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La smartphone-society e quei tre colossi al potere - Intervento di Guido Scorza

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La smartphone-society e quei tre colossi al potere
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(MilanoFinanza, 6 gennaio 2024)

C'è un elemento comune nelle centinaia di milioni di foto – forse miliardi – rimbalzate via social durante la notte di capodanno: in riva al mare o sulla neve, a Pechino o a New York, in Islanda o in Sudafrica, nel centro di una metropoli o nella piazza di un paesino della Provenza, ovunque la luce degli schermi degli smartphone è stata protagonista. In tutto il mondo abbiamo atteso il capodanno con uno smartphone tra le mani come peraltro accade per ogni festa, evento, spettacolo, occasione mondana o celebrazione religiosa, funerali inclusi. Foto-simbolo della “smartphone society” nella quale viviamo. E, d’altra parte, sono oltre 7,5 miliardi gli smartphone in circolazione per una popolazione globale di 8 miliardi di persone. Se si escludono i bambini e chi ancora usa un telefonino di vecchia generazione, significa più di uno smartphone a persona. In Italia ce ne sono poco meno di 50 milioni per una popolazione che non arriva a 60 milioni, bambini inclusi.

Che si tratti di scattare una fotografia, di inquadrare un QR-code per accedere a qualsiasi genere di contenuto online, di far luce nella borsa alla ricerca delle chiavi della macchina, di trovare la strada mentre siamo alla guida o a piedi, di mandare un messaggio, di ordinare del cibo a casa, di prenotare un viaggio, di navigare sui social, di esibire un biglietto di uno spettacolo o di un museo o, invece, una carta di imbarco o di pagare in modalità contactless è lo smartphone che corriamo a impugnare. E non basta, perché lo smartphone è anche diventato la babysitter più gettonata al mondo per i nostri figli, la nostra instancabile segretaria, il nostro ufficio portatile, il suggeritore più fidato per aiutarci a trovare l’anima gemella, il nostro medico di famiglia, la nonna alla quale chiediamo la ricetta del ciambellone.E siamo solo all’inizio. Lo smartphone sta progressivamente sostituendo i nostri documenti di identità, le nostre carte di credito, le nostre chiavi di casa e della macchina e sta diventando il telecomando universale attraverso il quale controlliamo e controlleremo tutto quello che ci sta attorno, le luci, gli elettrodomestici e i sistemi di sicurezza delle nostre case, la nostra automobile.

È così in tutto il mondo. E non è solo una questione legata al numero di dispositivi in circolazione ma anche e soprattutto allo spazio che occupano nelle nostre giornate: un quarto dei possessori mondiali di smartphone e, quindi, poco meno di due miliardi di persone, lo utilizza per oltre sette ore al giorno, mentre un quinto, più o meno un miliardo e mezzo di persone per oltre cinque ore e un terzo, due miliardi e passa di persone, tra le tre e le cinque ore. Siamo davanti a un fenomeno unico nella storia dell’umanità: mai uno strumento era stato tanto presente nella vita di così tante persone in giro per il mondo. Nessuna sorpresa, quindi, se secondo una ricerca di qualche mese fa di Swg, due italiani su cinque soffrirebbero di “nomofobia” - NO Mobile Phone PhoBIA’ - la paura di rimanere disconnessi, lontano dal proprio smartphone. Senza lo smartphone ci sentiamo letteralmente persi.

È un fenomeno che suggerisce qualche riflessione. La prima: un paio di società, tre al massimo, controllano saldamente il mercato globale degli smartphone e, quindi, in un modo o nell’altro le nostre vite e quelle degli Stati nei quali viviamo. Sono Apple e Samsung, leader incontrastati nella produzione e commercializzazione dei dispositivi, e Google, produttrice di Android, il sistema operativo della pressoché totalità degli smartphone diversi da quelli prodotti da Apple, Samsung inclusa. Difficile immaginare un altro mercato così tanto rilevante nella vita delle persone e della società, caratterizzato da un’analoga condizione oligopolistica. Due giganti americani e uno coreano giocano un ruolo chiave nelle nostre vite. Anche in termini geopolitici non è un fatto di poco conto. Una concentrazione di potere immensa che porta alla seconda riflessione. Dati personali e informazioni confidenziali di sette miliardi e mezzo di persone e di centinaia di Governi transitano in dispositivi elettronici controllati da tre super potenze digitali. Il nostro destino e quello del mondo intero è letteralmente nelle loro mani, almeno nella dimensione tecnologica.

È lo smartphone, ormai, che ci dice buongiorno al mattino e buonanotte alla sera, che sa quando ci alziamo e quando andiamo a dormire, cosa facciamo durante la giornata, con chi passiamo il nostro tempo, quanto ne dedichiamo a chattare con gli amici, quanto a lavorare, quanto a organizzare le nostre vacanze, quanto in movimento e quanto seduti ed è lo smartphone che si prende cura della nostra dieta, della nostra attività fisica, del nostro ciclo del sonno e che traccia i periodi di fertilità delle donne, ed è sempre lo smartphone che gestisce i nostri pagamenti e le nostre finanze, che sa quando partiamo e quando siamo a casa, chi sono i nostri amici e quanto spesso li incontriamo ed è sempre lo smartphone che custodisce i nostri dati biometrici, i più preziosi di tutti, quelli unici del nostro volto, dei nostri occhi, delle nostre impronte digitali, della nostra voce. La nostra vita è letteralmente nel nostro smartphone e una manciata di società commerciali ne è custode assoluta.

Persino i Governi, i Giudici e le Autorità hanno bisogno dell’autorizzazione dei Signori del mercato dello smartphone per accedervi qualora ciò si renda necessario per il contrasto al crimine come suggeriscono alcune vecchie e nuove vicende giudiziarie in giro per il mondo. Se è vero come è vero che l’informazione è potere, non esiste nessuno che ha più potere dei produttori degli smartphone e dei loro sistemi operativi. Che poi le regole, quelle sulla privacy, quella sulla confidenzialità delle comunicazioni elettroniche, quelle sui segreti di Stato, quelle che governano l’enforcement dei diritti da parte di Giudici, Autorità e forze dell’ordine e, naturalmente, quelle che regolano i mercati e la concorrenza limitino rischi e eventuali abusi di questo potere è un altro discorso. E sono regole indispensabili a garantire la sostenibilità democratica della smartphone society.

Senza, probabilmente, saremmo letteralmente burattini teleguidati attraverso i nostri smartphone. Ed è difficile negare che in parte non sia comunque così. E siamo alla terza e ultima riflessione: la smartphone society ci ha letteralmente messo il mondo tra le mani e ci ha offerto opportunità inimmaginabili. Ma, al tempo stesso, ha compresso il diritto dei singoli all’autodeterminazione, la concorrenza sui mercati e l’autonomia dei Governi. La potenza globalizzante e omologante dei comportamenti umani dello smartphone è enorme, superiore a quella di qualsiasi altro dispositivo tecnologico e è una potenza che esplica i suoi effetti indifferentemente nella dimensione personale, professionale, economica, culturale, sociale e democratica.

Gli smartphone stanno monopolizzando le nostre vite, i loro produttori stanno colonizzando centinaia di mercati e condizionando l’azione di centinaia di Governi. Gli orologi, ormai, o sono collegati agli smartphone o sono semplici accessori di abbigliamento perché il tempo, in tutto il mondo, lo tengono gli smartphone. I navigatori satellitari delle nostre auto stanno progressivamente diventando inutili orpelli perché tutti o quasi ci fidiamo di più dei due o tre che spopolano sui nostri smartphone. Le vendite di macchine fotografiche sono letteralmente crollate perché, ormai, le foto si scattano con lo smartphone. E lo stesso destino è toccato alle telecamere, alle calcolatrici, ai dispositivi di traduzione portatile, ai sistemi di videoconferenza, ai telefoni fissi a uso domestico, alle console portatili per videogame, ai lettori di musica digitale. O un servizio è disponibile sul nostro smartphone o, semplicemente, non esiste, un po’ come i contenuti online non indicizzati da Google. E sono Apple, Google e Samsung a decidere quali servizi digitali spopolano negli smartphone e quali no.

Lo sa bene la stessa Google che pur di fare in modo che i possessori degli smartphone della coreana Samsung vi trovassero a bordo pre-installato il proprio motore di ricerca e l’icona per accadere al proprio Play Store, ha, di recente, pagato a quest’ultima oltre 8 miliardi di dollari. Anche le big tech, insomma, nella smartphone society talvolta piangono o, almeno, soffrono le conseguenze dell’assenza di concorrenza. E, altrettanto, capita ai Governi lungo la strada della digitalizzazione dell’amministrazione. Interloquire e stringere accordi con Apple, Samsung e Google è diventato indispensabile se si vogliono fornire servizi digitale ai cittadini in modalità, come oggi si dice, mobile first.

Basti pensare alle app di cittadinanza digitale come la nostra IO, al Green pass e alle app di contact tracing dei giorni bui della pandemia, ma anche alle app per il pagamento delle tasse o per il riconoscimento di bonus e incentivi, alla lotteria degli scontrini, ai servizi di prenotazione degli accertamenti medici e alle app di telemedicina. Lo Stato, insomma, ormai, per gestire la cosa pubblica e garantire ai cittadini i loro diritti deve passare per gli smartphone. Che ci stia a cuore la nostra libertà, la concorrenza, l’educazione dei nostri figli o la democrazia è quello degli smartphone il mercato al quale dovremmo preoccuparci di più.