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Provvedimento del 28 settembre 2023 [9946736]

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[doc. web n. 9946736]

Provvedimento del 28 settembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 430 del 28 settembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, e regolarizzato in data 20 marzo 2023 con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC, in qualità di gestore dell’omonimo motore di ricerca, la rimozione di alcuni URL reperibili in associazione al proprio nominativo e collegati ad articoli nei quali vengono riportate informazioni relative ad una vicenda giudiziaria nella quale il medesimo è stato coinvolto e che si è conclusa con la pronuncia di un decreto di archiviazione nei propri confronti;

CONSIDERATO che l’interessato ha lamentato il pregiudizio subito con riguardo alla propria reputazione personale e professionale derivante dalla reperibilità in rete di tali contenuti rappresentando:

che nell’XX il giudice per le indagini preliminari ha archiviato il procedimento a suo carico e di aver pertanto investito il gestore del motore di ricerca di numerose richieste di deindicizzazione a seguito delle quali lo stesso ha tuttavia rimosso solo una parte degli URL oggetto di richiesta;

che dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore la norma – art. 64-ter disp. att. c.p.p. introdotto dal  d.lgs. n. 150 del 2022 (“Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”) – che prevede la facoltà, in capo alla persona nei confronti della quale sia stata pronunciata una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere o un decreto di archiviazione, di chiedere che sia inibita l’indicizzazione o sia disposta la deindicizzazione sulla rete Internet dei dati personali contenuti nel provvedimento giudiziario ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del Regolamento, attribuendo alla cancelleria del giudice il compito di apporre, su richiesta dell’interessato, un’annotazione in calce al provvedimento stesso al fine di renderlo titolo idoneo per ottenere la predetta deindicizzazione;

di avere quindi richiesto al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale competente l’apposizione di detta annotazione in calce al decreto di archiviazione che è stata rilasciata il XX, formulando, sulla base di quest’ultima, un nuovo interpello a Google che ha tuttavia ritenuto di non aderire alla richiesta;

VISTA la nota del 21 marzo 2023 con la quale l’Autorità ha chiesto a Google di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota dell’11 aprile 2023 con la quale Google LLC ha comunicato:

preliminarmente, che gli URL segnalati nel reclamo non hanno formato oggetto di preventivo interpello al titolare del trattamento che ha tuttavia ritenuto, in via collaborativa, di valutarne l’esame;

di aver disposto il blocco degli URL indicati con i nn. da 1 a 13 nelle pagine 2 e 3 del riscontro dalle versioni europee dei risultati di ricerca per la query correlata al nome del reclamante;

di non poter invece aderire alla richiesta con riferimento agli ulteriori URL ritenendo ancora sussistente un interesse pubblico alle notizie tenuto conto del fatto che si tratta di contenuti di recentissima pubblicazione (XX) ed aggiornati in quanto negli articoli in questione viene dato atto dell’intervenuta archiviazione in suo favore fornendo pertanto informazioni attuali relativamente alla vicenda che lo ha coinvolto;

le informazioni in questione attengono inoltre alla vita professionale dell’interessato che riveste un indubbio ruolo pubblico in ragione dell’attività tuttora svolta;

i contenuti cui rimandano gli URL oggetto di richiesta hanno natura giornalistica;

VISTA la nota del 13 aprile 2023 con la quale l’interessato ha ribadito le proprie richieste rilevando che:

non corrisponde al vero quanto affermato da Google in ordine alla mancata presentazione di un interpello preventivo, in quanto le richieste sarebbero state presentate più volte come da documentazione allegata alla memoria;

il titolare del trattamento è tenuto a rispettare una legge dello Stato sulla base della quale devono essere deindicizzati tutti i contenuti che rimandano al proprio procedimento penale che deve essere pertanto valutato come se non si fosse mai verificato;

Google violerebbe le ordinarie regole processuali continuando a scrivere da indirizzi sconosciuti e senza sottoscrizione di un legale rappresentante e chiedendo pertanto che gli venga comunicato un indirizzo pec con il quale poter interloquire;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

RILEVATO preliminarmente, con riferimento alle eccezioni sollevate dall’interessato relativamente alla violazione, da parte di Google LLC, delle ordinarie regole processuali che imporrebbero, tra l’altro, la comunicazione di un indirizzo pec al quale potersi rivolgere, che dette norme non trovano applicazione innanzi all’Autorità che ha infatti disciplinato, nello specifico regolamento n. 1 del 4 aprile 2019, le disposizioni che regolano lo svolgimento del procedimento avviato a seguito della presentazione di un reclamo; al fine di rendere più agevoli ed efficienti le comunicazioni con le Autorità di controllo in materia di protezione dei dati personali, la società ha previsto la creazione di un canale di contatto dedicato esclusivamente ad esse – e che non è reso disponibile agli interessati proprio per garantire una corretta elaborazione delle richieste contenute nei reclami – implementando altresì, nel proprio sito web, un form diretto ad agevolare gli interessati nella presentazione delle richieste in materia di esercizio del diritto all’oblio (c.d. “right to be forgotten”) la cui gestione è successivamente affidata ad un team appositamente formato che ha il compito di valutare le istanze e di fornire un riscontro;

PRESO ATTO che Google LLC ha dichiarato di aver disposto il blocco degli URL indicati con i nn. da 1 a 13 nelle pagine 2 e 3 del riscontro dalle versioni europee dei risultati di ricerca per la query correlata al nome del reclamante e ritenuto pertanto che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

le informazioni contenute negli articoli contestati – pubblicati in epoca estremamente recente in quanto risalenti al mese di XX – riguardano una vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’interessato, riportando peraltro la notizia dell’archiviazione intervenuta in suo favore e presentandosi, pertanto, aggiornate ed attuali anche in considerazione del ruolo professionale svolto dal reclamante e del collegamento dei dati trattati con il predetto ruolo;

il richiamo all’art. 64-ter disp. att. c.p.p., introdotto dal d. lgs. n. 150 del 2022, viene effettuato dall’interessato (cfr. pag. 5 della memoria del 13 aprile 2023) come presupposto idoneo a porre in capo al gestore del motore di ricerca l’obbligo di rimuovere gli URL indicati, soprattutto in quanto contenenti un riferimento all’intervenuta archiviazione del procedimento avviato a suo carico e come se quest’ultimo non fosse mai esistito;

occorre tuttavia considerare che la predetta norma stabilisce che i provvedimenti in essa richiamati, tra cui il decreto di archiviazione, costituiscono titolo per ottenere un provvedimento di sottrazione dall’indicizzazione di contenuti riferiti al procedimento penale che si è concluso con una delle decisioni indicate – e che potrebbero pertanto riguardare fasi pregresse del procedimento penale, come tali pregiudizievoli per l’interessato ove conclusosi con un provvedimento favorevole – ma pur sempre “ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del Regolamento UE 2016/679”, con ciò ponendo una clausola di salvaguardia delle deroghe previste dallo stesso art. 17 all’esercizio del diritto di cancellazione;

tra le eccezioni che quest’ultimo pone vi è quella legata alla necessità di garantire il corretto espletamento della libertà di espressione e di informazione con la quale il diritto di cancellazione, anche nella sub specie del diritto all’oblio, deve essere pertanto bilanciato e ciò anche nelle ipotesi ricadenti nell’ambito di applicazione dell’art. 64-ter sopra citato il quale, facendo salvi i limiti dell’art. 17 del Regolamento, pone una presunzione relativa e non assoluta in merito all’accoglibilità dell’istanza di deindicizzazione dell’interessato (cfr. sul punto anche il parere reso dal Garante sullo schema di decreto legislativo di attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, parere del 1° settembre 2022, n. 292, doc. web n. 9802612);

il caso concreto deve essere pertanto valutato in linea con i parametri utilizzati nel bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata ed il diritto dell’interessato alla protezione dei propri dati personali alla luce dei quali devono essere considerati il fattore temporale – che costituisce, per costante giurisprudenza, elemento costitutivo del diritto all’oblio – la rilevanza pubblica delle informazioni e la loro attualità, da valutare in rapporto anche alla loro esattezza, ed infine il ruolo ricoperto dall’interessato nella vita pubblica;

nella fattispecie in esame, gli articoli dei cui URL l’interessato ha chiesto la rimozione sono stati pubblicati nel mese di XX e contengono la notizia dell’archiviazione del procedimento avviato a carico del reclamante per vicende attinenti la vita professionale del medesimo;

si tratta di notizie esatte ed attuali la cui conoscenza appare funzionale a dare conto alla collettività degli esiti favorevoli della vicenda che lo ha interessato, circostanza che assume rilevanza proprio in relazione al ruolo ricoperto dall’interessato e che, proprio per tale ragione, non appare idonea a pregiudicarlo;

tale valutazione, peraltro, risulta confortata dalla presenza in rete di informazioni riguardanti l’attuale procedimento pendente innanzi all’Autorità, e che oppone l’interessato a Google, che hanno costituito oggetto di alcuni articoli pubblicati nel XX - vedasi https://... e https://... - i quali hanno inevitabilmente conferito alle notizie relative al procedimento penale che ha coinvolto l’interessato, ivi inclusa la sua conclusione favorevole, una rinnovata attenzione mediatica, confermando in tal modo la rilevanza della stessa e l’assenza dei presupposti per invocare il riconoscimento del diritto all’oblio;.

occorre infine tenere conto anche delle indicazioni fornite dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella nota sentenza del 24 settembre 2019 nella causa C-136/17 relativa al trattamento delle categorie particolari di dati, tra i quali rientrano i dati giudiziari, nella quale viene evidenziato che, sebbene tali dati siano soggetti ad una valutazione che deve tenere conto della loro specifica natura, è comunque necessario operare il giusto bilanciamento con le ragioni di interesse pubblico che possono, nei singoli casi, risultare prevalenti sull’interesse del singolo alla rimozione anche in virtù dell’attualità della notizia e del ruolo rivestito dall’interessato (cfr. punti 56, 59 e 68 della sentenza, ma anche il successivo punto 77 nel quale si assume che potrebbe sussistere l’interesse pubblico, e quindi la richiesta dell’interessato essere rifiutata, anche rispetto a contenuti che riportino notizie riferite ad una fase non più attuale del procedimento penale);

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo infondato con riguardo agli URL sopra indicati in quanto reperibili in associazione al nome e cognome dell’interessato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE l’avv. Guido Scorza;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento;

a) prende atto di quanto dichiarato da Google LLC  in ordine al blocco degli URL indicati con i nn. da 1 a 13 nelle pagine 2 e 3 del riscontro fornito dalla società dalle versioni europee dei risultati di ricerca per la query correlata al nome del reclamante e ritiene pertanto che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

b) dichiara il reclamo infondato nei confronti di Google LLC con riferimento ai restanti URL.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 28 settembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Scorza

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei