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Parere su istanza di accesso civico - 22 settembre 2023 [9953858]

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[doc. web n. 9953858]

Parere su istanza di accesso civico - 22 settembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 418 del 22 settembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in https://www.anticorruzione.it/-/determinazione-n.-1309-del-28/12/2016-rif.-1 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (di seguito “RPCT”) del Comune di Dalmine, presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (doc. web,n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

PREMESSO

Con la nota in atti il RPCT del Comune di Dalmine ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013, in ordine a un provvedimento di diniego parziale di un’istanza di accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata una richiesta di accesso civico generalizzato (ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013), avente a oggetto  «dati e/o documenti detenuti dall’amministrazione presso l’Ufficio Edilizia» riguardanti la pratica edilizia riguardante una CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata) identificata in atti.

L’amministrazione ha negato l’accesso civico, «provvedendo a fornire solo alcune informazioni» - ossia la circostanza che «la pratica edilizia riguarda un intervento di manutenzione straordinaria inerente un’abitazione residenziale in zona […]”» – e rappresentando, fra l’altro, che «Restano escluse dalla richiesta di accesso le altre informazioni, poiché pregiudicherebbero la tutela dei dati personali dei titolari della CILA».

Dagli atti risulta, inoltre, che il soggetto controinteressato si è opposto alla relativa ostensione, evidenziando che «Quanto richiesto contiene numerosi dati personali ed indicazioni relative alla conformazione della mia abitazione principale che potrebbero compromettere, da una parte, il diritto alla privacy della mia persona e dei professionisti incaricati e, dall’altra, essere passibile di creare un pregiudizio alla mia sicurezza». Inoltre, ha specificato che «l’art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013 dispone infatti che i dati e i documenti diffusi, a seguito di una istanza di accesso civico, divengono “pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7” e, pertanto, potrebbero essere soggetti ad una ingiustificata diffusione», aggiungendo, tra le altre cose, che il Garante, in un suo parere (n. 76 del 17/3/2023, doc. web n. 9872589), ha stabilito che «l'ostensione dei dati personali delle persone fisiche richiedenti il bonus edilizio tramite l'accesso civico determina un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti coinvolti, in violazione del principio di minimizzazione dei dati».

Nella richiesta di riesame, il soggetto istante, nell’evidenziare che la pratica edilizia in oggetto riguarda un intervento di manutenzione straordinaria inerente un’abitazione residenziale che si trova in una zona diversa da quella indicata dal Comune, ha dichiarato, tra le altre cose, che «il “possibile pregiudizio” degli interessi alla riservatezza, economici e commerciali dei terzi, posti […] a base del diniego è solo affermato ma non dimostrato, valendo per le pratiche edilizie il principio della massima trasparenza, giacché esse hanno già natura di atti pubblici: i dati personali che il Comune di Dalmine vorrebbe tutelare sono già stati pubblicati ai sensi dell’art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001 sull’albo pretorio, nonché nel “cartello di cantiere” e negli albi professionali», citando giurisprudenza al riguardo, e ha aggiunto che «La mia richiesta di accesso civico generalizzato è sorretta dalla motivazione di una verifica sul rispetto dei vincoli (che devono essere rispettati da tutti) stabiliti dalle norme paesaggistiche approvate dal comune di Dalmine».

Infine, il RPCT, nella richiesta di parere avanzata al Garante, dopo aver rappresentato che il Comune ha indicato «la corretta localizzazione dell’intervento, confermando l’errore occorso nella precedente comunicazione», ha aggiunto che «l’amministrazione abbia operato correttamente (anche sulla base degli elementi valutativi forniti dal controinteressato), poiché relativamente alla tipologia di titolo abilitativo edilizio di cui si tratta (CILA) non risulta esservi alcun obbligo di pubblicazione, né in forma integrale né in forma sintetica, da parte della pubblica amministrazione ed inoltre l’allora dirigente ha comunque fornito l’indicazione della tipologia del titolo edilizio (peraltro già nota all’istante), la descrizione sintetica dell’intervento e l’indicazione della zona dell’intervento (poi rettificata a fronte del riconosciuto errore commesso), anch’essa già nota all’istante».

OSSERVA

1. Introduzione

Ai sensi della normativa di settore in materia di accesso civico generalizzato, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In relazione ai profili di competenza di questa Autorità, si evidenzia, che il citato art. 5-bis prevede che l’accesso civico generalizzato è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD). Ai sensi della richiamata disciplina europea «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale».

Ciò premesso, nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono) tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b) e c)).

Ciò anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Il caso sottoposto all’attenzione del Garante

Il caso sottoposto al Garante concerne la richiesta di ostensione di dati e/o documenti riguardanti un intervento di manutenzione straordinaria secondo la procedura della CILA, ossia la “comunicazione di inizio lavori asseverata” prevista dall’art. 6-bis del d.P.R. 6/6/2001, n. 380.

Le informazioni e i dati, anche di carattere personale, da presentare all’ente competente e contenuti nel predetto titolo abilitativo edilizio sono molteplici e di diverso genere e natura. Il riferimento è, ad esempio, a nominativi, data e luogo di nascita, codici fiscali, residenza, e-mail, p.e.c., numeri di telefono fisso e cellulare riferiti al/i titolare/i dell’intervento in qualità di proprietario, comproprietario, usufruttuario, amministratore di condominio o dei loro rappresentanti; a informazioni sulla tipologia di intervento; alla data di inizio e di fine dello stesso; all’ubicazione, dati catastali e destinazione d’uso dell’immobile oggetto dell’intervento edilizio; al carattere oneroso o gratuito dell’intervento, con allegata eventuale ricevuta dei versamenti effettuati; alla “entità presunta del cantiere”; ai dati dei tecnici incaricati (direttori dei lavori e altri tecnici) e dell’impresa esecutrice dei lavori (riportati nell’allegato “soggetti coinvolti”); nonché, fra l’altro, al prospetto di calcolo preventivo del contributo di costruzione e agli elaborati grafici dello stato di fatto e progetto (come allegati).

Ciò posto, occorre preliminarmente ribadire che non esiste un obbligo di pubblicazione da parte delle pp.aa. delle CILA presentate all’ente, né in forma integrale né in forma riassuntiva; per i dati personali ivi contenuti il legislatore non ha infatti previsto alcun regime di pubblicità.

A questo riguardo, si rivela dunque non pertinente il richiamo effettuato, da parte del soggetto istante, al regime di pubblicità di cui all’art. 20, comma 6, del medesimo d.P.R. n. 380/2001, nonché alla giurisprudenza che fa riferimento a tale disposizione normativa (come T.A.R. Puglia, sez. I, sent. 15/3/2022, n. 382) o a diversi titoli abilitativi edilizi (come T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, sent. 12/6/2021, n. 896, relativa al procedimento volto a ottenere l'accertamento della conformità in sanatoria di un intervento di ampliamento di un immobile).

Ciò in quanto la disposizione contenuta nell’art. 20, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001 è una norma di settore attinente al solo «procedimento per il rilascio del permesso di costruire», che rappresenta un titolo edilizio diverso dalla CILA. La predetta disposizione, che non è ripetuta (né richiamata) per il procedimento relativo alla CILA, inoltre, non prevede neanche la pubblicazione del provvedimento sull’albo pretorio nella sua integrità, ma della mera «notizia» dell’«avvenuto rilascio del permesso di costruire» (i cui estremi sono peraltro «indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio»). Alla CILA non è di conseguenza in nessun modo applicabile il limitato regime di pubblicità previsto per la “notizia” dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire.

Risulta, altresì, non pertinente anche il richiamo a quella giurisprudenza che, sempre secondo il soggetto istante, estenderebbe «anche alla DIA e alla SCIA, stante l’evidente “identità di ratio” con il permesso di costruire» in relazione all’applicazione del «principio della massima trasparenza», in quanto le richiamate sentenze (come T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. II, sent. 9/12/2021, n. 871, e T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, sent. 12/02/2019, n. 766) fanno riferimento non all’istituto dell’accesso civico di cui all’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013, bensì al differente istituto dell’accesso documentale di cui agli artt. 22 e ss. della l. n. 241/1990, che reca diversi presupposti, caratteristiche, limiti e garanzie (a partire dalla necessaria dimostrazione, da parte del richiedente, della sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale).

Inoltre, con riferimento alla giurisprudenza inerente interessi privati diversi da quelli concernenti la protezione dei dati personali di cui all’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013 (come T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. II, sent. 14 febbraio 2022, n. 136, e T.A.R. Abruzzo – Pescara, sez. I, sent. 22/11/2018, n. 347), si ricorda che si tratta di profili estranei alla competenza di questa Autorità ai sensi dell’art. 5, comma 7, del medesimo d. lgs. n. 33/2013, per cui il presente parere non può fornire alcuna valutazione al riguardo.

Quanto alla valutazione, nel caso in esame, circa l’esistenza di un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, derivante dal riconoscimento di un accesso civico generalizzato a dati e informazioni contenuti nella CILA, si ritiene che, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC, conformemente ai precedenti orientamenti di questa Autorità (in materia di CILA, ma anche di SCIA, cfr: provv. n. 1 del 3/1/2019, doc. web n. 9080951; provv. n. 517 del 19/12/2018, doc. web n. 9073695; provv. n. 453 del 13/9/2018, doc. web n. 9050702; provv. n. 426 del 19/7/2018, doc. web n. 9027184; provv. n. 359 del 22/5/2018, doc. web n. 9001943; provv. n. 364 dell’1/9/2017, doc. web n. 6979959; provv. n. 361 del 18/8/2017, doc. web n. 6969198; provv. n. 360 del 10/8/2017, doc. web n. 6969290), il Comune, abbia correttamente respinto l’istanza di accesso civico ai dati personali richiesti. Ciò in quanto, la relativa ostensione, unita al particolare regime di pubblicità prima richiamato dei dati oggetto di accesso civico (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013), può effettivamente arrecare al soggetto controinteressato, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Va, infatti, evidenziato che la generale conoscenza dei dati e delle informazioni personali contenute nelle CILA, considerando la quantità e qualità dei dati personali coinvolti (cfr. quanto detto supra), determina un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del soggetto controinteressato. – in violazione del ricordato principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c), del RGPD) – con possibili ripercussioni negative sul piano personale e sociale. Ciò anche tenendo conto di quanto rappresentato dallo stesso controinteressato laddove, in sede di opposizione all’accesso civico, ha evidenziato che con l’eventuale ostensione della documentazione richiesta si fornirebbero «indicazioni relative alla conformazione della [propria] abitazione principale» che potrebbero compromettere il relativo diritto alla privacy e creare un pregiudizio alla sicurezza personale. D’altronde, come indicato nei precedenti orientamenti di questa Autorità bisogna anche tenere conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità del soggetto controinteressato in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’amministrazione, nonché della non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

L’insieme delle considerazioni sopra esposte è, pertanto, idonea a configurare, l’esposizione del soggetto controinteressato a un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei propri dati personali ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Appare, invece, non in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali la soluzione adottata dal Comune, che ha fornito al soggetto istante i seguenti dati relativi alla CILA, quali l’indicazione della tipologia del titolo edilizio, la descrizione sintetica dell’intervento e l’indicazione della zona dell’intervento (poi rettificata a fronte dell’errore inizialmente commesso), tenuto peraltro conto che si trattava di informazioni che pare fossero già note al medesimo.

In conclusione, fermo restando quanto evidenziato supra, resta, in ogni caso, salva la possibilità per il soggetto istante di accedere eventualmente alla documentazione e ai dati personali richiesti, laddove, invece, formulando una diversa domanda di accesso agli atti amministrativi ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990, dimostri di possedere «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di Dalmine, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 22 settembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione