del quadro sopra riportato, si ritiene che la conoscibilità dei dati dei donatori del 5x1000 da parte delle organizzazioni no-profit, alla luce delle finalità che si intenderebbero perseguire con l’iniziativa proposta, non possa prescindere, oltreché dalla volontà degli interessati, da un intervento normativo che, incidendo sulla stessa disciplina di riferimento, consideri – calibrandone la portata in rapporto ai diritti e alle libertà fondamentali degli interessati – presupposti, modalità e limiti dell’operazione. Ciò tenuto peraltro conto che tutta l’attività connessa alla raccolta dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate nell’ambito delle dichiarazioni dei redditi è dettagliatamente regolamentata a livello primario e secondario e assistita, per gli aspetti di competenza, dai pareri dell’Autorità (cfr. sullo specifico punto il parere sullo schema di DPCM recante le “Modalità attuative per la destinazione del 5X1000 dell'imposta sul reddito” del 18 gennaio 2006).

La modifica normativa proposta da codeste organizzazioni determina infatti un flusso di dati personali dall’Agenzia delle Entrate alle organizzazioni beneficiarie che andrebbe a incidere, nei fatti, sugli stessi compiti già assegnati – per legge – alla medesima Agenzia, comportando l’esecuzione di un’attività (aggiuntiva) allo stato non prevista e che comporta, inevitabilmente, anche dei costi.

Considerata inoltre la natura potenzialmente particolare dei dati in esame (si vedano, in tal senso, i numerosi provvedimenti del Garante in materia di erogazioni liberali, da ultimo provv. 11 febbraio 2021, n. 42), risulta a fortiori necessaria una disposizione di legge che, nel modificare la modulistica relativa alla dichiarazione dei redditi (anch’essa disciplinata per via legislativa), riconosca formalmente la fattibilità dell’operazione, secondo valutazioni anzitutto di opportunità che sono – e restano proprie – del legislatore.

Milita in questa direzione, del resto, lo stesso “precedente” normativo sinora registrato sul tema della conoscibilità dei sovventori (v. d.l. 149/2013, cit.), come pure, più in generale, l’esigenza stessa di conferire legittimazione a un’operazione destinata a ripercuotersi, inevitabilmente, su milioni di contribuenti.

In tale quadro, si ritiene dunque che la strada dell’intervento normativo individuata da codeste organizzazioni sia, formalmente e sostanzialmente, corretta.

Quanto al testo dell’emendamento proposto, si ritiene di dover richiamare l’attenzione su alcuni aspetti meritevoli di riflessione, in considerazione del fatto che quest’ultimo:

si limita a prevedere obblighi di rendicontazione in capo agli enti no-profit, senza apportare modifiche ai compiti dell’Agenzia delle Entrate sul fronte della comunicazione dei dati e al medesimo D.P.C.M. sopra indicato;

lascia indeterminate le modalità con le quali i contribuenti potrebbero poi essere contattati dalle associazioni;

non specifica le finalità di trattamento connesse alle attività di “fidelizzazione” degli utenti e di reperimento delle risorse;

individua “soglie” (500.000 euro o 10.000 scelte), ai fini della comunicazione dei dati, che possono risultare discriminatorie nei confronti delle organizzazioni c.d. “minori”, di fatto (immotivatamente) escluse dai benefici derivanti da un eventuale contatto con gli interessati;

individua tempi di conservazione dei dati (5 anni) che – in assenza di più chiare motivazioni (allo stato non inferibili) – non appaiono congrui;

non specifica che il consenso degli interessati all’operazione è comunque revocabile in ogni tempo (art. 7, par. 3, del RGPD).

In tale cornice, un eventuale intervento legislativo potrebbe quindi essere considerato sostanzialmente conforme alla disciplina di protezione dati, fermo restando la necessità che l’Autorità sia formalmente consultata in sede legislativa con l’interpello formale, previsto ai sensi degli artt. 36, par. 4, 57, par. 1, lett. c), e 58, par. 3, lett. b), del RGPD, sulla base di un testo normativo compiutamente definito.

In considerazione della rilevanza del tema sottoposto all’attenzione del Dipartimento e dei riflessi che la modifica normativa potrebbe determinare, la presente è inviata, per conoscenza, anche all’Agenzia delle Entrate.

Si resta a disposizione per eventuali chiarimenti.

IL DIRIGENTE
Francesco Modafferi